Hanno frequentato la scuola di giornalismo dell’Università Cattolica o hanno incarichi di docenza e sono in prima linea, su diverse testate, nel racconto della pandemia da Coronavirus. Ma testimoniano tutti insieme che i media, soprattutto online, restano ancora vitali. Le voci dei nostri reporter in una serie di articoli


Sandro De Riccardis si occupa da anni di cronaca giudiziaria. Lo fa per Repubblica, dove è approdato dopo essersi laureato in Giurisprudenza in Università Cattolica e aver frequentato il master in giornalismo dell'Ateneo. «In realtà la nostra redazione milanese è abbastanza fluida: ognuno ha i propri campi di specializzazione, ma a seconda dell’evenienza può capitare di seguire diversi tipi di fatti, specie da quando è scoppiata l’epidemia» commenta De Riccardis, il cui ultimo lavoro dalle aule di giudizio è stato, non a caso, una sorta di crossover, riguardando sia il tribunale che l’emergenza virale. 

«Ho frequentato quei corridoi fino all’inizio di marzo, cioè quando sono risultati i primi casi di magistrati contagiati. Il mio ultimo servizio da lì sono state proprio le tute gialle che sanificavano tutti gli uffici. Da quel momento, per la prima volta nella storia di Milano, è stata chiusa la sala stampa del tribunale». Uno snodo inedito, che ha obbligato l’intera redazione milanese di Repubblica a riorganizzarsi; e se lo smartworking ha dato una mano dal punto di vista del lavoro interno, la cronaca giudiziaria è stata accantonata fino a data da destinarsi, non essendoci più né udienze né inchieste. 

«C’è comunque molto lavoro da fare, per le tante notizie relative al Coronavirus, che però copriamo come possiamo, uscendo solo per dei servizi mirati: la scorsa settimana, ad esempio, sono stato in giro per dei controlli insieme alla Guardia di Finanza, dove è emerso come diverse attività commerciali vendano mascherine o gel igienizzanti a prezzi fuori mercato, o addirittura contraffatti». 

Uno degli argomenti che impegna di più le cronache di De Riccardis in questi giorni riguarda però la questione delle case di riposo, i cui dati dirompenti di morti e contagiati, anche fra gli operatori, stanno prendendo le prime pagine dei principali quotidiani italiani. «Le residenze sanitarie assistenziali, le cosiddette Rsa, sono state un tema per lungo tempo rimosso: non se ne sono occupate le istituzioni, privilegiando gli ospedali, né i giornali, che stanno affrontando la questione solo nelle sue fasi successive; anche perché le case di riposo sono dei luoghi chiusi, spesso impenetrabili, ed è difficile far vedere cosa succede al loro interno» prosegue De Riccardis, ponendo poi l’accento sulle difficoltà di verifica che un giornalista può incontrare quando tratta notizie provenienti da un mondo ormai quasi inaccessibile, come appunto quello delle Rsa. 

«Di norma, il giornalista segue con i propri occhi l’evento, ma in questi casi è tutto, o quasi, de relato; quindi, se mi arriva una notizia da un sindacalista, cerco conferma tramite un parente, verificando per quanto possibile quello che non posso vedere di persona. Ecco, credo che la scuola di giornalismo sia stata importante proprio in tal senso, facendomi capire che non bisogna essere superficiali, non dando mai nulla per scontato». 

Infine, un pensiero per Gianni Mura, storica penna di Repubblica, scomparso lo scorso 21 marzo, in giorni già difficili; un collega importante, ma mai ingombrante per Sandro De Riccardis: «Anche se era in pensione, in redazione era sempre una figura stabile. Una delle sue qualità, al di là di quelle giornalistiche, erano quelle umane: parlare con lui era come chiacchierare con un amico al bar, con in più un arricchimento costante, con aneddoti raccontati come pochi sanno fare. La notizia della sua scomparsa è stata una vera sofferenza».


Ultimoo articolo di una serie dedicata ai nostri reporter