di Antonella Cassano, Ilenia Pagani e Claudia Schirru

L’arrivo di Kenan il 1 settembre 2016 a Orio al Serio già diceva molto dello spirito con il quale avrebbe affrontato la sua avventura italiana: sguardo attento e curioso, per nulla spaventato dalla lontananza della sua amata Siria, proiettato con i pensieri a quello che lo attendeva. Infatti Kenan non ha lasciato scorrere via un minuto, ma ha vissuto i suoi quattro anni in Università Cattolica, nel collegio Ludovicianum, a Milano, a pieno, entusiasmandosi per ogni occasione che la quotidianità gli presentava. Nemmeno il suo lungo cammino di visite, controlli e terapie, iniziato poco dopo il suo arrivo, aveva cambiato il suo modo di affrontare la vita. Attraverso le lezioni, lo studio, i compagni di collegio, gli amici siriani sparsi per il mondo, si nutriva di esperienze sempre nuove, che alimentavano la sua sete di conoscenza.

Kenan aveva un dono speciale: sapeva capire chi aveva di fronte, aveva una straordinaria capacità di leggere le personalità degli altri e sapeva come entrare nel cuore delle persone con il suo particolare savoir faire e quello sguardo sorridente. Schietto e diretto, sapeva esprimere fermamente le sue opinioni senza condizionamenti.

In Siria gli avevano diagnosticato il cancro, ma lui non si era rassegnato a quel primo parere ed era andato a Beirut, in Libano, perché certo i medici lì avrebbero capito meglio: l’assistenza medica era migliore. Gli avevano detto che era tutto un errore, non aveva niente, i medici siriani avevano sbagliato la diagnosi. Kenan aveva quindi ricominciato a vivere e quando gli si era presentata la possibilità di studiare nel nostro Paese, in Università Cattolica, aveva detto subito sì. 

Era venuto in Italia grazie al progetto di accoglienza per studenti siriani del nostro Ateneo, nato da un incontro tra il Rettore e padre Jacques Mourad, della comunità monastica di Deir Mar Musa, la stessa di padre Paolo Dall’Oglio, scomparso dal luglio 2013. Kenan desiderava sfruttare al massimo la possibilità che gli era stata offerta: viaggiare e conoscere il mondo gli avrebbe permesso un giorno di poter mettere a disposizione le sue competenze per la ricostruzione del suo Paese. Qui da noi studiava nella Facoltà di Scienze Politiche, corso di Laurea Triennale in International Relations, perché la laurea triennale in Legge conseguita presso l’Università di Aleppo non gli bastava: voleva avere anche altri strumenti per leggere e interpretare correttamente i fenomeni e la complessità del reale. Era stato volontario nei campi profughi di Aleppo per il Jesuit Refugee Service, voleva comprendere, dare voce al suo Paese e fare qualcosa di concreto.

Noi lo ricorderemo con i suoi capelli arruffati pieni di ricci, il sorriso, l’ironia e la voglia di vivere, ma anche per il suo coraggio di prendere posizione sulle questioni importanti della vita, per non rassegnarsi davanti a quanto stava accadendo in Siria, per la tenacia che metteva in tutto quello che faceva, anche nello studio, persino quando le terapie lo lasciavano senza forze.

Il progetto dei giovani studenti siriani è stato per noi tutti una nuova esperienza, che ci ha spinto a costruire, assieme a loro, un modello di accoglienza che non rispondesse soltanto alle loro esigenze fisiche e accademiche. Accoglienza è infatti una parola che già nella sua etimologia racchiude una profonda complessità; essa deriva da “accogliere”, cioè dal latino ad-cum-legere, “raccogliere insieme verso”. Così è stato, abbiamo raccolto insieme le forze, come fratelli.

A luglio Kenan, consapevole del repentino aggravarsi del proprio stato di salute, ha chiesto di poter dare un ultimo saluto a sua mamma, che vive in Siria. Grazie a tante persone di buon cuore il suo desiderio si è avverato e Gerbine a inizio settembre è arrivata a Milano. Così Kenan si è spento ieri, serenamente, tra le braccia di sua mamma. Negli ultimi giorni è apparso chiaro che in realtà Kenan aveva sentito la necessità di stare vicino alla mamma non soltanto per se stesso, ma quasi per poterla consolare. Nell’esprimere questo suo bisogno, così comprensibile e naturale, ci ha ricordato anche nell'ultimo saluto alla mamma e alla sua famiglia siriana e italiana, affrontato con la consueta forza e tenacia, che il suo sguardo era sempre rivolto anche al bene dell’altro. 

Kenan ci ha insegnato tanto sul vivere, ma anche sul morire. 

Siamo davvero grate di averlo conosciuto e averlo potuto accompagnare per un tratto della sua vita assieme ai tanti amici dell’Università Cattolica.


Da una testimonianza di Kenan

They told me I had cancer in my tongue. Just like that. I don’t know how. Neither did they. I toured Aleppo’s hospitals one after another: al-Razi; Salloum; al-Jamia; al-Salam. After various high-tech tests were conducted with laryngoscopes, X-rays, and other equipment, they also found a second lump in my throat. “He who seeks the Lord will find him”: this seems to be the oncologist’s motto... [continua a leggere]