Albania, 26 novembre 2019. Sono le 2.54 locali (le 3.54 in Italia) quando un terremoto di magnitudo 6.5 colpisce la costa settentrionale del Paese. La scossa è così forte da essere avvertita anche in Italia, soprattutto nelle regioni meridionali. Per giorni si continua a scavare tra le macerie nella speranza di salvare vite umane. Il bilancio finale è di 51 morti, 900 feriti e più di 5.200 sfollati, di cui 1.260 a Durazzo, 500 a Thumana e altri 3.500 nella provincia di Tirana. Sono invece 1.200 le abitazioni danneggiate.
La macchina della solidarietà si mette in moto in tutta Europa, compreso in Italia dove sono tanti gli albanesi che si sono trasferiti nel nostro Paese per motivi di studio o di lavoro.
Tra loro ci sono anche Eni Zylyftari e Florid Myshketa, ventotto anni lei, venticinque lui. Eni viene da Berat, ma dall’età di dieci anni vive nella città di Tirana. Florid, invece, è di Durazzo. Entrambi hanno studiato finanza alla University of New York di Tirana. Entrambi sono arrivati a Milano agli inizi di novembre per frequentare il master in Credit Risk Management (Crerim) promosso dalla facoltà di Scienze bancarie, finanziarie e assicurative. Per caso si sono conosciuti all’Orientation Event, la giornata organizzata da UCSC International per accogliere gli studenti internazionali che hanno scelto la Cattolica per continuare il loro percorso di studio.
Ne è nata un’amicizia, vera e sincera. La stessa che, all’indomani del violento terremoto, li ha spinti a rivolgersi alla direzione di sede di Milano dell’Università Cattolica fermamente convinti che fosse necessario fare qualcosa per aiutare la popolazione albanese. «Il mio cellulare ha cominciato a squillare dalle cinque del mattino», racconta Florid, ricordando quel 26 novembre. «Parenti e amici volevano rassicurarmi che tutto era “OK”. Mi sono collegato a Internet e ho letto la news di quanto era successo. Il terremoto aveva colpito proprio Durazzo. Per fortuna i miei familiari stavano bene».
Anche Eni quando si è svegliata ha trovato il cellulare con una sfilza di messaggi Whatsapp e telefonate dei familiari residenti a Tirana, ma anche di amici albanesi e italiani, in particolar modo di Bari. «Ho cercato di saperne di più attraverso notiziari e siti online locali. Mi sono allora resa conto dell’immane tragedia, dei numerosi morti e della gran quantità di edifici danneggiati e distrutti».
I 639 chilometri che separano Italia e Albania non sono stati un ostacolo per Eni e Florid che, pur non essendo fisicamente nella loro terra d’origine, si sono attivati per aiutare l’Albania. Di qui l’idea di mettere in piedi qualche forma di “fundraising” che potesse coinvolgere l’intera l’Università Cattolica dove la comunità albanese è molto presente con i suoi 194 studenti iscritti a corsi di laurea e post-laurea dell’Ateneo.
La loro proposta è stata accolta dalla direzione di sede dell’Ateneo che si è mobilitata su più fronti per fare in modo che l’idea di raccogliere fondi a favore dei terremotati dell’Albania potesse concretizzarsi. Così l’Università Cattolica, in virtù della storica collaborazione che la lega alla Caritas Ambrosiana, ha deciso di aderire alla raccolta Fondi “Terremoto Albania”, indetta insieme con la rete internazionale di Caritas. «I proventi serviranno per far fronte alle spese sanitarie, alla ristrutturazione degli edifici danneggiati, all’acquisto di cibo e abbigliamento per le persone che hanno perso tutto», osserva Eni.
Nello stesso tempo i due studenti albanesi hanno chiesto al Centro pastorale dell’Ateneo di celebrare una messa per i terremotati che si terrà mercoledì 11 dicembre alle 12.30 nella Cappella Sacro Cuore di largo Gemelli.
«Le persone a Milano sono molto socievoli, ci sono molti albanesi e non è strano trovarne così tanti considerato il forte legame che da sempre unisce i due Paesi. L’unica nota dolente è il tempo», dice sorridendo Eni che al momento, come pure Florid, non ha ancora ben chiaro se resterà in Italia. «Innanzitutto voglio finire il master, poi dipenderà molto dagli eventi».