Orientamento all’innovazione, qualità e personalizzazione del prodotto. Ma anche capacità di interpretare il contesto di riferimento, presidio del mercato, valorizzazione di alcuni elementi intangibili, per esempio di servizio, conoscenza, vicinanza al cliente, relazioni, organizzazioni. Sono questi alcuni tratti “vincenti” delle medie imprese italiane, un universo di oltre 4.000 realtà industriali, da qualcuno denominato anche “quarto capitalismo”, e rappresentativo di un business model innovativo e competitivo, in grado di rivitalizzare il made in Italy a livello internazionale. È quanto emerge da uno studio patrocinato dalla Società Italiana Marketing che ha coinvolto circa 60 ricercatori di 21 atenei, tra i quali l’Università Cattolica del Sacro Cuore, e condotto su 30 casi di studio selezionati tra imprese italiane con un fatturato da 13 a 260 milioni di euro e un numero di addetti da 50 a 499.
L’indagine, raccolta nel volume Un tesoro emergente. Le medie imprese italiane dell’era globale, pubblicato dalla casa editrice FrancoAngeli (2009), e curata da Riccardo Varaldo, Daniele Dalli, Riccardo Resciniti, Annalisa Tunisini, sarà presentata venerdì 9 ottobre alle ore 9.30 presso l’Aula Magna dell’Ateneo di Largo Gemelli di Milano. Dialogheranno con gli autori, tra gli altri, Domenico Bodega, preside della facoltà di Economia dell’Ateneo del Sacro Cuore, Gregorio De Felice, Chief Economist di Intesa Sanpaolo, Giuseppe Bertoli, dell’Università di Brescia, Lorenzo Caprio e Renato Fiocca, dell’Università Cattolica.
Un tesoro emergente fornisce una visione organica dei fattori di successo e di sostenibilità della media impresa italiana. La prima parte presenta un modello analitico fondato su quattro asset: imprenditorialità, competitività, organizzazione e internazionalizzazione. La seconda parte, invece, è dedicata alla descrizione dei trenta casi di studio. Obiettivo dei ricercatori è offrire una chiave di lettura più articolata del fenomeno medie imprese, basata sulla convinzione che il successo di queste realtà industriali dipende non più soltanto dal prodotto, da sempre fattore distintivo del made in Italy, ma anche, dicono gli autori dello studio, dal loro «essere impresa in senso più completo e complesso e dalla loro capacità di modellare in modo coerente la governance, le strategie, le risorse/competenze, le relazioni».