di Alessandra Scazzina *
Il sole inizia a calare sul molo di Santa Monica e mi preparo ad assistere dall’altra parte del mondo a uno degli spettacoli più belli che la natura ci possa regalare ogni giorno: il tramonto. E rimango stupita dalla velocità con cui il sole scompare dietro la linea dell’orizzonte segnata dall’oceano. È quando siamo lontani da quella che viene ormai comunemente definita come comfort zone che impariamo a cogliere la bellezza della quotidianità. Da quel tramonto visto la prima sera trascorsa in California ho sempre cercato di non perdermelo mai e di andare sempre in un posto diverso da cui poterlo ammirare: il Griffith Observatory accanto alla famosa scritta di Hollywood, il Grand Canyon per toccare con mano la piccolezza umana di fronte all’immensità della natura, Malibù, Manhattan Beach, i rooftop di Los Angeles per vedere il sole scomparire dietro i palazzi della seconda città più popolata d’America.
Mi sono imbattuta per puro caso nel programma di sei settimane organizzato da Ucla in “Global leadership, management and new business strategies” e non appena ho letto il titolo ho subito pensato che fosse l’opportunità giusta per me: il mio sogno era quello di fare un’esperienza all’estero durante l’estate in un prestigioso campus universitario americano nell’ambito dell’international business e questo Summer Program era perfetto.
Il viaggio è stato lungo, ma avere la possibilità di vedere, vivere e studiare in una università americana, come Ucla, è stato veramente qualcosa di indimenticabile. Los Angeles è una città che sembra essere composta, a sua volta, da tante piccole città. Infatti, ogni quartiere dà l’impressione di una cittadina a sé stante: da Downtown, il centro di LA, con i suoi grattacieli, i famosi rooftop e le sedi di importanti aziende nel campo finanziario, a Beverly Hills e Bel Air con le loro case con giardini sempre curati, passando per Hollywood ai quartieri multietnici, come Little Tokyo e China Town, fino ad arrivare a Westwood ovvero il quartiere quasi interamente occupato dalla mia università. Il campo di Ucla è davvero immenso e oltre alla grandezza del campus, quello che colpisce è la presenza di così tante aree verdi e di scoiattoli abituati agli sguardi curiosi degli studenti.
Le lezioni erano tenute da professori che prima di essere tali, sono manager: questo è un grande valore aggiunto che consente di capire veramente come i concetti appresi in università trovino un’applicazione nella realtà aziendale di tutti i giorni. Il metodo universitario italiano è diverso da quello americano, basato sulla frequenza e partecipazione in aula, dove gli studenti sono incoraggiati a dare il proprio contributo all’interno di un processo di apprendimento costruttivo in cui tutti insieme come classe siamo stati invitati in più occasioni ad arrivare alla soluzione di un problema reale di un’azienda. Oltre alla partecipazione in aula, la valutazione è basata su numerosi assignment sia individuali sia di gruppo per applicare i concetti teorici a casi aziendali reali, e su presentazioni in aula davanti ai propri compagni e ai professori per sviluppare sempre più le soft skill legate alla comunicazione in pubblico. Inoltre, i professori ci hanno aiutato a capire più noi stessi, i nostri punti di forza e di debolezza e come saperli sfruttare al meglio per poter raggiungere i nostri obiettivi personali.
Tra una lezione e l’altra ho avuto la possibilità di visitare molti luoghi e da questi viaggi sono rimasta colpita da quanto il paesaggio e la cultura possano cambiare da uno stato americano all’altro e addirittura all’interno dello stesso stato: durante il tragitto per giungere al Grand Canyon ho attraversato diversi Stati, partendo dal sole californiano passando per il deserto del Nevada fino al cuore delle riserve indiane in Arizona. Una volta arrivata, sedersi sull’orlo delle rocce che formano il Grand Canyon e osservare scorrere il fiume Colorado mi hanno lasciato senza fiato: sono rimasta estasiata dall’immensità del luogo, dai colori intensi delle montagne, dall’azzurro del cielo, dalla profondità degli strapiombi e dal silenzio circostante.
Durante le sei settimane trascorse alla Ucla ho avuto la possibilità di migliorare il mio livello di inglese, cercando di diventare più sciolta nella conversazione e di capire sempre meglio quello che dicevano gli americani, impresa non sempre così semplice. Inoltre, noi studenti alloggiavamo presso uno dei residence all’interno del campus e ho avuto la grande fortuna di condividere la mia piccola stanza con una ragazza cinese, Kelly: alla sera, una volta tornata in stanza, era ormai diventata abitudine parlare con lei di quello che avevamo fatto durante la giornata e mi divertivo a confrontare le abitudini italiane con quelle cinesi. Da una delle nostre conversazioni una cosa in particolare mi ha colpito: per i ragazzi cinesi è più difficile andare all’estero poiché mentre in Europa tutti gli stati sono vicini l’uno all’altro, nel loro caso è la Cina stessa a essere grande all’incirca come l’intera Europa! Oltre a Kelly, ho conosciuto altri ragazzi e ragazze che frequentavano, come me, la Summer Session alla Ucla e che provenivano da tutto il mondo: Costa Rica, India, Nigeria, Svezia, Inghilterra, Messico, Repubblica Ceca, Turchia…
Questa esperienza è stata molto significativa per me poiché mi sono messa per la prima volta alla prova in un Paese straniero a 9.791 km da casa e ho potuto osservare e conoscere la sua cultura ed entrarne a far parte, anche se per un breve periodo. Un consiglio? Fate più esperienze possibili per quanto brevi possano essere poiché ciascuna di loro vi regala qualcosa e quando tornate non siete più gli stessi.
* 23 anni, di Besenzone (Pc), studentessa del secondo anno della laurea magistrale in Global Business Management, facoltà di Economia e Giurisprudenza, campus di Piacenza