Le soluzioni per uscire dalla crisi, le prospettive dopo il governo Monti, il ruolo della politica, dell’impresa e dei corpi intermedi. Gli economisti dell’Università Cattolica Alberto Quadrio Curzio e Carlo Dell’Aringa, in occasione della presentazione degli studi in loro onore realizzati dai rispettivi allievi, analizzano per il canale YouTube d’ateneo YOUnicatt la situazione economica, sociale, politica e istituzionale del nostro Paese e il ruolo determinante dell’Unione europea. Ecco alcuni passaggi dell’intervista curata da Giovanni Santambrogio.

IL CICLO DELLA CRISI

Alberto Quadrio Curzio. Da crisi finanziaria è diventata economica e poi sociale. Il rischio è che sfoci, come la storia insegna, in crisi istituzionale. Un pericolo per fortuna evitato per ora sia in Grecia che in ogni altro Paese europeo. Per uscire dalla crisi, gli Stati da soli possono fare poco. Servono politiche europee comuni e concordate. Partendo da quelle per i grandi investimenti infrastrutturali.

Carlo Dell’Aringa. Con la moneta unica non possiamo più permetterci tra i paesi della Eurozona tassi di crescita e di competitività degli apparati produttivi così diversi. Insieme al debito pubblico alto, è proprio questo a scatenare gli speculatori su alcuni paesi anziché altri.

IL GOVERNO MONTI

Alberto Quadrio Curzio. Le pesanti manovre fiscali di Monti erano necessarie, ma per i problemi strutturali serve il riferimento a modelli ideali. Per Francia e Germania sono chiari come per l’Italia del dopoguerra. Oggi non si capisce quali siano per le forze politiche italiane.

Carlo Dell’Aringa. Il governo Monti, oltre alle cose buone che ha fatto, ha messo a nudo le mancanze del Paese: sindacato diviso, regioni in crisi, partiti frastagliati, politiche per la famiglia scarse. Dovremmo aver imparato la lezione. Occorre ripartire da qui.

PROPOSTE PER USCIRE DALLA CRISI

Carlo Dell’Aringa. Due temi su cui lavorare.

Welfare: serve un welfare mix, fatto di diverse iniziative sul territorio, nelle aziende, nel privato sociale. Ci sono risorse e domande  nascoste che vanno mobilitate.
Occupazione: non può più crescere né nell’industria né nel pubblico impiego. Avranno un futuro i servizi alle famiglie, alle persone, alle imprese. Per ora abbiamo creato solo posti di risulta. Dobbiamo aumentare in questi settori sia la competitività che la qualità. Il caso dell’apprendistato in Germania: abbiamo bisogno di creare istituzioni in cui tutti credono.

Alberto Quadrio Curzio. Un governo autorevole nel contesto europeo, ma legittimato democraticamente. Una forma efficace ed efficiente di valorizzazione del patrimonio pubblico, ridotto a una svalutazione reddituale impressionante. Infine, un’azione concreta e costante per l’Europa: Monti lo sta facendo, ma in un orizzonte troppo breve per le misure strutturali.

DALLO SPREAD DELLA DISUGUAGLIANZA AI MODELLI FRANCESE E TEDESCO

Nella versione integrale dell’intervista, Alberto Quadrio Curzio e Carlo Dell’Aringa toccano molte altre questioni di attualità: dal giudizio critico sul ritardo dell’Europa nel gestire la crisi (Aqc: «Se l’Unione europea fosse intervenuta subito agli inizi del 2010 sulla Grecia con 50/70 miliardi di euro, la crisi greca sarebbe stata tamponata, l’effetto contagio non ci sarebbe stato e l’Europa avrebbe avuto il tempo sufficiente per rimettere in ordine la propria situazione. Oggi sulla Grecia sono già stati impegnati o spesi 320 miliardi di euro e la questione non è ancora finita») al pericolo tutto italiano di fare piazza pulita dei fallimenti della politica, buttando il bambino con l’acqua sporca; dal crescere esponenziale delle disuguaglianze all’interno dei Paesi - immorali sul piano sociale, ma anche disfunzionali su quello economico, a cui occorre rispondere con il buon esempio della politica - (Dell’Aringa: «Basta pensare alle enormi differenze di stipendio che ormai esistono nel nostro paese fra chi ha le responsabilità di più alto livello nelle imprese private e pubbliche e invece chi, magari precario, deve arrangiarsi con un lavoro temporaneo») alla necessità di investire culturalmente e politicamente sull’Europa anche per favorire una riduzione di questo tipo di “spread”.

E poi ancora: dalla proposta di un modello di liberalismo sociale di matrice tedesca, costruito sulla sussidiarietà e sulla solidarietà in forma creativa, in cui sia valorizzato il ruolo essenziale dei corpi intermedi (Aqc: «Non credo che ci possa essere una buona democrazia senza una buona società che esprima la partecipazione. La delega attraverso la rappresentanza politica è importante ma non fa la democrazia nel suo complesso») all’archiviazione del tentativo passato di imitare il modello dirigista francese, fallito sia perché non abbiamo una burocrazia all’altezza né una architettura istituzionale adeguata, sia perché «non è la nostra storia ma soprattutto non è la cultura di un Paese che, nonostante le divisioni, è riuscito a prosperare grazie all’attività e all’autonomia dei propri corpi intermedi».