di monsignor Claudio Giuliodori *

La celebrazione che ci vede riuniti non è solo una bella tradizione che fin dal suo sorgere accompagna la vita di questo Ateneo dedicato al Sacro Cuore di Gesù. Ogni anno, vivendo in modo solenne questa ricorrenza, esprimiamo la nostra gratitudine al Signore per la meravigliosa opera che ha compiuto attraverso la geniale iniziativa dei fondatori e l’impegno di tutti coloro che fino ai nostri giorni si sono spesi per far crescere questa grande istituzione accademica, riflesso luminoso dell’impegno spirituale e culturale dei cattolici italiani. Nello stesso tempo ci viene data l’opportunità di attingere alle sorgenti spirituali di questa Università che trova proprio nel Sacro Cuore di Gesù la sua fonte inesauribile di grazia e di sapienza. Sono pertanto quanto mai appropriate le parole del salmista che sentiamo particolarmente adatte per questa circostanza e ci aiutano ad esprimere i nostri più sinceri sentimenti: «Benedici il Signore, anima mia, quanto è in me benedica il suo santo nome. Benedici il Signore, anima mia, non dimenticare tutti i suoi benefici».

E sono davvero tanti i benefici che abbiamo ricevuto dal Signore attraverso l’Università Cattolica. Il Sacro Cuore non si è certo fatto superare in generosità e continua a ricompensare in modo sovrabbondante l’impegno profuso in questa istituzione dai protagonisti degli inizi fino a quelli odierni. Non sempre ne siamo consapevoli e ci ricordiamo di ringraziare il Signore. Siamo più inclini ad evidenziare le difficoltà e poniamo l’accento su qualche aspetto problematico perdendo di vista le cose positive che sono di gran lunga più rilevanti. Troppo lungo sarebbe elencare i benefici ricevuti e ogni elenco sarebbe comunque limitato. Ciascuno di noi potrebbe aggiungere aspetti e sottolineare dimensioni per cui rendere grazie al Signore e l’elenco sarebbe comunque sempre incompleto.

Vorrei ricordare comunque tre elementi che costituiscono le ragioni più evidenti della bontà di questa istituzione. Ci è stata data la possibilità di aver un luogo di libera e qualificata elaborazione culturale in grado di coniugare i diversi ambiti del sapere con la luce della fede per comprendere in modo sempre più approfondito il significato delle cose e il sapiente disegno di Dio sulla realtà umana. Questo spazio di feconda ricerca culturale, in secondo luogo, ha permesso di curare la formazione e l’educazione di innumerevoli generazioni di giovani che, sotto la guida di illuminati maestri, hanno acquisito competenze e titoli, ma soprattutto hanno trovato corrispondenza ai desideri più profondi del loro cuore maturando personalità forti e ricche dal punto di vista intellettuale, umano e spirituale. Inoltre, ed è un terzo aspetto, dall’Università Cattolica, proprio grazie a questa formazione integrale, sono uscite figure di primo piano che hanno contribuito in modo eminente allo sviluppo della società, al bene del Paese e alla crescita culturale della comunità ecclesiale.

Le parole di gratitudine che dal cuore di Gesù salgono al Padre diventano così anche le nostre parole di riconoscenza per quanto di bello e di buono ci è dato di vivere attraverso l’esperienza, certamente impegnativa ma anche affascinante dell’Università Cattolica. «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza». Il modo poi con cui Gesù declina questo ringraziamento ci offre lo spunto per un’ulteriore riflessione. Non sfugge a nessuno come la ragione addotta da Gesù per essere grato al Padre possa essere collegata ad aspetti qualificanti della vita universitaria in quanto si parla dell’uso dell’intelligenza e delle conoscenze.  Gesù parla di cose che restano nascoste proprio ai dotti e ai sapienti di questo mondo, cioè a coloro che considerano le capacità intellettive e la ragione umana un assoluto.

La tentazione di pensare che la ragione sia un assoluto e che con  la scienza e con la tecnica si possa rispondere ad ogni bisogno dell’essere umano è certamente ben presente nel nostro tempo, anche nei circuiti universitari. Qui emerge uno degli aspetti peculiari del nostro Ateneo perché è proprio delle Università Cattoliche, come insegna la Costituzione apostolica l’Ex corde ecclesiae, declinare la rigorosa ricerca della verità e l’uso pieno della ragione con quella visione sapienziale della realtà che deriva dalla fede nel Dio creatore e dalla sequela del Signore Gesù nel cui amore, manifestato sulla Croce, risiede ogni vera sapienza.

Non c’è pertanto alcuna contraddizione né alcun limite nel coniugare il lavoro scientifico con la sapienza della fede. Anzi, solo dal dialogo costante e fecondo tra ragione e fede scaturisce il vero sapere, come insegnava San Bonaventura nel suo Itinerarium mentis in Deum, citato a questo proposito nella Fides et ratio: «non è sufficiente la lettura senza la compunzione, la conoscenza senza la devozione, la ricerca senza lo slancio della meraviglia, la prudenza senza la capacità di abbandonarsi alla gioia, l'attività disgiunta dalla religiosità, il sapere separato dalla carità, l'intelligenza senza l'umiltà, lo studio non sorretto dalla grazia divina, la riflessione senza la sapienza ispirata da Dio» (cfr n. 105).

Questo specifico approccio, tenendo conto del sistema universitario del Paese e nel rispetto delle sue norme, qualifica il nostro Ateneo e gli conferisce quel prestigio che da sempre gli è riconosciuto. Ma una tale fisionomia non è scontata e non è acquisita una volta per tutte. Non è facile da conservare e implementare anche nell’attuale contesto culturale e normativo. Del resto facile non lo era neanche agli inizi e negli anni che hanno visto alla guida dell’Università lo stesso P. Agostino Gemelli. Occorre da parte di tutti una forte motivazione interiore e una grande onestà nel perseguire il bene dell’Università Cattolica secondo la sua natura, la sua storia e le sue finalità. La possibilità di proseguire su questa strada passa anche da un rinnovato impegno nel garantire l’alta qualità scientifica dell’insegnamento e della ricerca assieme ad un altrettanto elevato profilo morale e spirituale dei docenti, aspetti da ponderare soprattutto nel momento in cui si provvede alla copertura dei ruoli di docenza e ai passaggi di grado.

Un ulteriore passo avanti nella direzione indicata da Gesù nel Vangelo ci consente di individuare quale sia poi il nocciolo della vera sapienza: conoscere Dio e contemplare il volto d’amore del Padre che Gesù stesso ci ha rivelato. Ma questa conoscenza non è primariamente un fatto intellettuale. Si fonda infatti sulla relazione fra il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo e tra coloro che partecipano a tale relazione d’amore. Questa sapienza relazionale, che fonda la cultura dell’incontro - come la chiama Papa Francesco -, ha una grande ricaduta esistenziale, come abbiamo ascoltato da San Giovanni nella seconda lettura: «se Dio ci ha amati così, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri. Nessuno mai ha visto Dio; se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l’amore di lui è perfetto in noi».

Questo ci ricorda che, come Università Cattolica, siamo anche una comunità che fa esperienza dell’amore di Dio attraverso lo stile delle nostre relazioni umane, il modo con cui ci prendiamo cura gli uni degli altri. Mi conforta e mi incoraggia molto sentire tanti studenti, soprattutto quelli che arrivano al nostro Ateneo per la laurea magistrale dopo aver fatto la triennale in un’altra Università, che rimarcano la differenza nell’accoglienza e nello stile familiare che poi incidono positivamente anche sulla qualità degli studi. Se è importante la verità che insegniamo non meno rilevante è la carità con cui ci relazioniamo.

Che oltre all’amore per la sapienza nella nostra Università si coltivi la sapienza dell’amore ce lo ricorda in modo particolare la celebrazione dei cinquant’anni del Policlinico Gemelli espressione della nostra Facoltà di Medicina e Chirurgia. Ogni giorno con i suoi 1400 posti letto e con le migliaia di pazienti di cui il Policlinico si prende cura, la nostra Università è in prima linea anche nella testimonianza della carità verso i sofferenti. Anche se Roma può apparire a volte lontana da Milano, non dobbiamo mai scordarci di questa importante parte del nostro Ateneo che venerdì riceverà la visita del Santo Padre Francesco. È una visita legata ad una ricorrenza specifica, ma è un evento importante per tutta l’Università Cattolica. Dopo trent’anni esatti dalla celebrazione che San Giovanni Paolo II fece il 28 giugno del 1984 nel piazzale all’ingresso del Policlinico, dove ora è posta la statua che lo raffigura, un suo successore ritorna a far visita ai malati e a celebrare l’Eucaristia in occasione della Solennità del Sacro Cuore.

Può essere utile riascoltare le parole pronunciate in quell’occasione. È il modo migliore per prepararci ad accogliere Papa Francesco: «Non è dunque la vera scienza quella che preclude all’uomo la conoscenza di Dio e del suo mistero. La scienza che si sente serva della verità e non padrona, che non smarrisce mai il senso del mistero, perché sa che, al di là dell’orizzonte limitato a cui può giungere con i propri mezzi, vi sono le prospettive sconfinate che si perdono in quell’abisso di luce che ha nome Dio, questa scienza non solo non preclude, ma anzi dispone alla rivelazione dei segreti di Dio. A questa scienza sono chiamati quanti come voi, illustri professori e cari studenti, hanno fatto del loro stesso impegno di studio una scelta di fede. Essere parte di una Università Cattolica, che trae il suo nome dal Sacro Cuore di Gesù, è un fatto che vi onora e insieme vi impegna grandemente. Chi, se non voi, dovrà mettersi alla scuola di quel cuore divino che con i suoi battiti scandisce la storia del mondo e la storia personale di ciascuno di noi? In quel cuore “sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della scienza” (Col 2, 3). Quale prospettiva per chi ha fatto della ricerca della verità la ragione della sua vita!».

Certi che il Sacro Cuore di Gesù continua ad operare meraviglie in mezzo a noi e ci sostiene nel nostro cammino, anche quando ci possiamo sentire un po’ «stanchi e oppressi» proseguiamo fiduciosi con il cuore docile mettendoci con sincerità alla scuola del vero e grande maestro che continua a dirci: «imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita».

* vescovo, assistente ecclesiastico generale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore

Omelia mons. Giuliodori ( KB)