L’incontro per la presentazione del volume di Marisa Musaio, L’arte di educare l’umano (Vita e Pensiero), tenutosi in Università Cattolica il 20 marzo nella Cripta dell’Aula Magna, è stata un'occasione per un'attenta riflessione interdisciplinare sul significato dell'educare oggi, un'opportunità per porne in risalto i risvolti epistemologici.

Dopo l'introduzione di Simonetta Polenghi, direttrice del dipartimento di Pedagogia e Luigi D'Alonzo, coordinatore del corso di laurea magistrale in Consulenza pedagogica per la disabilità e la marginalità, l’orizzonte all’interno del quale la problematica del volume prende forma, tra nodi e snodi teorici ed esistenziali e tra specificità e connessioni interpretative, è stato delineato da Giuseppe Vico, già preside della facoltà di Scienze della formazione dell'Università Cattolica, e approfondito da Eugenio Borgna, psichiatra emerito dell’Ospedale Maggiore di Novara, insieme all’autrice.

Secondo il professor Vico «i temi dell’umano e dell’arte di educare l’umano sono connessi a quelli dell’intenzionalità e dell’unità dell’educazione. L’attingimento delle finalità e del fine ultimo della formazione integrale non può prescindere dalle interazioni significative tra singolarità diverse attente ed educate a prendere su di sé, attraverso impegno e competenza, la fragilità e la sofferenza degli altri». In sintesi, con lo spirito dell’educazione e dell’approccio terapeutico si entra nella meraviglia, nello stupore e nell’incanto dell’umano, di quel bagaglio umano della persona che sempre, da artista tra esteti che sanno il fatto loro, riesce a camminare e a non smarrire la bussola della vita.

«Quest’arte di vivere la prossimità, la cura, la relazione d’aiuto», ha sottolineato la Musaio, «non può prescindere dalla chiarezza circa “intenzionalità, sensibilità estetica e ricerca di armonia”. La collaborazione armonica di competenze specifiche sa portare in luce e mantenersi fedele a quella dimensione nella quale la meraviglia è attrazione per l’istante. È la bellezza del sapere coniugare – anche se non sempre accade – fragilità umana e cura dell’altro in senso educativo, perché le note distintive dell’umano emergono ed affiorano ancor più in situazioni di crisi e di difficoltà».

Significative le riflessioni, quasi meditazioni, del professor Borgna sulla «follia» e sulla necessità di accostare l’arte di educare l’umano proprio nella prospettiva del confronto, di una prossimità culturale ed educativa latente e incalzante e da cogliersi con quello spirito che aleggia in questi tempi, «dell’attenzione di Papa Francesco alle periferie, da prevenire e valorizzare in noi e negli altri, e del dovere di educare “ad andare verso le periferie dove meglio si coglie l’odore delle pecore”». Forse l’unico modo per recuperare comunicabilità con il mondo effimero che ci circonda. Ha concluso il professor Vico: «Nel già lontano sentore delle cose dette e lanciate come massaggio augurale di una perenne ripresa dell’arte di educare l’umano, voglio citare una frase di Edoardo Spranger: “Tutta l’educazione è di per sé sistematica e non può passivamente fare affidamento su quell’educatore che è il destino”».