Secondo il Rapporto Osservasalute 2018 continua a diminuire la mortalità prematura, in calo i decessi per malattie cardiovascolari. Gli italiani sono ancora troppo in sovrappeso e non accennano a smettere di fumare. Il grande problema per il presente e per il futuro sono le cronicità che assorbono l’80% della spesa sanitaria. Destinata a impennarsi nel prossimo decennio la domanda per visite specialistiche, di giornate di degenza e di assistenza domiciliare. Siamo tra i Paesi più longevi ma anche con più anni da vivere con malattie croniche e disabilità: la speranza di vita in buona salute è peggiore che in altri Paesi europei.
Italiani ancora lenti a cambiare abitudini nocive per la salute come fumo, sedentarietà e alimentazioni scorrette, ma nel Bel Paese si muore sempre meno, grazie soprattutto ai miglioramenti nell’assistenza sanitaria e ai traguardi della medicina moderna. Un dato rilevante per la salute degli italiani è rappresentato dalla forte riduzione della mortalità prematura (indicatore del Sustainable Development, Goals delle Nazioni Unite - calcolato rispetto alle principali cause di morte della fascia di età 30-69 anni) diminuita, dal 2004 al 2016, del 26,5% per gli uomini e del 17,3% per le donne. In generale, in poco più di 30 anni, il tasso standardizzato di mortalità totale si è ridotto di oltre il 50% nel periodo 1980-2015 e il contributo delle malattie cardiovascolari è stato quello che più ha influito sul trend in discesa della mortalità (nello stesso periodo la mortalità per malattie ischemiche del cuore si è ridotta di circa il 63% e quella delle malattie cerebrovascolari di circa il 70%).
Si muore meno di tumori che restano, però, la prima causa di morte tra i 19-64 anni: nell’arco di tempo compreso tra il 2006-2016, diminuisce del 24% per gli uomini (da 12,5 a 9,5 per 10.000) e del 12,6% per le donne (da 8,7 a 7,6 decessi per 10.000).
La mortalità neonatale e infantile è significativamente diminuita nel nostro Paese e ha raggiunto livelli tra i più bassi del mondo, anche migliori di quelli osservati nei Paesi occidentali più sviluppati. Il tasso di mortalità infantile è passato da 3,16 decessi per 1.000 nati vivi a 2,81 per 1.000 nell’arco temporale 2010-2016.
Non a caso l’Italia, con 83,4 anni di vita media attesa alla nascita nel 2016 (ultimo anno disponibile per i confronti internazionali), è da anni uno dei Paesi più longevi nel contesto internazionale, secondo dopo la Spagna (83,5 anni) tra i Paesi dell’Unione Europea (UE). Sempre nel 2016, il nostro Paese si colloca direttamente al primo posto in Europa per la più elevata speranza di vita alla nascita per gli uomini (81,0 anni), secondo gli ultimi dati disponibili da fonte europea Eurostat.
Per le donne, invece, si colloca al terzo posto (con 85,6 anni) dopo Spagna (86,3 anni) e Francia (85,7 anni). L’Italia, rispetto alla media dei Paesi dell’UE, presenta un vantaggio di circa 3 anni per gli uomini (la media dell’UE è pari a 78,2 anni) e 2,0 anni per le donne (la media dell’UE è 83,6 anni).
Sono questi, in estrema sintesi, i dati emersi dalla XVI Edizione del Rapporto Osservasalute, curato dall’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane che opera nell’ambito di Vihtaly, spin off dell’Università Cattolica presso la sede di Roma, con la direzione scientifica di Alessandro Solipaca, e la direzione di Walter Ricciardi, docente di Igiene generale e applicata all’Università Cattolica. Il volume (di 639 pagine) è frutto del lavoro di 318 ricercatori distribuiti su tutto il territorio italiano che operano presso Università, Agenzie regionali e provinciali di sanità, Assessorati regionali e provinciali, Aziende ospedaliere e Aziende sanitarie, Istituto Superiore di Sanità, Consiglio Nazionale delle Ricerche, Istituto Nazionale per lo Studio e la Cura dei Tumori, Ministero della Salute, Agenzia Italiana del Farmaco, Istat. Suddiviso in due parti principali - la prima dedicata alla salute e ai bisogni della popolazione, la seconda ai sistemi sanitari regionali nonché alla qualità dei servizi.