Bookcrossing tra i chiostri di largo Gemelli, settimana di promozione lanciata dagli editori, Salone del libro di Torino. Tre eventi che testimoniano che i libri sono ancora vivi e si leggono e che, nonostante la crisi economica, si comprano anche, come dicono anche i dati delle vendite in concomitanza con queste iniziative. Dalle aule della Cattolica, insieme al primo evento di bookcrossing universitario, viene anche la serie dei “Quaderni” nata dal Laboratorio di Editoria edita da Educatt che trova i suoi argomenti nel mondo dell’editoria letteraria e nei suoi protagonisti. La collana è stata presentata per la prima volta a Torino. Il segreto del Laboratorio è presto rivelato: partendo dalla sperimentazione in aula ciascun volume si trasforma nel frutto di una vera e propria officina editoriale, un piccolo laboratorio artigiano che ha consentito, nei quasi dieci anni di attività, un’esperienza di progettazione e cura editoriale a giovani e appassionati studenti. Tra i titoli dei “Quaderni del Laboratorio di editoria”, Libri e scrittori di via Biancamano. 75 anni della casa editrice Einaudi, una raccolta di saggi a cura di Roberto Cicala e Velania La Mendola che ruota attorno agli autori e al catalogo dello Struzzo, il regno del principe dell’editoria Giulio Einaudi, la cui figura è stata ricordata nella sala rossa del Lingotto lo scorso 14 maggio attraverso la voce di protagonisti del mondo einaudiano di ieri e di oggi, Ernesto Ferrero, Guido Davico Bonino, Mauro Bersani, Giovanni Tesio e l’attesissimo Sebastiano Vassalli, davanti una platea di circa 350 persone: studenti, appassionati, ed anche l’attuale presidente della casa editrice torinese Roberto Cerati.

LIBRI E SCRITTORI DI VIA BIANCAMANO
L’autore dei Migliori anni della nostra vita, nonché direttore del Salone internazione del libro, ha aperto l’incontro ricordando come la passione sia stato uno degli ingredienti principali della ricetta einaudiana, un sentimento mai spento che trapela dalle pagine del libro, frutto di ricerche d’archivio di giovani autori che gravitano attorno alla Cattedra di Editoria, con tesi e studi, una passione «che porta all’onore dell’oggi le nostre vecchie speranze», ha concluso Ferrero.

Allo stesso binomio passione/ricerca ha fatto riferimento Roberto Cicala, che ha raccontato le pagine di Libri e scrittori di via Biancamano ricche di citazioni, anche inedite, illustrazioni e note di rilievo, pagine che nascono da quel modello di propulsione di idee che è stato Giulio Einaudi che nel 1999 scriveva: «ogni libro si integra agli altri, ben sapendo che senza questa integrazione, questa compenetrazione dialettica, si rompe un filo invisibile che lega ogni libro all’altro, si interrompe un circuito, anch’esso invisibile, che solo dà significato a una casa editrice di cultura, il circuito della libertà». Lo stesso spirito si ritrova nel libro, pensato come un percorso scelto tra le folte pagine di storia dello Struzzo: la scelta e i significati del simbolo einaudiano; i rapporti con scrittori come Saba, Contini, Sciascia, Rodari, Fenoglio e la Ginzburg; ma anche storie di libri, in una sorta di piccola biblioteca einaudiana che va dal Sergente nella neve di Rigoni Stern al Maestro di Vigevano di Mastronardi, da Maria di Lalla Romano al best seller La Storia della Morante.

«TI DISPIACE CHE TI ABBIA CHIAMATO?».
È stata poi la volta dell’intervento di Sebastiano Vassalli, molto atteso dopo l’annuncio in anteprima dato dalla “Repubblica” e dal “Corriere della Sera”. L’autore, che per motivi di salute non ha potuto partecipare di persona all’incontro, ha raccontato in una video intervista i suoi anni alla Einaudi: «sono stato un autore invisibile per diciassette anni» esordisce; in effetti la sua storia con l’editore può dividersi in due fasi, dall’esordio del ’68, con le prose sperimentali di Narcisso, all’84 in cui Einaudi semplicemente lo ignorò, fino alla svolta dell’85: «Mi scoprì quando uscì La notte della cometa e quando lui non contava più niente, perché la casa editrice era commissariata». Un rapporto costellato da rotture e riavvicinamenti, da battaglie editoriali fianco a fianco e da scontri duri su fronti opposti, ma il cui ricordo ha visibilmente commosso l’autore che ha raccontato l’ultimo episodio che li ha visti insieme: una telefonata inaspettata in un momento difficilissimo dopo anni di silenzio reciproco, e l’esordio classico di Giulio Einaudi, che non si presentava mai al telefono, snob e gentile nello stesso tempo: «Ti dispiace che ti abbia chiamato?».

UN EDITORE INTELLIGENTE MA CRUDELE
Italo Calvino al tavolo ovale Einaudi, sede delle riunioni del mercoledìGuido Davico Bonino, a cui si deve il primo riordino dell’Archivio Einaudi consultato per le ricerche contenute nel volume, ha invece sottolineato la maturità di ricerca degli autori dei saggi e ha raccontato la sua storia einaudiana dall’esordio: un ingresso fortunato dovuto a Italo Calvino che lo contattò personalmente, dopo aver letto la recensione della Trilogia pubblicata sulla rivista “il Caffè” diretta da Giambattista Vicari, chiedendogli di succedergli alla direzione dell’Ufficio Stampa. Calvino fu così il coach di Davico per circa un anno, il primo dei diciassette passati nella casa editrice torinese: «Non so come Ferrero possa parlare di “migliori anni della nostra vita”, anni terribili invece, ricordo che Italo mi fece rifare per quattordici volte il risvolto di Una diga sul Pacifico della Duras, criticando l’uso degli aggettivi che usavo per definire il romanzo; ad esempio il termine “struggente”, da me ereditato dalla scuola barocca di Giovanni Getto... “questa parola non serve a un fico!” mi diceva, e giù a riscrivere da zero». Eppure Davico è rimasto a lungo in casa Einaudi, alle dipendenze di un editore «intelligente ma crudele, di un egotismo assoluto. Era difficile, ma era un bel lavoro, di équipe (incredibile a pensarlo oggi!) dove si discuteva ogni mercoledì attorno al tavolo ovale». Riunioni diventate leggendarie: «vi si accedeva dopo almeno due anni di lavoro all’Einaudi, io fui ammesso dopo solo un anno e avevo accanto Mila e Bobbio, due eminenze che mi mettevano un po’ soggezione ma era di certo un privilegio poter assistere a certi scambi di opinione. Si discuteva di tutto e alla fine si arrivava sempre a una mediazione intelligente». Tra gli episodi raccontati con particolare verve, uno scambio di battute tra Einaudi, che tendeva sempre a provocare i suoi collaboratori, e Dionisotti a proposito di un progetto editoriale su un classico della letteratura italiana: «Dionisotti, ma Manzoni com’era?» e lui, dopo breve riflessione: «Prudentissimo!». Davico ha poi ricordato il periodo dei romanzi sperimentali, lanciando una piccola frecciata a Vassalli che ha liquidato in poche parole quella parentesi della sua produzione: «Alcuni autori hanno opere postume pubblicate in vita, a quanto pare quelle di Vassalli le ho pubblicate io».

LIBRO BUONO O BEST SELLER?
Facendo un confronto con il presente editoriale Davico ha infine ricordato come per loro ogni libro fosse quasi «un’amante, impossibile da dimenticare», mentre oggi sembra che gli uffici stampa non abbiano più la percezione completa delle opere che la casa editrice pubblica, soprattutto nei grandi gruppi editoriali. E ha aggiunto: «Facevamo cose pervicaci, tremende, anche kitsch per promuove le opere in cui credevamo fortemente. Quando abbiamo lanciato l’uscita del Giardino dei Finzi-Contini io mandai 200 rose a 200 signore della borghesia romana... Fu un enorme successo!». Ultima stoccata per Gian Arturo Ferrari, ex direttore della Mondadori, che ha dichiarato che «il libro buono è quello che si vende» e a cui Davico ha risposto con la citazione di Thomas Fuller usata da Carlo Carena nella presentazione al volume: «La cultura ha guadagnato più che tutto i libri da cui gli stampatori hanno perso». La polemica si è poi sposata sui quotidiani nazionali dove Ferrari, che ha negato di aver mai dichiarato una cosa simile, ha risposto: «libro buono vuol dire tante cose. C’è il libro buono per il commerciante, ma non è lo stesso del critico o del lettore, e neppure dell’editore. Non ne esiste uno in assoluto».

SNOBISMO E FRANCHEZZA
Bersani, attuale editor della Einaudi ha sottolineato il connubio giovani/Einaudi ricordando come in fondo la casa editrice sia nata da un gruppo di amici del Liceo d’Azeglio: Ginzburg, Pavese, Einaudi, Mila, erano poco più che ventenni quando fondarono la casa editrice che ha fatto della collegialità e della progettualità due colonne imprescindibili della sua storia. Le stesse caratteristiche che guidano la struttura del volume, frutto di una ricerca d’archivio matura ed efficace che ben racconta le storie di alcuni dei protagonisti del catalogo Einaudi; in particolare Bersani ha messo in evidenza la ricerca di Maria Villano su Gianfranco Contini, le cui lettere sono all’altezza della fama del filologo: ricche di neologismi e sfumature linguistiche sottolineate da una punteggiatura puntuale che la ricercatrice ha intelligentemente esaminato. Ha chiuso l’incontro Giovanni Tesio, curatore del celebre I libri degli altri di Italo Calvino, che attraverso le lettere dello “scoiattolo della penna” racconta le vicende editoriali degli autori che videro in Calvino, che concepiva solo «la monogamia editoriale», una guida, un maestro, un prezioso interlocutore. A dimostrazione di come il patrimonio d’archivio e in particolare le corrispondenze editoriali siano bacino di una ricchezza culturale che va valorizzata. Dai saggi si evince come di Einaudi resti la formidabile capacità di lavoro di un gruppo nato attorno a un editore che ha mescolato snobismo e franchezza di giudizio per pensare i libri che hanno fatto la storia di quasi un secolo della cultura italiana.