Condivisione di beni, nuove forme di socialità e risparmio per tutti. La sharing economy sta avendo un grande successo in Italia e sono sempre di più quelli che si lanciano in questa nuova frontiera social dell’economia. Nel nostro Paese oggi operano nel settore 138 piattaforme, di cui il 30% nel crowfunding, il 20% nei beni di consumo, il 12% nei trasporti, il 10% nel turismo e il 9% nel lavoro. Per raccontare questo nuovo fenomeno l’anno scorso, da un’idea di Università Cattolica - Modacult, fondazione Eni Enrico Mattei e Collaboriamo.org, è nato Sharitaly, un punto di incontro e di confronto per aziende, amministrazioni e privati. La seconda edizione si è svolta a Roma, a Palazzo Montecitorio, il 1° dicembre. «È un segno importante che la politica sta prendendo sul serio la sharing economy – spiega Ivana Pais, docente in Sociologia economica dell’ateneo –. Il titolo infatti era “Regolare senza soffocare. Politica e istituzioni per una vita italiana alla sharing economy”».

L’economia condivisa nasce su internet, dove privati si iscrivono a piattaforme social in cui domanda e offerta di qualsiasi tipo trovano un punto d’incontro. Dai passaggi in macchina (famoso il sito Bla Bla Car) all’affitto di camere, da gite turistiche a cene in compagnia. Dietro la rapida espansione di questi servizi non ci sono solo ragioni economiche: «La crisi è stata un acceleratore – afferma la ricercatrice – ma si tratta di dinamiche abilitate da processi sociali e tecnologici. Bla Bla Car, ad esempio, ha dichiarato che la maggior parte dei suoi utenti ha un contratto indeterminato. Quindi le vere ragioni sono altre: una voglia di socialità, di consumare e di relazionarsi in modo diverso. Questo perché negli ultimi decenni l’economia ha portato a rapporti sempre più spersonalizzati».

Le possibilità di espansione di un settore del genere sono enormi. Secondo Ivana Pais «tutti i servizi legati al welfare sono un campo ancora inesplorato dove c’è tanta domanda e offerta. Per esempio il baby sitting oppure la cura degli anziani». Sempre dalla partnership tra Cattolica, Collaboriamo e Fondazione Eni Enrico Mattei è nata Sharexpo, un’iniziativa che vuole sfruttare al massimo le occasioni dell’Esposizione universale di Milano 2015. Gli ideatori sono partiti dal constatare che i servizi offerti dal capoluogo lombardo non sono in grado supportare i 20 milioni di turisti previsti, né da un punto di vista quantitativo né da un punto di vista qualitativo. Per questa ragione hanno inviato una lettera al comune sottolineando il prezioso contributo che la sharing economy può portare a questo evento internazionale. Il sindaco Pisapia ha risposto in maniera positiva proponendo una consultazione pubblica, per raccogliere le proposte dalla cittadinanza, che si chiuderà il 7 dicembre.

I vantaggi dell’economia condivisa sono sotto gli occhi di tutti, ma c’è anche chi ne evidenzia i rischi per alcune figure professionali tradizionali. Tassisti e albergatori, per esempio, non hanno possibilità di competere con i prezzi della sharing economy e rischiano di veder diminuire la loro fetta di clienti.

«Da questo punto di vista – spiega Ivana Pais – bisogna distinguere tra chi lo fa occasionalmente e chi lo fa come professione. Per i primi a mio avviso non c’è bisogno di regolamentazioni mentre per i secondi sono ovviamente richieste delle leggi che garantiscano alcune categorie di lavoratori. A Roma abbiamo parlato anche di questo: alla politica chiediamo non solo di normare, ma anche di favorire la trasparenza da un punto di vista fiscale. E infine di sostenere queste nuove realtà con interventi di stimolo mirati».