Il successo finale è sfuggito ma per cinque ragazzi della facoltà di Economia dell’Università Cattolica di Milano il Business Game Procter & Gamble è stata decisamente un’esperienza da ricordare. Luca Vallarino, Stefania Rossi, Federica Rovelli, Chiara Stefanini e Simone Brigatti. Questi i nomi degli studenti che hanno tentato di sbancare il concorso riservato a studenti universitari indetto dalla Procter & Gamble. Dai chiostri di largo Gemelli i cinque giovani economisti hanno fatto molta strada conquistando, dopo una straordinaria rimonta, la finalissima di Ginevra. Qualificatisi come miglior team italiano (terzo in Europa), i cinque, hanno chiuso le finali, svoltesi il 19 e il 20 maggio, con uno splendido secondo posto assoluto. Abbiamo raccolto la testimonianza di due membri del team: Chiara Stefanini e Luca Vallarino.
Come siete venuti a conoscenza di questo concorso?
LV - «Abbiamo scoperto questo concorso grazie a una email inviata dal servizio Stage & Placement dell’università che informava gli studenti del I e II anno della facoltà di Economia del Business Game indetto dalla Procter & Gamble. Il giorno dopo a lezione ci siamo detti “Perché non provare?”»
Come si è svolto il concorso?
CS - «Il concorso era diviso in diverse fasi. La prima era scegliere quale ‘sfida’ affrontare tra le tre proposte da Procter & Gamble. Tutte e tre le prove riguardavano prodotti P&G. Noi abbiamo optato per la ‘sfida Gillette’, dovevamo ideare e promuovere una nuova linea di prodotti per questo marchio. Per ideare il prodotto abbiamo dovuto fare un’indagine di mercato e sfruttare ricerche e sondaggi. Abbiamo deciso di puntare su una linea di depilazione maschile. Gli uomini ormai curano ogni dettaglio del proprio corpo ma in questo campo si trovano in difficoltà e in imbarazzo perché i prodotti che si trovano nei supermercati sono tutti marcatamente rivolti a un pubblico femminile. Abbiamo pensato a tre tipi diversi di prodotti rivolti ad altrettanti target di riferimento. La spuma per l’uomo egocentrico e narciso, la schiuma per il manager in carriera e le strisce per le esigenze dello sportivo. In seguito abbiamo dovuto trovare le parole, e i mezzi, per promuovere il nostro prodotto e spiegare perché era valido. Per farlo abbiamo realizzato una serie di slides (consultabili nell'allegato in coda all'articolo ndr) e due video. Un aspetto, quest’ultimo, molto apprezzato dalla giuria».
Come è andata la finale di Ginevra?
CS - «Siamo arrivati secondi. Purtroppo ci ha penalizzato il fatto di essere tutti italiani provenienti dalla stessa università perché il regolamento del concorso prevedeva un bonus di punti maggiore per le squadre formate da persone provenienti da diversi Paesi e atenei differenti tra loro. I vincitori per l’appunto erano di nazioni e università diverse».
Qual era la posta in palio?
CS - «I vincitori hanno conquistato la possibilità di trascorrere un training di una settimana in una località di vacanza. A noi secondi classificati è stata comunque offerta la possibilità di visitare la sede romana dell’azienda».
Cosa vi ha lasciato, dal punto di vista ‘professionale’ questa esperienza?
CS – «E’ stato tutto molto bello. Abbiamo visitato l’azienda con un tutor e ho potuto osservare in prima persona un ambiente di lavoro decisamente all’avanguardia. Un modello decisamente nordamericano, c’era un’area ricreativa con la Wii, i campi da calcetto, la playstation ma nonostante tutte queste ‘tentazioni’ tutti lavoravano alacremente. Inoltre abbiamo avuto l’opportunità di presentare il nostro lavoro davanti a un pubblico decisamente importante: i top manager della Procter & Gamble».
LV - «Una delle soddisfazioni più grandi è stata quella di vedere i top manager P&G molto interessati al nostro progetto. Alla fine della presentazione ci hanno fatto i complimenti, chiesto chiarimenti. E’ stato bello sentirsi considerati anche perché il nostro lavoro non era molto tecnico, alla fine a proporlo era comunque un gruppo di ragazzi universitari. Con questo non voglio assolutamente sminuire il nostro lavoro, abbiamo comunque fatto del nostro meglio, limitatamente alle nostre capacità».
E dal punto di vista umano cosa vi è rimasto della due giorni in terra elvetica?
LV – «Anche sotto questo aspetto è stata un’esperienza bellissima. Ci hanno fatto alloggiare in un albergo splendido offrendoci anche una gita sul lago Lemano con musica, giochi e animazione. Senza dimenticare che non abbiamo dovuto sborsare un euro. Viaggio e pernottamento erano totalmente a carico dell’azienda».
CS – «Siamo stati accolti benissimo. Tutti estremamente simpatici e disponibili. Siamo stati seguiti da un tutor, italiano, che ci ha accompagnato e fatto da guida. Tra l’altro in quei giorni mi è capitato di farmi male e sono stata curata e accudita con molta attenzione. Sono stati giorni indimenticabili».
Quali sono le difficoltà che avete incontrato in questa avventura?
CS – «Probabilmente quando, durante le finali di Ginevra, abbiamo dovuto parlare del nostro progetto davanti ai top manager della P & G. L’esposizione infatti è stata interamente in lingua inglese. E’ stato un po’ difficile, noi italiani rispetto ai ragazzi stranieri da questo punto di vista siamo ancora un molto indietro».
LV – «Un momento particolare l’abbiamo vissuto alla fine della prima fase quando eravamo un po’ demoralizzati per aver ottenuto un punteggio decisamente basso che ci aveva sistemato con moltissime altre squadre nella parte bassa della classifica. Lì abbiamo seriamente pensato di mollare. Avevamo speso tutto quel tempo per un risultato modesto. C’era la sensazione che non ne valesse la pena. Alla fine però abbiamo deciso di continuare. Ed è stata una scelta vincente visto che nella seconda fase abbiamo fatto un vero e proprio exploit conquistando 68 punti su 70. Un successo che ci ha fatto fare un balzo incredibile consentendoci di conquistare la finale. Un balzo reso possibile anche grazie all’abbandono di molte squadre che come noi avevano preso un punteggio basso al termine della prima fase e che hanno mollato. La nostra costanza è stata premiata».