di monsignor Claudio Giuliodori *

«O Sapienza dell’Altissimo, che tutto disponi con forza e dolcezza: vieni ad insegnarci la via della saggezza». Sono le parole con cui siamo stati introdotti all’ascolto del Vangelo e con cui possiamo sintetizzare i sentimenti che ci accompagnano come comunità universitaria nel cammino verso il Santo Natale del Signore Gesù. Che cosa possiamo chiedere alla Sapienza dell’Altissimo, che si fa carne e viene ad abitare in mezzo a noi, se non che venga ad insegnarci la via della saggezza? In un luogo votato alla formazione e alla ricerca che ha la sua ragion d’essere nel lavoro accademico non c’è cosa più preziosa della saggezza quale riflesso della Sapienza divina. Ma come possiamo apprendere la saggezza?

In primo luogo il Vangelo ci ricorda che dobbiamo sapere leggere la storia e riconoscere in essa l’opera di Dio che ha il suo vertice e il suo culmine nel mistero dell’Incarnazione. La genealogia di Gesù tracciata dal Vangelo di Matteo potrebbe apparire un arido elenco di nomi e passaggi generazionali, in realtà si tratta di un prezioso navigatore sapienziale che ci consente di mappare i passi di Dio nella Storia della Salvezza fino al cuore del suo manifestarsi al tempo di «Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo». All’Evangelista, che si rivolgeva ad una comunità di estrazione ebraica, premeva dimostrare che le Scritture si erano compiute e che tutto concorreva a confermare che quel bambino nato nella grotta di Betlemme era veramente il Figlio di Dio, il Messia atteso dalla genti.

Con questa genealogia, oltre a certificare l’identità di Gesù, si esprime una fondamentale verità teologica. Dio non è un idea o un concetto da elaborare. Il Dio che si manifesta in Gesù Cristo è il Dio della storia, o meglio ancora, dei volti, delle famiglie, delle comunità e dei popoli, attraverso cui si dispiega il suo mirabile disegno d’amore. La sapienza di Dio abita la storia e si manifesta nelle vicende degli uomini. Soggiogati dalla frenesia in cui si consumano le nostre giornate, spesso non sappiamo decifrare i segni dell’agire divino né riconoscere i passi della sua presenza in mezzo a noi.

La prima e fondamentale via della saggezza che la Sapienza dell’Altissimo è venuta ad insegnarci è pertanto quella di riconoscere e accogliere, con sincerità e fede, la centralità di Gesù Cristo nella storia. Nelle vicende umane e nel loro sviluppo diacronico e sincronico, nello snodarsi della storia attraverso le epoche, ma anche nella complessità dell’odierno frangente, tutto gravita attorno al mistero centrale del Dio fatto uomo, tutto è ricapitolato in Cristo, perché come dice San Paolo nella lettera ai Colossesi: «Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui. Egli è prima di tutte le cose e tutte in lui sussistono […] È piaciuto infatti a Dio che abiti in lui tutta la pienezza e che per mezzo di lui e in vista di lui siano riconciliate tutte le cose, avendo pacificato con il sangue della sua croce sia le cose che stanno sulla terra, sia quelle che stanno nei cieli (Col 1,16-20).

A ben vedere, in questa prospettiva si riassume anche uno dei compiti fondamentali di una Università Cattolica. Leggere la storia con gli occhi della fede e aiutare gli uomini a riconoscere il disvelarsi del  mistero di Cristo dentro le pieghe delle vicende gioiose e drammatiche di ogni epoca è infatti l’essenza stessa di una Università Cattolica. Il suo compito fondamentale, come insegna la l’Ex Corde Ecclesiae: «è quello di proclamare il senso della verità, valore fondamentale senza il quale si estinguono la libertà, la giustizia e la dignità dell'uomo. Per una sorta di universale umanesimo, l'Università cattolica si dedica completamente alla ricerca di tutti gli aspetti della verità nel loro legame essenziale con la Verità suprema, che è Dio. Essa, quindi, senza alcun timore, ma piuttosto con entusiasmo s'impegna su tutte le vie del sapere, consapevole di essere preceduta da colui che è “Via, Verità e Vita” (Gv 14,6), il Logos, il cui Spirito di intelligenza e di amore dona alla persona umana di trovare, con la sua intelligenza, la realtà ultima che ne è la fonte e il termine, ed è il solo capace di donare in pienezza quella Sapienza, senza la quale l'avvenire del mondo sarebbe in pericolo» (n.4). Il testo di questa Costituzione di San Giovanni Paolo II sulla natura e finalità delle Università Cattoliche, che costituisce la “magna charta” del nostro essere e del nostro agire, verrà riconsegnato a tutti i docenti del nostro Ateneo all’inizio del prossimo anno in occasione del 25° dalla pubblicazione.

All’Università Cattolica compete quindi, in modo speciale, accogliere la Sapienza dell’Altissimo e camminare sulle vie della saggezza. Possiamo dire che l’Università Cattolica ha una peculiare responsabilità proprio a partire dal Mistero del Natale. Costituisce, in effetti, una specialissima culla dove l’incontro dell’umano, in tutti i suoi risvolti, con il divino, che irrompe come evento di grazia, genera quel dinamismo culturale in grado di illuminare la storia, di garantire percorsi di autentica conoscenza e processi di virtuoso impegno educativo. Non possiamo pertanto rassegnarci al progressivo frantumarsi delle conoscenze da cui deriva una pericolosa parcellizzazione del sapere, con le derive ideologiche che ne conseguono, il cui primo e più devastante effetto è quello di far perdere di vista proprio il centro della storia, il mistero del Dio fatto uomo.

Solo riscoprendo i tratti del divino e il volto di Gesù Cristo nel vissuto umano sarà possibile costruire quel “nuovo umanesimo” di cui ci ha parlato il Card. Angelo Scola in occasione delle celebrazioni per Sant’Ambrogio e che sarà al centro del prossimo Convegno Ecclesiale Nazionale in programma a Firenze nel novembre dell’anno prossimo.
Celebrare il Natale come famiglia universitaria, non è quindi un semplice atto liturgico appartenente alla tradizione o un evento spirituale che ci interpella come singoli credenti.

Non è per pura convenzione che dopo la Santa Messa benediremo il presepe posto al centro del Cortile d’Onore dell’Università. Quanto stiamo vivendo qualifica in modo sostanziale il nostro essere Università Cattolica perché colloca il nostro lavoro accademico e il nostro sentirci parte di una communitas magistrorum et scholarium all’interno di una permanente e affascinante genealogia divina intesa come percorso che ha portato all’avvento di Dio in terra, ma anche come il suo continuo disvelarsi e camminare, di generazione in generazione, in messo agli uomini, in ogni luogo e in ogni tempo.

È bello pensare che anche questa realtà accademica, secondo le intenzioni del fondatore e dei suoi collaboratori, continui, generazione dopo generazione, ad essere segno visibile della presenza e dell’opera di Dio. Padre Agostino Gemelli diede inizio all’Università Cattolica del Sacro Cuore, non per rincorrere primati accademici o stabilire egemonie culturali, ma come «opera destinata al progresso della vita soprannaturale degli uomini, sia attraverso l’educazione dei giovani, sia attraverso la ricerca e la difesa del vero». È quanto scrive nel suo Testamento nella Pasqua del 1954.

Questa Università continua a svolgere la sua missione attraverso i volti, le storie, le competenze, la passione di tutte le persone che hanno permesso all’Ateneo dei Cattolici italiani di svilupparsi e di diventare uno dei frutti più belli del cattolicesimo nel nostro Paese e in Europa. Mentre siamo grati a tutti coloro che hanno contribuito in passato e coloro che contribuiscono oggi alla crescita del nostro Ateneo, in questo momento il nostro pensiero va in particolare alla figura del professor Mario Napoli, docente di Diritto del lavoro nella facoltà di Giurisprudenza del nostro Ateneo che dopo una lunga malattia, proprio in questi giorni ci ha lasciato e la cui salma è ora composta nella nostra Chiesa del Sacro Cuore. Vogliamo leggere anche questo evento doloroso del distacco da una persona cara nella luce del Natale, di Dio che si fa uomo perché agli uomini sia resa possibile la nascita al Cielo.

L’espressione da cui siamo partiti per la nostra riflessione ci dice inoltre che la Sapienza dell’Altissimo dispone ogni cosa «con forza e dolcezza». È la pedagogia con cui Dio ci insegna la via della saggezza. Il Natale incarna bene questi due atteggiamenti. Il divino irrompe certamente con forza, intesa non come violenza, ma come energia divina che inonda la storia manifestando la gloria di Dio e sollecitando gli uomini a farsi costruttori di pace. Nello stesso tempo è un evento di infinita dolcezza che riempie i cuori di consolazione e di speranza, che ci fa comprendere il valore dei legami familiari, il primato della solidarietà umana, l’attenzione ai più poveri. Venendo in mezzo a noi il Signore insegna pertanto la via della saggezza con forza e dolcezza e ci chiede seguirlo e imitarlo in questo stile.

Per noi, concretamente, significa che dobbiamo perseguire il bene di questa istituzione con forza e determinazione, senza tentennamenti o timori, nell’offerta formativa come nelle proposte educative, nella docenza come nella ricerca, nell’organizzazione come nell’innovazione e nello stesso tempo dobbiamo in tutto riflettere quella dolcezza che nasce dall’umiltà di sapere che tutto è dono di grazia e viene da Dio. La dolcezza implica il riconoscimento del valore e della preziosità di ogni persona che con il suo lavoro e la sua dedizione contribuisce al bene complessivo e alla crescita del nostro Ateneo.

Forza e dolcezza sono le due mani con cui ci è dato di plasmare ogni giorno la bellezza di questa istituzione accademica che risplende nei suoi chiostri e ogni giorno si fa carico di rispondere con fedeltà e coraggio alla missione che il Signore e la Chiesa gli hanno affidato. Risultano quanto mai attuali e incoraggianti le parole del Beato Paolo VI che all’indomani del 50° di Fondazione dell’Università nell’Angelus del 19 marzo 1972 affermava: «La storia più che cinquantenaria dell’Università Cattolica del Sacro Cuore è stata scritta da personalità così buone, così nobili e grandi, e con tanti sacrifici e con tanti benefici risultati per il pensiero e per la vita della Nazione e della Chiesa, che non deve ora esaurirsi in una languida sopravvivenza, o in una impotente rinuncia alla missione che le è propria, e che, possiamo dire, è stata intuita e sostenuta da tutto un Popolo in via di risveglio e di progresso». Oggi purtroppo questo Popolo non sembra affatto sulla via del risveglio e del progresso, quanto piuttosto sulla via della rassegnazione e del declino.

Ma proprio per questo occorre rinvigorire l’impegno. Gli studenti e le loro famiglie continuano ad accordarci un grande credito e i docenti godono di grande stima a livello nazionale e internazionale. Se continueremo ad essere culla dell’incontro tra la Sapienza divina e i crocevia della storia e sapremo camminare sulla via della saggezza, potremo certamente, come e più che in passato, essere per il nostro Paese fermento di ripresa e volano di autentica speranza. Ce lo chiedono soprattutto i giovani che nella serietà e qualità di un Ateneo vedono la zattera che assieme alla famiglia è in grado di aiutarli ad affrontare la difficoltosa navigazione tra le acque agitate del nostro tempo, come rileva il secondo Rapporto Giovani da poco pubblicato (cfr. pp. 97-176).

Prepariamoci, dunque, con gioia e trepidazione, assieme a Maria e Giuseppe ad accogliere il Signore perché - come reciteremo nel prefazio - «Lo stesso Signore, che ci invita a preparare il suo Natale, ci trovi vigilanti nella preghiera, esultanti nella lode». Auguro a tutti e a ciascuno, con tutto il cuore, un Santo Natale pieno di gioia, di pace e di speranza.


* Assistente ecclesiastico generale dell’Università Cattolica. Omelia pronunciata nel corso della celebrazione eucaristica in preparazione al Natale - mercoledì 17 dicembre, sede di largo Gemelli a Milano