Tra i Paesi più avanzati nel mondo l'Italia è quello in cui l'ingresso nell'età anziana è maggiormente slittato in avanti. Se nel 1970 nel mondo si usciva dall'età adulta a 55,9 anni e in Italia a 54,4, oggi il trend si è invertito e già nel 2010 i valori erano di 60,1 negli altri Paesi e 63,2 nel nostro. Il dato emerge dalla ricerca "Non mi ritiro. L'allungamento della vita, una sfida per le generazioni, un'opportunità per la società": l'invecchiamento della popolazione più che aver prodotto un aumento della quota di anziani sulla popolazione (per quanto anche questo sia un dato inequivocabile) ha determinato uno slittamento in avanti del confine tra età adulta e età anziana. Un cambiamento che è stato più rapido della capacità della nostra società di rendere produttivo il terreno che si è creato. Infatti il tasso di occupazione nella fascia 55-64 risulta tra i più bassi nel mondo sviluppato: 36% nel 2010 (ora salito al 40%), ben dieci punti sotto EU-27 (46,3%).

Secondo lo studio l'età tra i 65 e i 74 anni è ancora ricca di relazioni sociali e di interscambi e il momento in cui farsi da parte e dover dipendere dagli altri slitta dopo i 75. L'indagine svolta da un gruppo di ricercatori dell'Università Cattolica e coordinata dal sociologo Fausto Colombo ha analizzato 900 anziani tra i 65 e i 74 anni di venti regioni italiane (vedi articolo qui a fianco).

I "giovani anziani" sono un segmento della popolazione fondamentale per la società e per i consumi. Mediamente dotati di agiatezza e garantiti da un sistema pensionistico abbastanza vantaggioso, sono spesso impegnati nella cura dei legami familiari e attivi nel sociale.

Giovani anziani e nuove tecnologie

Non nativi digitali ma immigrati di lungo corso nel mondo delle Ict, il 20,3% degli anziani tra i 65 e i 69 anni e circa il 13% di quelli tra i 70 e i 74 che hanno partecipato alla ricerca dichiarano sorprendentemente un uso quotidiano o settimanale del computer fisso. La percentuale scende se si considerano portatili, tablet e smartphone per l'uso di internet. Mediamente sono gli uomini i più digitali, soprattutto quelli che lavorano ancora o che hanno cominciato ad utilizzare le nuove tecnologie prima del pensionamento. Le donne ne fanno meno uso ma dei "nuovi" 9,1% ICT user le donne battono gli uomini 12,8% a 6,8%.

Rispetto all'uso dei social network sono iscritti a Facebook il 9,7% degli uomini e il 5,5% delle donne, mentre usa Twitter il 3,7% dei maschi e solo l'1,3% delle femmine. Da notare che nella maggior parte dei casi l'utilizzo è quotidiano. Dalla ricerca emerge una forte connessione tra uso del pc e condizione economica, tra uso dei media digitali e una vita culturalmente attiva. Inoltre si evidenzia come meno ci si sente anziani, più si è soddisfatti della propria vita, più si dispone di capitale sociale in termini di relazioni e fiducia negli altri e più ci si dota di strumenti tecnologicamente avanzati.

Una risorsa per la società

L'indagine mette in rilievo l'età anziana come risorsa attiva prima che diventi una debolezza. I soggetti intervistati sono stati suddivisi in quattro categorie che rispecchiano il loro grado di attivismo: "attivi" sono quelli che offrono prevalentemente aiuto agli altri, "dà e riceve" sono quelli che offrono e ricevono aiuto, "isolati" sono i soggetti soli che non danno e non ricevono, "passivi" quelli che prevalentemente ricevono. Gli attivi sono risultati il 33%, chi dà e riceve il 53%, chi è isolato il 6,3% e l'8,2% appartiene ai passivi. Le donne rientrano maggiormente nelle categorie di chi soprattutto dà (37,7%) e di chi riceve e basta (10,1%), mentre gli uomini prevalgono nella categoria di chi dà e riceve. Nel complesso le donne si mostrano più propense ad attività di sostegno familiare con figli, nipoti e grandi anziani, mentre gli uomini prediligono attività sociali come lavoro e volontariato più legate alla propria individualità.

Prendendo in considerazione le varie forme di attività nei giovani anziani sonno stai identificati in particolare tre profili particolarmente attivi: le coppie in pensione che si prendono cura sia delle generazioni più giovani sia dei grandi vecchi; gli impegnati che dispongono di una grande rete di amici e parenti; i socievoli che sono molto attivi sia nella partecipazione al mercato del lavoro, sia a livello associativo, volontaristico e parrocchiale, sia nel supporto all'interno delle reti familiari.

Due sono invece le categorie problematiche: la prima (11,2%), è costituita dai caregiver, prevalentemente donne, sempre occupati in famiglie lunghe e multi generazionali, affaticati da un grande impegno senza soddisfazioni personali; la seconda vede ancora in prevalenza le donne (20%) e tutti i soggetti che si sono ritirati nel privato e non hanno reti familiari né amicali. Per queste persone è necessario pensare politiche e interventi ad hoc che ne favoriscano le condizioni di salute e di attività fisica e le supportino nel raggiungimento di soglie di benessere più alte.