* di Mattia Masnari

La classica immagine dei Caraibi che ci viene trasmessa dei media è quella della bellona della crema abbronzante di turno che cammina su una spiaggia deserta, sabbia bianchissima e un mare color smeraldo. Modella a parte, posso confermare che lo stereotipo per una volta non sbaglia, anzi, dipinge perfettamente la realtà del luogo, la “Isla del Encanto” è veramente uno spettacolo, esclusi i Mosquitos, e in un luogo così, dove non esiste l’inverno e l’Oceano è a due passi, la tentazione di darsi alla pazza gioia e lasciare i libri in un cassetto, magari in quello più nascosto, è molto forte. Nonostante questo frequentare l’Universidad de Puerto Rico (Upr) è tutt’altro che una passeggiata, tutte le facoltà sono piuttosto impegnative e in alcune di esse, come quella di medicina e chimica, gli standard sono di assoluto livello, tanto che spesso i laureati Portoricani in area scientifica sono ricercati da università nordamericane e allettati con proposte che includono vitto, alloggio e cospicua borsa di studio.

Tuttavia ai Caraibi il clima torrido porta la gente a tenere ritmi di vita molto meno frenetici rispetto a quelli Europei, e questo, oltre a comportare attese interminabili alle poste, ai ristoranti e agli uffici, porta anche a una situazione particolare in Università. Gli studenti che si impegnano più a fondo e non si lasciano trascinare dal ritmo festaiolo di San Juan sono destinati ad avere più possibilità di farsi notare. Se in alcuni paesi bisogna essere scaltri come serpenti e veloci come lepri per farsi largo PuertoRiconel mondo accademico e del lavoro, a Porto Rico, medicina e chimica a parte, anche delle tartarughe dotate di buona volontà possono avere possibilità, la difficoltà maggiore consiste nel non trasformarsi in bradipi dello studio. La cosa non è facile: ho visto più di uno studente, puntigliosa ragazza di Zurigo inclusa, farsi prendere la mano e arrivare a dormire 2 o 3 ore al giorno per godersi tutte le serate di festa della città universitaria di Rio Piedras, sede maggiore dell’Upr, una volta capito che si deve godere del luogo ma con moderazione l’esperienza può però rivelarsi molto utile anche accademicamente parlando.

La Upr è la più grande università dell’isola, l’unica statale e soprattutto ha il pregio di essere la più economica, fatto che magari farebbe storcere il naso a qualche studente benestante del Bel Paese, che spesso associa il maggior costo al maggior prestigio. A Porto Rico invece, oltre al fatto che molti studenti non navighino nell’oro, c’è un altro motivo che rende orgoglioso chiunque riesca a studiare nella Upr: il fatto che per entrarci si devono superare delle selezioni che premiano i migliori studenti e sono basate solo sulle loro capacità. Insomma più sei bravo meno spendi, così che la Upr raccoglie l’elite degli studenti di Porto Rico e di tutti i Caraibi, Cuba esclusa. Tartarughe sì, ma sorprendentemente rapide, a volte molto più dei nostri studenti italiani.

Nella mia permanenza in questo paradiso, durante il primo semestre mi sono cimentato in corsi della facoltà di Humanidades, basati principalmente sul miglioramento della tecnica di scrittura sia in Inglese che in Spagnolo: tutte le lezioni si sono dimostrate piuttosto interessanti e uno dei corsi mi ha permesso di cimentarmi nella stesura di alcuni saggi nel formato Mla, il formato più usato dai ricercatori d’oltreoceano, cosa per nulla facile ma senz’altro utile per la mia formazione: hanno cominciato il corso più di venti studenti e solo cinque, me compreso, lo hanno terminato. Insieme allo studio ho iniziato anche la mia avventura come assistente del corso universitario di lingua italiana con un fantastico gruppo di studenti, che col tempo sono diventati una parte imprescindibile della mia vita a Porto Rico e protagonisti dell’esperienza che è probabilmente stata uno dei fattori più arricchenti e interessanti di tutto il mio soggiorno.

Nel secondo semestre oltre a continuare il mio lavoro come insegnante, ho frequentato alcuni corsi della facoltà di Comunicazione, che mi ha permesso di visitare le maggiori sedi televisive e radiofoniche del paese e di intervistare il Governatore di Porto Rico Luis Fortuño. Anche queste classi sono state ricche di spunti interessanti e mi hanno fatto capire come a volte in Italia le università trascurino il lato pratico della formazione professionale, dato che raramente richiedono di attivarsi sul campo, cosa che invece all’estero è molto più sentita. Come studente di Lingue reduce da un esperienza Erasmus a Pamplona ho poi potuto notare la grande differenza tra lo Spagnolo boricua e quello iberico, altro elemento interessante del mio soggiorno. Se devo trarre una conseguenza dalla mia esperienza, non posso che invitare tutti gli studenti della Cattolica a provare l’avventura all’estero, che è parte imprescindibile di un percorso di studi, soprattutto in Lingue: viaggiate, imparate, divertitevi senza trasformarvi in bradipi e godetevi questa avventura. Suerte Brotels!

*24 anni, studente della facoltà di Scienze linguistiche, sede di Brescia, corso di laurea specialistica in Lingue moderne per la comunicazione e la cooperazione internazionale, indirizzo in Comunicazione audiovisiva