I cinque giovanissimi pianisti che hanno eseguito musiche di John FieldCapire cosa c’è dietro le grandi idee della musica e come queste sedimentino nella storia culturale di un popolo. Era questo l’obiettivo del ciclo di lezioni-concerto A rose of summer. La musica nella cultura letteraria d’Irlanda, promosso dal professor Enrico Reggiani conclusosi il 3 maggio con il terzo e ultimo incontro dedicato a John Field. Sulle note dei Notturni del compositore e pianista irlandese, l’appuntamento Pearls on velvet. John Field e la notte dei romantici, nell’Aula Magna di largo Gemelli, ha portato a compimento il percorso iniziato il 4 marzo scorso: un percorso per decrittare le corrispondenze tra musica e letteratura nella cultura dell’isola di smeraldo ma anche un modo originale di proporre musica in università.

Vissuto nei decenni a cavallo tra il Settecento e l’Ottocento, John Field è considerato l’inventore del codice pianistico del notturno e il precursore del maggior interprete del genere, Fryderyk Chopin. «Il notturno – ha spiegato Reggiani, docente di Lingua e letteratura inglese – rientra nella categoria, spinosa e affascinante, della musica “a programma”. Sorvolando i confini della materia sonora i componimenti che rientrano in questa tipologia si pongono un’intenzione rappresentativa, nel caso dei notturni legata alle atmosfere della notte».

A dare concretezza sonora e musicale alle parole del professore hanno pensato cinque giovanissimi pianisti, provenienti dalle maggiori istituzioni musicali di Milano e dal Conservatorio della Svizzera Italiana, che hanno interpretato i notturni di Field con maestria e trasporto. Tutti sotto i ventitré anni, Maria Cefalà, Federico Costa, Francesco Di Marco, Nicolas Mottini e Giulia Rossini hanno permesso al pubblico di apprezzare la scrittura pianistica di uno dei più interessanti e innovativi compositori dell’età romantica. Una grandezza musicale, la sua, mai messa in discussione, nonostante, intorno al nome di Field, non sia cresciuta una fama planetaria. Le motivazioni? Secondo Reggiani possono essere ricondotte a ragioni diverse: dalla reticenza della cultura inglese del XIX secolo nei confronti della sfera musicale, fino alla supremazia del codice continentale in campo compositivo, per citare soltanto due fattori indiscutibili.



Soprannominato da Joseph d’Ortigue il “Racine of the Piano”, con un chiaro riferimento al drammaturgo francese che evidenzia la grande capacità drammatica e rappresentativa di Field, il musicista irlandese volle che la sua musica espandesse le consuetudini dell’ascolto musicale, estendendo in primo luogo la “tastiera” a sua disposizione, dalle due/tre ottave mozartiane alle sue quattro/cinque, prima del totale pianistico beethoveniano: l’obiettivo era quello di amplificarne la componente soggettiva e l’esperienza culturale. Le note possono così evocare un luogo e un colore - come le pennellate di un quadro -, arrivando a rappresentare senza descrivere, rimandando percezioni, dilatando e comprimendo sensi, articolando matrici logiche e simboliche condivise con altri ambiti della cultura coeva. Il clima romantico è in fondo proprio questo e la stessa forma musicale del Notturno è un incentivo alla declinazione personale di tutte le regole in vigore nella parte diurna dell’esperienza, combinate, però, con le facoltà “notturne” dell’essere umano: intuitive, oniriche, immaginifiche, latenti.

Il modo in cui Field, pienamente figlio del suo tempo e della sua terra,  riesce a rimandare a tutto questo è prima di tutto tecnico e riguarda la tessitura della sua scrittura pianistica. «Affidando grande rilevanza sonora a una nuova concezione del rapporto tra le due mani dell’esecutore – ha sottolineato Enrico Reggiani – Field ha arricchito lo spazio sonoro a disposizione della sua libertà creativa, riproponendo sul pianoforte analogie con altre libertà (personali, comunitarie, culturali, politiche, istituzionali) che molti nei suoi stessi giorni auspicheranno e che troveranno in Chopin un interprete consapevole e rinomato». La maniera in cui John Field ha riempito questo nuovo spazio, e l’immaginazione senza confini che lo apre, sono il segno della sua genialità e immortalità.