«Se facessi il tassista di giorno e il regista di notte, forse riuscirei a vivere». Risponde con una battuta Silvio Soldini al professor Andrea Kerbaker che gli chiede se l'incasso è così importante per il cinema o non si possa ricercare la qualità presso un pubblico ristretto, come avviene in altre forme d'arte. Del dibattito tra il regista e il professore di Istituzioni e politiche culturali al corso di laurea in Economia a gestione dei beni culturali della Cattolica, bastano poche parole per comprendere quanto il cinema abbia la necessità d'adeguarsi a stringenti vincoli economici.

Sembra brutale, ma quando si vivono dall'interno i rapporti fra cultura e spettacolo, filo rosso del ciclo d'incontri promosso da Kerbaker, si assume un atteggiamento necessariamente pragmatico. Il regista di “Pane e tulipani” infatti è partito da qui: la crisi di finanziamenti disponibili per il cinema. Un problema che incide anche sulle scelte operate dalla produzione, sempre più restia a investire su film “impegnati”. In Italia, afferma Soldini, si punta molto sulle commedie nella convinzione che possano garantire molte più entrate. «Commedia è un termine molto ampio: c'è quella intelligente e quella stupida». E quest'ultima vende molto bene. Anche perché «il pubblico è peggiorato rispetto a un tempo in cui sembrava concentrarsi di più». Domandarsi perché un film abbia successo o meno sarebbe molto interessante, ma, secondo l'autore, le cause sono più di quelle che sembrano: vi sono il momento, la promozione, la distribuzione, gli umori del pubblico. Per questo motivo «la sola qualità non garantisce il successo».

Soldini, nonostante queste difficoltà, è riuscito a esprimere, sia in dramma sia in commedia, un cinema di maggiore spessore, anche fuori dai nostri confini nazionali. Sul fronte culturale può confortare che all'estero le “commediole” che spopolano da noi non vengono nemmeno distribuite, perché «fuori vogliono vedere film in grado di portare un minimo di qualità».

A scandire le fasi dell'incontro si sono potuti apprezzare alcuni spezzoni dell’opera del cineasta milanese. Fra i vari “assaggi” spiccano i frammenti dal documentario attualmente nelle sale, “Per altri occhi”, un'opera dedicata ai ciechi che riescono a vivere la propria condizione con normalità. Deve fare impressione sentirsi dire da un non vedente: «Ho visto i tuoi film», eppure Soldini afferma che “vedere” è un verbo che usano tutte le persone che ha incontrato girando il film. «Abbiamo molto da imparare da loro, quando nella vita di tutti i giorni ci lasciamo scoraggiare per problemi molto meno importanti».