In vista dell’autunno e di eventuali criticità che si potranno presentare in caso di una nuova ondata di contagi da coronavirus, assumono estrema rilevanza le strategie vaccinali antinfluenzale e anti-pneumococcica che saranno messe in atto dalle regioni per la stagione autunno-inverno 2020-2021: per ora 9 su 21 Regioni hanno deliberato regolamenti ad hoc e avviato gare per la fornitura dei lotti di dosi per la vaccinazione antinfluenzale e 5 anche pe l’anti-pneumococcica. Il Lazio ha già chiuso la gara ed è la prima Regione. Restano al momento ferme Friuli, Trento, Marche, Basilicata, Puglia, Sicilia, Sardegna, Umbria, Toscana, Abruzzo e Molise. Lazio e Campania deliberano l’obbligatorietà per chi ha più di 65 anni; il Lazio anche l’obbligatorietà per gli operatori sanitari e la Campania per bambini 6 mesi - 6 anni. Tali vaccinazioni sono state riconosciute di primaria importanza in epoca Covid dalla WHO e dal CDC, sia per ridurre il numero di pazienti con sintomatologia sovrapponibile a quelle dall’infezione da Sars-CoV-2, sia per ridurre il più possibile la circolazione di altri patogeni respiratori causa di gravi complicanze e comorbidità.
Sono alcune delle novità emerse dall’undicesima puntata dell’Istant Report Covid-19. Il report si è arricchito sin dalla scorsa puntata dell’analisi dell’impatto economico dell’emergenza COVID-19 nella prospettiva del Servizio sanitario nazionale.
«Da questo numero – spiega il professor Americo Cicchetti, che cura il rapporto – abbiamo integrato i profili Regionali, iniziando ad indagare come le varie regioni si stanno muovendo in vista della campagna vaccinale antinfluenzale 2020/2021». Anche se non abbiamo ancora robuste evidenze scientifiche sulle possibili interazioni tra la circolazione del Covid-19 e dell’influenza stagionale, la raccomandazione di promuovere la vaccinazione antinfluenzale sembra avere un senso sotto il profilo di gestione del Servizio sanitario nazionale. La possibilità di ridurre la pressione sui Pronto soccorso con persone con sintomi che potrebbero essere scambiati per quello del Covid-19, certamente rappresenta un “valore” per chi si troverà a gestire l’emergenza autunnale. Molti paesi europei si aspettano una crescita dell’intenzione vaccinale da parte dei cittadini e sono già corsi ai ripari concludendo accordi strategici con le diverse aziende. Con l’emanazione della tanto attesa Circolare Ministeriale le Regioni hanno avviato, con diverse velocità, i primi passi operativi adottando, anche in questo caso strategie diverse. Questi i punti dirimenti:
Tamponi diagnostici
Per quanto riguarda la ricerca del virus attraverso i tamponi, si osserva che il trend nazionale è in diminuzione: rispetto alla settimana scorsa, in Italia il tasso per 100.000 abitanti è passato da 7,00 a 5,90. Il tasso settimanale più basso si registra in Campania (è di 2,38 tamponi per mille abitanti nell’ultima settimana); il tasso più alto si registra in Veneto (14,64 per mille abitanti), mentre il Lazio si ferma a 3,31, sotto la media nazionale. Osservando il dato dall’inizio dell’epidemia a livello nazionale il 4,43% ha ricevuto il tampone. Il valore massimo nella Valle d’Aosta con il 9,90%, il minimo in Campania (1,91%).
«Questa evoluzione – spiega il professor Damiani – potrebbe anche essere legata alla riduzione del numero di tamponi effettuati a pazienti ospedalizzati ed in dimissione e quindi in qualche modo una flessione può essere fisiologica».
Assistenza sanitaria per i pazienti non Covid
Si stanno moltiplicando le pubblicazioni scientifiche che presentano le prime evidenze relative all’impatto che ha avuto sull’emergenza COVID-19 sull’assistenza fornita a pazienti non-COVID-19 in Italia.
Diversi studi hanno valutato l’impatto dell’emergenza COVID-19 sull’attività di trapianto e donazione d’organo in Italia.
Sono disponibili i dati preliminari pubblicati dal Centro Nazionale Trapianti (ISS) ed aggiornati al 17 maggio 2020. In aggiunta, vi sono i dati pubblicati in 5 articoli e che forniscono evidenze in merito all’impatto del COVID-19 a livello nazionale, regionale e di singolo centro trapianti.
• Volumi di attività. A livello nazionale, dopo l’iniziale calo drastico nelle donazioni d’organi (-23.5% al 16 aprile), lentamente ci si assiste ad un ritorno (anche se non vicino) alla normalità (- 19.3% al 17 maggio). Si conferma più contenuto il calo nei trapianti (-16.9%) e la riduzione nel tasso di opposizione al prelievo (-4.5%). Le pubblicazioni selezionate mostrano, in aggiunta, come i centri trapianto hanno reagito all’emergenza contraendo le attività ambulatoriali, in particolar modo di follow up dei pazienti trapiantati (non di recente). Le liste di attesa sono state sospese o chiuse nel 46% dei centri che hanno risposto alla survey promossa da 4 società scientifiche nazionali. La riduzione nelle donazioni e nei trapianti è confermata in letteratura. Uno studio (Agnes 2020) suggerisce che la riduzione possa riguardare maggiormente il Nord-Centro Italia.
• Screening per il COVID-19. Quasi tutti i centri tendono a fare lo screening per il COVID-19 sui donatori.
• Positività al COVID-19 e decorso clinico. Una quota non trascurabile di pazienti trapiantati è risultata positiva al COVID-19. Il fenomeno sembra aver riguardato maggiormente pazienti non trapiantati di recente (5% in Vistoli 2020). Il decorso clinico ha richiesto l’ospedalizzazione ed in alcuni casi anche la terapia intensiva (range:13-18%). Il tasso di letalità riportato negli studi è variabile (range:3-21%).
• Personale a disposizione. È utile anche il dato sulla positività al COVID-19 degli operatori sanitari.
Analisi di maggior dettaglio sulla tipologia di trapianto per livello di urgenza (Angelico 2020) e un maggiore dettaglio sulle caratteristiche dei pazienti trattati durante l’emergenza (Maggi 2020) sono disponibili in alcuni studi. Si aggiunge che in Vistoli 2020, la survey condotta è stata l’occasione anche per elaborare un primo Consensus Paper sulla organizzazione più opportuna di un centro trapianti in corso di pandemia COVID-19.
Impatto economico del Covid sul SSN
L’aggiornamento della stima sull’impatto economico mostra 160.092 ricoveri per COVID-19 effettuati e conclusi (erano 144.658 nella precedente valutazione una settimana fa) la spesa, valorizzata con le tariffe DRG, si stima pari a € 1.356.957.793 (quasi 100 milioni in più in una settimana), di cui il 33% sostenuto per i casi trattati in Lombardia. Il DRG medio (totale/ricoveri) è stimato pari a 8.476 €.
Per i 23.069 ricoveri per COVID-19 stimati conclusi causa decesso, la spesa, valorizzata con le tariffe DRG, si stima pari a € 229.900.862, di cui ben il 48% sostenuto per i casi trattati in Lombardia. Il DRG medio (totale/ricoveri) è stimato pari a 9.796 €.
Il totale dell’impatto per la spesa ospedaliera raggiunge quindi € 1.586.858.655, di cui il 35% è la spesa sostenuta nella sola Regione Lombardia.
Considerando 179.331 giornate di degenza (al 1° giugno, +1.81% rispetto al 26 maggio) in terapia intensiva, ad un costo giornaliero medio di 1.425€ il costo totale a livello nazionale ammonterebbe a oltre 255 milioni di €, di cui il 36% sostenuto in strutture ospedaliere della Lombardia.
La stima dei costi di TI al momento è basata su un costo medio e non tiene conto del maggior costo dovuto al ricorso alla ventilazione meccanica.
La digitalizzazione in epoca di Covid-19
Continua il trend di crescita del numero totale delle iniziative avviate dalle singole aziende, sempre dell’ordine del 10% settimanale (totale attuale 174). Il grafico evidenzia l’incremento delle soluzioni nelle singole patologie rispetto alla settima scorsa. Il numero delle soluzioni per assicurare l’accesso alle cure dei pazienti ordinari ha superato il 70% delle iniziative. È stato aggiunto il riferimento a “Iniziative per il rilancio Italia 2020-2022” (Piano Colao) che indica la necessità di “sviluppare un ecosistema per permettere una cura integrata a casa”. Le televisite continuano a rappresentare la tipologia di prestazioni più implementata, con più del 47% del totale delle prestazioni. Diabetologia, cardiologia, oncologia e neurologia sono le patologie più seguite con protocolli di telemedicina. Relativamente agli strumenti tecnologici adottati, circa il 60% delle soluzioni si basa su piattaforme di comunicazione pubbliche e telefono, che quindi possono essere attuate rapidamente e non determinano costi per le aziende.