di Lorenzo Ornaghi *

La pubblicazione del primo fascicolo di «Vita e Pensiero. Rassegna italiana di coltura» reca la data dell’1 dicembre 1914. L’anno che stiamo vivendo, dunque, ci conduce diritto al compimento di un secolo dalla nascita della nostra rivista. E, forse, il modo migliore per avviaremo vivendo, dunque, ci conduce diritto al compimento di un secolo dalla nascita della nostra rivista. E, forse, il modo migliore per avviare le celebrazioni di una ricorrenza non ordinaria è proprio quello di ricordare qual è stata, ed è, una delle fonti più vitali del “normale”
scorrere di «Vita e Pensiero». Del suo scorrere – anche di quello, appunto, all’apparenza più tranquillo e quasi routinario – dentro, però, i tormenti e le gigantesche, impreviste trasformazioni avvenute nel Novecento, non meno che all’interno dei cambiamenti tuttora in corso, o all’improvviso manifestatisi nei primi anni del nuovo millennio, con tutto il loro carico aggrovigliato di apprensioni, rischi crescenti, positive opportunità.

Tra le fonti che hanno sin qui tenuto giovane e vitale la nostra rivista, vi è certamente quella che le ha altresì consentito di mantenersi aderente e il più possibile fedele ai suoi stessi “princìpi”, alle ragioni e motivazioni ideali della sua nascita: vale a dire, il sentirsi figlia, e al tempo stesso genitrice, di cultura.
Certo, pure la cultura – specialmente la “cultura cattolica” – conosce e non di rado patisce pesantemente su di sé le molteplici rappresentazioni, le differenti valutazioni e il contrapposto uso ideologico che il variare degli eventi e il succedersi delle stagioni della storia inevitabilmente comportano. Ed è soprattutto la cultura – quando il disagio o il malessere di un’epoca sembrano non avere possibilità di soluzioni, se non quelle maggiormente traumatiche – a essere esposta alla tentazione di guardare più al passato che non al presente e al futuro,
di autoconvincersi che le responsabilità di tutto ciò che di negativo o inquietante sta avvenendo, insieme con l’incapacità di porvi rimedio, dipendano soltanto dall’altrui mediocrità.

Sin dai suoi “princìpi”, «Vita e Pensiero» ha in ogni circostanza cercato di dimostrarsi degna figlia di una cultura mai elitariamente soddisfatta della propria immagine pubblica o delle relazioni di reciproco scambio con altre elitarie cerchie culturali, mai superbamente o settariamente convinta che l’intelligenza o la pur sincera e disinteressata passione di pochi bastino a colmare la distanza dai bisogni e dalle aspettative dei più. Per quanto hanno consentito la forza degli eventi e le differenti capacità personali necessarie a orientare positivamente
una simile forza, o almeno a contenerla, la nostra rivista è anche stata – lungo tutti i suoi cent’anni – “genitrice” di cultura. Una cultura che, senza pretendere di poter salvare o migliorare da sé sola il mondo, è ben consapevole di avere il compito – per scelta convinta, e pur in mezzo a mille difficoltà – di accompagnare e nutrire un’“azione” non solo coerente con i propri intendimenti, ma anche efficace nel conseguirli.

*presidente dell’Alta scuola di economia e relazioni internazionali (Aseri). È stato rettore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore dal 2002 al 2012. Ha ricoperto l’incarico di ministro per i Beni e le attività culturali dal novembre 2011 all’aprile 2013.