di Elisa Martinazzi *
Questa è la foto che, più di tutte, preferisco. Della mia esperienza in Bolivia, a La Paz, ci sarebbero tante cose da raccontare ma i bambini ed i sorrisi sono stati ciò che di più bello mi ha regalato questo mese di volontariato.
Bambini di ogni età, affetti da ritardi, sindromi, disturbi, con storie e problematiche diverse che portano con sè il peso di situazioni famigliari e sociali di ogni genere. Bambini desiderosi di migliorare, di crescere e poter avere un futuro. Bisognosi di cura ed affetto.
Al centro di riabilitazione neurologica infantile Mario Parma, dove ogni giorno prestavo il mio servizio a fianco di una psicopedagogista, ne ho incontrati tanti e ognuno di loro ha saputo lasciarmi qualcosa.
In parrocchia e al comedor, la mensa, ne ho conosciuti altrettanti. Erland, il bambino nella foto, è uno di quelli. Uno dei tanti in cerca di qualcuno a cui saltare in braccio, con cui giocare, da cui poter ricevere un abbraccio sincero. Uno dei tanti che, nel tentare di sfuggire alla disastrosa situazione famigliare, ha iniziato a deviare, intraprendendo la strada sbagliata. Un bambino di quelli che lasciano il segno.
E poi il sorriso, il mio, il suo, quello delle tante persone incontrate durante questo mese, quello con cui mi svegliavo la mattina per poi mantenere fino a sera. Quello di Don Gio, che ci ha accolte in aeroporto e accompagnate, giorno dopo giorno, nella sua parrocchia, facendoci sentire a casa. Quello che gratuitamente davi e altrettanto gratuitamente ricevevi. Quello che, se con fatica riuscivi a strappare, ti riempiva il cuore, ancora di più. Quello che riusciva a rassicurarti anche nei giorni più malinconici. Quello che non smetterò mai di indossare, nonostante i dubbi, i perchè e le grandi contraddizioni perchè “non sapremo mai quanto bene può fare un semplice sorriso”.
* iscritta al primo anno della laurea magistrale in Progettazione pedagogica e gestione delle risorse umane della facoltà di Scienze della formazione, campus di Brescia