* di Elisa Rossini
La prima immagine che mi viene in mente ripensando alle tre settimane del corso di regia di New York è quella dello skyline che si ammira dalla terrazza della sede di Rai Corporation, al venticinquesimo piano della Avenue of the Americas. A pochi passi da quella ferita ancora aperta che è Ground Zero. Da quella terrazza si ha l’impressione di poter toccare i grattacieli con un dito. Dallo squarcio più profondo dell’America al simbolo dell’American Dream. E per tre settimane, dal 17 maggio al 6 giugno scorso, anche noi abbiamo fatto parte di quel sogno. Anche noi, come i palazzi di New York, abbiamo toccato il cielo con un dito. Noi, venticinque ragazzi di diverse provenienze geografiche e universitarie, diverse età e una passione comune: il cinema. E finalmente l’opportunità di poterlo fare in prima persona, attraverso questo corso che ci ha permesso, in sole tre settimane, di realizzare un cortometraggio. E dopo ventuno giorni trascorsi a comporre quel “piccolo” film di soli dieci minuti, vederlo proiettato su uno schermo, nel buio di una sala cinematografica, è stato davvero un “dream come true”, un sogno che diventava realtà. Riconoscere, immagine dopo immagine, lo studio che si cela dietro ogni parola, la fatica di ogni ripresa, la precisione nel montaggio di ogni inquadratura.
Ora non guarderò più un film con gli stessi occhi, ora che anch’io ho fatto parte di quel magico processo che porta a incidere dei fotogrammi su una pellicola o, nel nostro caso, in digitale. Sì perché il grande bagaglio che mi sono portata a casa non è racchiuso solo in quel dvd, ma in tutto ciò che quel dvd nasconde, in tutto il minuzioso lavoro che ci sta dietro. Lavoro che sarebbe stato impossibile senza l’apporto di tutti i professori della School of Visual Arts (Sva) di New York e, ovviamente, di quelli dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. E allora non posso che menzionarli tutti, tasselli fondamentali di questo sogno americano. Come non partire dall’insostituibile Simonetta d’Italia, coordinatrice del gruppo e importante guida tra le avenues della Grande Mela; Elzbieta Litwin e Mary Lee Grisanti, rispettivamente regista e sceneggiatrice, che ci hanno guidati in un lavoro di sviluppo e approfondimento sulla sceneggiatura e sui suoi protagonisti; Sal Petrosino e Zoran Amar, fonti di preziosi consigli sulle riprese e la produzione; Richard Pepperman, che ci ha svelato i mille segreti del montaggio; infine, last but not least, i nostri accompagnatori, il professor Armando Fumagalli e la nostra tutor, Mara Perbellini.
Una storia da raccontare. Siamo partiti dall’Italia in venticinque grazie al Focus Program Abroad promosso dalle Relazioni internazionali della Cattolica e da Almed e facoltà di Scienze linguistiche. Con noi troppe valigie, tante aspettative e qualche idea, o meglio una: la storia che avremmo voluto raccontare. Perché è la storia il vero collante di queste tre settimane di corso, il punto di partenza e il riferimento sempre presente. Partendo dalla sceneggiatura, il motore indispensabile, passando attraverso la regia, la produzione e infine il montaggio, tutti passaggi fondamentali che, come ci hanno insegnato, non sono che strumenti al servizio della storia da raccontare. Nel corso della prima settimana, dedicata alla sceneggiatura, abbiamo lavorato sulla nostra idea e sui nostri personaggi. Quei personaggi, ideati, pensati e scritti sulla carta, già giovedì, a soli tre giorni dal nostro arrivo, prendevano vita, diventando delle persone in carne ed ossa: i nostri attori! Il lavoro con gli attori, professionisti americani reclutati dalla Sva, è stato quanto mai stimolante. Grazie alle loro domande, ai loro dubbi e a quel processo che li ha portati ad entrare nei personaggi, anche il nostro lavoro ne è uscito modificato e sicuramente arricchito. Dopo un giorno di prove era impensabile non tornare sulla carta a modificare qualche linea di dialogo, qualche azione o, perché no, intere scene, traendo proprio spunto da quegli attori che stavano diventando i nostri personaggi, dalle loro parole e dalle loro reazioni. E così si concludeva la prima settimana, con il pensiero già rivolto alle riprese. Anche il primo weekend scorreva rapido, tra una visita al Metropolitan e la ricerca delle location o degli oggetti di scena. E dopo una breve ed intensiva giornata trascorsa “a contatto” con le telecamere, era finalmente giunto il momento di accenderle. Al richiamo di “Quiet on the set, rolling cameras and Action!” il nostro corto iniziava a prendere vita, la magia iniziava a compiersi.
L’importanza di collaborare. Sul set ogni persona aveva un ruolo preciso: chi si cimentava con la regia, chi faceva l’operatore di camera, chi, infine, si occupava del suono o delle luci. E senza la collaborazione tra i diversi componenti del gruppo, senza l’apporto fondamentale di ognuno, la settimana delle riprese sarebbe stata impossibile. E questa è stata l’altra grande lezione di questo corso: l’importanza di collaborare, la capacità di lavorare insieme. Sono sicura che l’atmosfera di cooperazione che si respirava sui diversi set sia emersa poi nelle immagini, in quei sei corti che abbiamo realizzato al termine delle tre settimane. Ma per giungere a quel prodotto mancava ancora un importante gradino: il montaggio. Se il lavoro con gli attori ci era sembrato difficile e faticoso, ancora non avevamo provato una settimana di “Final Cut”. I computer, si sa, possono tradire e, come il professor Pepperman ci ha insegnato, bisogna temerli e rispettarli. Ma anche il montaggio è stata un’altra importante lezione di vita: ci ha insegnato la pazienza, la precisione e l’attenzione per ogni minuto particolare. E finalmente capivamo l’importanza di quel processo a molti di noi sconosciuto, capivamo come, proprio in quella settimana, il nostro racconto poteva nuovamente cambiare, prendere nuova forma e vita. Perché è proprio attraverso il montaggio che siamo riusciti a dare un ultimo, definitivo senso alle nostre storie.
Venerdì 5 giugno, ore 14.30: i nostri progetti vengono salvati per un’ultima volta sui computer e affidati alla masterizzazione. Venerdì 5 giugno, ore 17: le immagini iniziano a scorrere, la musica risuona nella sala di proiezione. Sono i nostri corti che, come per magia, dopo poche ore vengono trasmessi sul grande schermo. E sono sicura che nel buio di quella sala, di fronte a quelle immagini, il battito che si sentiva non era solo quello del mio cuore, ma quello di tutti noi: i venticinque studenti di quel corso, i professori, gli attori e tutte le persone presenti in sala che si lasciavano trasportare da quelle storie e si emozionavano.
*26 anni, diplomata del master in Scrittura e produzione per la fiction e il cinema. Al corso di New York con lei hanno partecipato altri studenti della Cattolica: i suoi colleghi di master, Maria Luisa Bellucci, Gianluigi Cigna, Silvia Lombardi; gli studenti di Lettere e filosofia Andrea Brusa, Carlo Fracanzani, Alessia Liparoti e Andrea Marchetti; gli studenti di Scienze linguistiche Martina Costa e Stefania Oriana Tamassia; Andrea Italia, interfacoltà Economia-Lettere e filosofia; Carlotta Manzoni di Psicologia; Pablo Solari di Scienze politiche; e i laureati Silvia Martinoli, Claudia Orlandi, Davide Mardegan.