di Barbara Cisternino *
Non è stato semplice raggiungere Atalaya, ma una volta arrivata con le mie compagne di viaggio Benedetta e Carolina, è stato ancor più difficile dirle addio.
Atalaya è un paese in mezzo alla foresta amazzonica peruviana. La piccola pista di atterraggio per aeroplanini da 10 posti che la divide è uno dei due mezzi principali per collegare la “città” con il resto del Paese. L’altro è il fiume, perché siamo esattamente al punto di incontro tra Rio Tambo e Rio Urubamba.
Ci siamo ritrovate catapultate in una realtà completamente diversa dalla nostra ma, già dai primi momenti, ci siamo sentite a casa. Essendo tra i pochi stranieri che arrivano, siamo state circondate da persone che volvano salutarci, parlarci, sapere da dove arrivavamo e perché fossimo lì. Tutti molto gentili e disponibili a farci sentire a nostro agio condividendo con noi senza problemi quel poco che avevano a disposizione.
E se gli abitanti di Atalaya erano così calorosi, ancor più lo sono stati gli studenti e i professori dell’Universidad Católica Sedes Sapientiae (UCSS) con cui abbiamo trascorso gran parte della nostra permanenza. Ci hanno reso partecipi della loro vita quotidiana e accademica.
In particolare Richard, un professore d’ingegneria agraria dalle mille risorse, ha messo a disposizione il suo tempo per farci visitare le piantagioni di caffè e cacao dell’università e, con l’aiuto della professoressa Rossio, ha organizzato delle lezioni per approfondire il processo di produzione e di vendita di questi prodotti. Ci ha portato a visitare anche le piantagioni di ananas e una comunità indigena spiegandoci il loro modo di vivere. Tutti si sono aperti molto con noi nel condividere le loro esperienze, raccontandoci anche delle loro famiglie e degli aspetti più personali. Ascoltare i loro racconti è stata una delle cose più belle del nostro Charity in Perù. Anche con uno spagnolo carente come il mio, non era difficile capire cosa volessero trasmettere: bastava osservare. Parlavano con un po’ di timidezza ma in piena sincerità e sempre con un grande sorriso stampato in faccia.
Del lavoro fianco a fianco con professori e studenti peruviani mi ha colpito non aver mai sentito nessuno lamentarsi o dire di essere stanco, benché lavorassero molto e a orari per noi impensabili. Tutti avevano una grandissima voglia di fare ed erano pieni di entusiasmo. Eccetto ovviamente durante l’immancabile ora della siesta.
I ragazzi dell’università inizialmente hanno avuto un po’ più di difficoltà ad aprirsi, ma sin dai primi giorni alcuni di loro si sono fatti avanti chiedendoci di insegnare loro l’italiano. Sono iniziate, così, le nostre lezioni pomeridiane alla mensa universitaria. Abbiamo imparato più noi grazie ai loro racconti e alle loro esperienze, che loro dalle nostre lezioni d’italiano.
I peruviani sono pieni di risorse, per non parlare della capacità di adattamento e di trovare soluzioni a tutto: Richard avrebbe potuto costruire un aereo con quello che trovava in giro e con un po’ di colla. Ed è proprio così che ci ha aiutato a costruire un sistema di filtraggio dell’acqua per rendere potabile questo bene così scarso in città. Grazie alle direttive di Benedetta, studentessa di Scienze alimentari, e l’ingegno di Richard, siamo riuscite a costruire questo filtro: spero possa essere solo l’inizio di un progetto sulla sicurezza alimentare che si sta cercando di sviluppare tra la UCSS e la nostra università.
Ci sarebbe molto altro da raccontare delle mie tre settimane in Perù, dalle gite con il nostro compagno Oliver in barca alla chiamata sul palco durante un concerto di un famoso gruppo peruviano. Per non parlare dell’incontro fin troppo ravvicinato con una tarantola. Anche se le raccontassi tutte, andrebbero vissute in prima persona per essere capite fino in fondo.
Posso dire, comunque, che il Charity Work Program mi ha dato la possibilità di conoscere un mondo totalmente diverso dal mio, quasi fuori dal tempo rispetto al nostro. Ho conosciuto persone che hanno suscitato in me moltissime domande e hanno dimostrato come sia possibile vivere felicemente con lo stretto indispensabile.
* 23 anni, di Porto San Giorgio (Fm), laurea magistrale in in Food marketing e strategie commerciali, interfacoltà di Economia e Giurisprudenza e di Scienze Agrarie alimentari e ambientali, campus di Piacenza