Un esercito di 665 dottorandi, con un’età media compresa tra i 25 e i 30 anni. È questa la consistenza numerica del dottorato di ricerca in Università Cattolica nell’anno accademico 2010/11, che conta 360 dottorandi laureati nell’ateneo del Sacro Cuore, 271 in altri atenei italiani e 34 in università straniere, con una provenienza di 180 dal Sud, 149 dal Centro, 41 dalle isole e 55 dottorandi dall’estero. Tra questi, 223, di cui 106 a Milano, 17 a Piacenza e 110 a Roma, hanno concluso il loro percorso di studio e ricerca lo scorso 8 aprile con la cerimonia di proclamazione e di consegna del titolo per il 2010. «Il dottorato di ricerca - ha affermato il rettore dell’Università Cattolica, Lorenzo Ornaghi, aprendo il Phd Day - è uno dei titoli a cui la nostra università guarda con maggior attenzione e deve essere una sfida per la nostra università nel riconoscere la qualità delle persone e offrire la loro ricchezza all’intero capitale sociale». Concludendo il suo intervento il rettore ha dichiarato che «davanti alla nuova riforma dell’università avremo ancora molto lavoro da fare, focalizzandoci, come abbiamo sempre fatto, sul rapporto tra dottorati e mondo della produzione».
Proprio ad approfondire il rapporto tra formazione universitaria e società è stata la professoressa Luisa Ribolzi, membro nominato nel consiglio direttivo dell’Anvur e rappresentante per l’Italia nel consiglio di amministrazione dell’Ocse/Ceri, che prima della proclamazione ha tenuto una lecito magistralis sul tema “Qualità e responsabilità. Il ruolo e i compiti dell’Università nel futuro del nostro Paese”. Il compito principale dell’università è quello di produrre un servizio di qualità con una forte responsabilità nei confronti della società e questo è l’unico modo perché istituzione universitaria possa continuare a godere dell’autonomia che ha sempre avuto, ha sottolineato la Ribolzi. Inoltre il ruolo degli insegnanti è determinante perché «i docenti, di fronte a un sistema universitario che prima era di massa e ora deve rispondere a una domanda del mondo globale, saranno sempre più chiamati a selezionare con cura la futura classe dirigente».
Tra i giovani dottorati che sono stati premiati, tre storie, tra le altre, meritano di essere segnalate, almeno per la vicinanza dei loro argomenti di ricerca a temi di attualità. Giulia Mugellini ha svolto il dottorato internazionale in Criminologia e si è dedicata a una tesi sulla Statistica della criminologia. Dopo la laurea magistrale in Crime and tech in Cattolica, ora insegna Statistica della criminalità e collabora con il centro di ricerca Transcrime dove si sta occupando di un progetto dell’Unione Europea sulle statistiche della criminalità dei Paesi Balcani occidentali. Con questo lavoro di ricerca la Mugellini ha cercato di trovare una nuova modalità di misurazione della criminalità nei reati contro le imprese. Ha così compiuto un’indagine sulla vittimizzazione, selezionando un campione di popolazione che lavora nelle aziende e sottoponendolo a un certo numero di domande. Un nuovo modo di operare, saltando le statistiche fornite da fonti ufficiali come le forze dell’ordine.
Anche nel settore agro alimentare spiccano ricerche significative, come testimonia il lavoro di Daniele Ghezzi che ha trascorso circa un anno in Gran Bretagna per approfondire i percorsi strategici di internazionalizzazione delle piccole e medie imprese del settore agroalimentare. I due studi realizzati durante la tesi riguardano uno i rapporti di filiera su scala internazionale nel settore del caffè (con un caso di studio su Illy caffè in Brasile) e l’altro le reti interorganizzative di piccole e medie imprese attraverso le analisi delle dinamiche relazionali di un consorzio di esportazione italiano. Da un anno Ghezzi dirige lo stesso consorzio export agroalimentare, ma oltre a questo lavoro continuerà l'attività di ricerca scientifica in collaborazione con i docenti della Cattolica con cui ha lavorato in passato.
Le opportunità di sviluppo dell’industria del venture capital nei mercati emergenti è il tema sviluppato nel dottorato in Management da Tommaso Saltini, che ha dimostrato come il venture capital sia uno strumento alternativo importante per le imprese emergenti dei Paesi in via di sviluppo perché contribuisce a rafforzare la crescita integrata di tutto il sistema finanziario e dei suoi attori principali, quali le istituzioni bancarie tradizionali, i fondi d’investimento e il mercato dei capitali. Il lavoro comprende alcune analisi empiriche nell’ambito dell’area arabo-mediterranea, svolte con l’obiettivo di facilitare partnership ed accrescere investimenti tra i paesi scelti ed i paesi europei. In particolare lo studio si è concentrato su Giordania, Palestina, Egitto, Israele e Tunisia.