di monsignor Claudio Giuliodori *

La liturgia ci propone di guardare alla figura di Giovanni Battista per prepararci al Santo Natale. Egli è il Precursore, colui che è venuto a preparare la strada al Salvatore. Che cosa ci insegna colui che Gesù indica come il più grande tra i nati di donna, prima della sua venuta? Ci insegna in primo luogo l’umiltà di fronte al grande mistero di Dio che si fa uomo. Lo fa con la sua vita e con le sue parole. Dedica la sua esistenza alla predicazione nel deserto della Giudea. Il suo messaggio è semplice e chiaro: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!». In lui si realizza la profezia di Isaia quando disse: «Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!». Con il suo stile di vita ci insegna a fare scelte essenziali. I vangeli sottolineano che portava «un vestito di peli di cammello e una cintura di pelle attorno ai fianchi; il suo cibo erano cavallette e miele selvatico» (cfr Mt 3,1-4).

Prepararci al Natale significa anche per noi fare un po’ di deserto, liberarci dal frastuono e dalla frenesia per ritrovare l’essenziale. Possiamo farlo anche tra mille luccichii e regali. Basta che ogni gesto non sia formale o scontato e che ogni cosa sia il riflesso della nostra tensione verso l’Assoluto, verso la centralità di Dio che viene ad abitare la nostra storia.

Giovanni Battista ci insegna poi che l’umiltà non è fine a se stessa, ma è finalizzata al servizio del Signore. È il cuore della sua missione: preparare le persone ad accogliere il Signore. «Io vi battezzo nell’acqua per la conversione; ma colui che viene dopo di me è più forte di me e io non sono degno di portargli i sandali; egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco». Abbiamo ricevuto il battesimo dello Spirito Santo e in noi arde dal giorno del nostro Battesimo il fuoco dell’amore divino. Forse è un po’ affievolito ma il Natale può risvegliarlo. Tutto converge attorno alla capanna di Betlemme e tutti si raccolgono pieni di stupore davanti a colui che viene per servire e non per essere servito. Accogliendo le parole del Battista e seguendo l’esempio di tutti coloro che sono sulla scena del Presepio, da Maria a Giuseppe, dai pastori ai Re Magi, accogliamo il dono immenso di Dio che viene in mezzo a noi, ma rinnoviamo anche il nostro impegno a seguirlo e servirlo.

Giovanni Battista ci insegna l’umiltà e il servizio ma ci da anche e soprattutto con il martirio una grande testimonianza di fedeltà al Signore e al Vangelo. Di fronte ad Erode non ha paura di dire la verità e di pagarne le conseguenze. Lo fa per difendere la santità e la verità dell’amore umano e del matrimonio. Dio si fa uomo nel grembo di una donna e vuole una famiglia per abitare in mezzo a noi. Oggi più che mai abbiamo bisogno di custodire e difendere il bene della famiglia, perché se perdiamo le coordinate della vita familiare, in qualche modo facciamo diventare più difficile e arduo l’abitare di Dio in mezzo a noi. Dio che è amore ha bisogno della famiglia culla dell’amore, per farsi visibile in mezzo a noi. La Chiesa è ben consapevole di questa grande sfida e con i due appuntamenti sinodali, quello già celebrato e quello in preparazione per l’ottobre prossimo, vuole richiamare tutti ad essere coraggiosi testimoni della centralità antropologica, sociale e culturale della famiglia.

A partire dall’insegnamento di Giovanni Battista che ci invita a vivere l’umiltà, il servizio e la testimonianza dobbiamo anche noi rafforzare il nostro cammino spirituale sapendo che il Signore viene in noi personalmente, nella nostra famiglia, nella società e, concretamente, anche in questa peculiare comunità che è l’Università Cattolica del Sacro Cuore. Ma che cosa significa per noi celebrare come famiglia Universitaria e come Policlinico Gemelli il Santo Natale? La prima lettura e il salmo ci offrono interessanti spunti per rispondere a questo interrogativo.

Dalle parole del profeta Isaia: «Io sono il Signore, tuo Dio, che ti tengo per la destra e ti dico: “Non temere, io ti vengo in aiuto”», siamo certamente confortati e rassicurati. Anche in tempi di cambiamenti e trasformazioni come quelli che stiamo vivendo sullo scenario nazionale ma anche nel concreto della nostra realtà del Policlinico ci devono rasserenare e incoraggiare le parole «Non temere, io ti vengo in aiuto». Sono parole chiare che non significano fatalistico disimpegno perché il Signore opera al posto nostro o che qualcuno può offrire soluzioni magiche o garanzie assolute. Vuol dire che il Signore sostiene e accompagna chi opera con coraggio e decisione per dare futuro e sviluppo, nella fedeltà alla sua storia e alla sua missione, ad una istituzione accademica e sanitaria che certamente, fin dal suo sorgere, è benedetta e amata da Dio.

Dio non ci chiede di rimanere fermi e immobili. Ci chiede di lavorare seriamente utilizzando strumenti giuridici e organizzativi adeguati, tecnologie e percorsi nuovi per un efficace e qualificato servizio sia sul versante accademico-formativo sia nell’ambito sanitario-assistenziale. Alla sua gente - dice il profeta - Dio dà una “trebbia nuova” perché sia aiutata nel lavoro quotidiano e per provvedere alle necessità del popolo e in particolare a quelle dei più bisognosi.

Non può esserci confusione sulle finalità dell’agire perché è chiaro che il Signore ci viene in aiuto solo se abbiamo il suo stesso sguardo che è rivolto “ai miseri e ai poveri che cercano acqua ma non c’è” e per questo la sua azione è forte e determinata: «Farò scaturire fiumi su brulle colline, fontane in mezzo alle valli; cambierò il deserto in un lago d’acqua, la terra arida in zona di sorgenti». Questo il Signore intende fare anche oggi in mezzo a noi, perché questa è la forza del Natale, di quell’instancabile opera di Dio in mezzo al suo popolo di cui anche noi siamo testimoni e protagonisti.

E questo è ciò che sono chiamati a fare gli uomini e le donne dell’Università Cattolica e del Policlinico Gemelli. Non ho dubbi che nonostante fatiche e resistenze che appartengono alla fragilità umana, nel suo insieme l’impegno della nostra Istituzione vada chiaramente in questa direzione. Basta vedere solo le inaugurazioni e le iniziative di queste ultime settimane nella cardiologia con la “Sala operatoria ibrida”, nella ginecologia oncologica con il nuovo centro per l’ecografia inaugurato ieri o quanto verrà inaugurato la settimana prossima nell’ambito della radiologia e del Gemelli ART per l’accoglienza dei bambini. Sono solo alcune delle ultime iniziative per sottolineare che quanto espresso dal profeta, se abbiamo gli occhi della fede, possiamo contemplarlo ogni giorno anche nella vita della nostra realtà romana dell’Università Cattolica.

Non deve poi sfuggirci il significato simbolico dell’immagine usata dal profeta per dire che Dio fa nascere sempre cose nuove anche là dove si registra una certa desertificazione, come sta purtroppo avvenendo, per tante ragioni, anche nel sistema universitario del nostro Paese. Dio è un grande giardiniere ed è certamente all’opera anche nel campus dell’Università Cattolica. I nostri studenti, e bastava vederli l’altra sera alla “Panendorata”, assomigliano tanto agli alberi del giardino di Dio: «Nel deserto pianterò cedri, acacie, mirti e ulivi; nella steppa porrò cipressi, olmi e abeti; perché vedano e sappiano, considerino e comprendano a un tempo che questo ha fatto la mano del Signore, lo ha creato il Santo d’Israele».

Siamo davvero riconoscenti al Signore e lo ringraziamo per il suo nascere e rinascere continuamente in mezzo a noi, per questo Natale antico e sempre nuovo che ci riempie il cuore di tenerezza. Quella tenerezza che il salmista ci indica come “carta d’identità” di Dio stesso: «Buono è il Signore verso tutti e la sua tenerezza si espande su tutte le creature». Come ci ricorda spesso Papa Francesco, non dobbiamo aver paura di fecondare le nostre relazioni con la tenerezza che viene da Dio. Il Bambino Gesù ci inonda della sua tenerezza che non è un sentimento mieloso e sdolcinato, ma il fare di ogni nostro gesto un segno appassionato ed eloquente dell’amore di Dio che si fa  piccolo, povero e servo di tutti.

Concludo con l’augurio che si realizzi concretamente in mezzo a noi e nel vissuto quotidiano della sede romana dell’Università Cattolica e del Policlinico Agostino Gemelli quanto auspicato dal salmista: «manifestino gli uomini i tuoi prodigi e la splendida gloria del suo Regno». A tutta la famiglia del nostro Ateneo e agli uomini e le donne del Policlinico, in particolare ai malati e degenti, auguro di vero cuore un Santo Natale.

* Assistente ecclesiastico generale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Omelia pronunciata nella messa celebrata l’11 dicembre 2014 nella chiesa della sede di Roma