Creare un giusto equilibrio tra il diritto all’oblio, che deve essere garantito a chiunque, e quello di fare informazione. Soprattutto nell’era del web in cui è difficile “dimenticare e farsi dimenticare”, come recita il titolo del convegno che il master in Giornalismo dell’Alta Scuola in Media, comunicazione, spettacolo dell’Università Cattolica ha organizzato il 19 dicembre nella sede di largo Gemelli. «Comunicare significa preservare il ricordo», ha detto Marco Lombardi, direttore del master, ma garantire il diritto all’oblio è sempre più difficile nell’epoca di Internet. Secondo il sociologo, laddove mancano ancora strumenti in grado di risolvere il problema, si rende necessaria «un’assunzione di responsabilità personale ed etica, che deve accompagnare il lavoro del giornalista».

Per Augusta Iannini, vicepresidente dell’Autorità Garante per la Protezione dei dati personali, il diritto a farsi dimenticare è innegabile, perché «legato al trascorrere del tempo e alla perdita di interesse pubblico verso una data notizia». E a questo deve essere sempre unito il «dovere di rettifica da parte dei giornalisti e la correttezza dell’informazione». Tuttavia nell’era del web, è sempre più difficile garantire il diritto alla privacy delle persone al centro di fatti di cronaca. Sebbene si lavori sulla «deindicizzazione delle notizie dai motori di ricerca sorgenti, presenti nei siti delle testate pubblicanti, è molto difficile compiere la stessa operazione con i motori di ricerca generalisti». Di conseguenza, seppure il diritto all’oblio sia inviolabile, con l’avvento di internet, di fatto esso viene negato.

Marcello Masi, direttore del Tg2, parte dalla richiesta ai giornalisti di interrogarsi sulla correttezza etica e deontologica del proprio lavoro. Ma allarga la questione a tutti i nuovi attori che, tramite gli strumenti del web, esprimono liberamente il proprio pensiero. Tramite i social network e i blog, canali non ufficiali di informazione, tutti diventano potenziali comunicatori. La libertà di espressione però non dovrebbe mai sfociare nella pubblicazione di notizie diffamanti. Ma nell’era di internet questo è difficilmente controllabile, se non nelle testate registrate. Infatti, con il web, si è creata una rete di notizie di enormi dimensioni, al di fuori dei canali ufficiali di informazione, che, oltre a non essere regolamentata da norme deontologiche, garantisce l’anonimato anche a chi vuole esprimere la propria opinione in modo aggressivo e diffamatorio. «Alcuni aspetti sicuramente devono essere regolati - afferma Masi – ma è necessario fare attenzione anche alle conseguenze che possono scaturire dalla creazione di paletti e bavagli».

Anche Ruben Razzante, professore di Diritto dell’informazione e della comunicazione all’Università Cattolica, ha messo in evidenza che le leggi che garantiscono l'oblio, ai tempi di internet, debbano essere aggiornate. Il tema della tutela della privacy delle persone oggetto di notizia però, oltre che essere al centro di un dibattito giuridico - secondo il professore - è legato anche a una dimensione etica e deontologica della comunicazione. Secondo Razzante si è resa necessaria «un'operazione di autocritica da parte del giornalismo italiano, in cui si possono trovare diversi esempi di spettacolarizzazione nella descrizione dei fatti di cronaca».