di Pino D’Ambrosio*

Il nuovo anno accademico inizia per i collegiali del Nuovo Joanneum, nel contesto della proposta formativa “Omnia vestra in caritate fiant - L’amor che move il sole e l’altre stelle”, con un ritrovo fuori porta nell’hinterland romano organizzato dalla nuova e rinnovata direzione del collegio.

Per la gita di inizio anno dello scorso 10 ottobre, infatti, si è scelto di sfruttare il potenziale spesso sottovalutato delle colline circostanti la Capitale: l’ambientazione della tradizionale uscita quest’anno è stata infatti la Subiaco in cui un giovane San Benedetto da Norcia si rifugiò all’ombra del Sacro Speco, prendendo proprio qui la decisione di dedicarsi alla vita monastica. Così egli diede una svolta al nascente monachesimo italiano ed europeo.

La cornice è molto suggestiva: già durante il viaggio in autobus mattutino si capisce che qui sono pochi gli insediamenti antropici, mentre dominano il quadro le colline ricchissime di vegetazione. Le stradine sono ritorte, la natura è sovrana: non a caso lungo il percorso vediamo i resti della sfarzosa villa dell’imperatore Nerone, che scelse questo posto per la propria tranquillità.

Il viaggio di andata mette subito le cose in chiaro: quest’anno non sarà il Salento a dominare, come al solito, la vita collegiale e universitaria del Nuovo Joanneum, ma sorprendentemente i campani sono in larga maggioranza tra tutte le regioni, con me che da casertano aspettavo questo momento da cinque anni. Con le dovute misure di sicurezza, che abbiamo rispettato per tutta la giornata, le goliardie campanilistiche colorano le prime ore del mattino in autobus, anche se dopo il periodo di supremazia campana si passa sempre alle solite canzoni conosciute da tutti.

Arrivati sul posto, in un clima per noi metropolitani insolitamente fresco, visitiamo il monastero di Santa Scolastica. Apprendiamo qui dalla guida alcune notizie sulla giovinezza di San Benedetto, in particolare sul suo percorso monastico nei dintorni, a partire dalla sua adolescenza. Molto affascinanti sono le scoperte sulla biblioteca del monastero, che contiene i primi volumi stampati in Italia, che datano alla metà del 1400. Curiosamente non si tratta di Bibbie ma di testi laici tra cui il De oratore di Cicerone. Il chiostro gotico e il campanile della chiesa principale sono interessanti dal punto di vista artistico, e gli affreschi ci donano uno squarcio sulla vita di Benedetto e ci ricordano quanto fosse diverso il compito di evangelizzazione della Chiesa in tempi in cui la maggior parte del popolo era analfabeta.

Il pranzo si svolge in un ristorante molto vicino al monastero, e ci dà la possibilità di conoscere meglio soprattutto i nuovi arrivati: le nostre matricole, che con questo giorno iniziano a pieno titolo la loro esperienza in collegio, avendo la possibilità di conoscere molti collegiali in un giorno solo. Inutile precisare che tutti si alzano da tavola sazi, dato che i paesi di questa zona hanno una nota e apprezzata tradizione mangereccia. Penso inoltre che un pranzo con tutti questi commensali nell’atmosfera della gita di collegio abbia saziato (per quella giornata, si intende) anche il bisogno di relazioni di ciascuno di noi.

Nel pomeriggio ci dirigiamo al clou della giornata dal punto di vista spirituale: arriva infatti il momento della visita al Sacro Speco. Lo Speco è la caverna (lat. specum) dove Benedetto si rifugiò nemmeno diciottenne, trascorrendovi poi tre anni della sua vita come eremita. Sulle pendici collinari circostanti è poi sorto un santuario oggi visitabile (in foto). La guida ci mostra altri affreschi che raccontano episodi della vita di San Benedetto, istruendoci sui suoi metodi pastorali e su alcuni miracoli che egli compì in vita, i quali appaiono estremamente semplici, per quanto si possa dire tale un miracolo. Tutto questo è coerente con gli insegnamenti del santo, riassunti nella celebre, lapidaria Regola ora et labora, “prega e lavora”.

Nonostante i tempi stretti, infine, riusciamo a rispettare il nostro programma visitando il laghetto in cui San Benedetto compì uno dei suddetti miracoli: qui, infatti, recuperò un falcetto perso da un operaio barbaro semplicemente immergendo nell’acqua il suo bastone e facendo così riemergere l’attrezzo affondato. Nella tradizione monastica, questo miracolo porta ai monaci il messaggio di avere cura dei propri attrezzi da lavoro, e in generale di predisporsi bene alle mansioni lavorative che vengono a loro assegnate.

Alla fine della giornata, nonostante la stanchezza, coroniamo il viaggio con la celebrazione della Santa Messa nella chiesa centrale della sede romana della nostra Università, con il nostro Assistente Pastorale Don Luca De Santis, in occasione della ricorrenza della festa di San Giovanni XXIII, patrono del nostro collegio.

Un ultimo pensiero va alle norme che abbiamo rispettato per la pandemia da COVID-19. Vedere tutti i collegiali con la mascherina per tutto il giorno ed evitare contatti ravvicinati è stato quantomeno strano. Abbiamo però dimostrato, ancora una volta, che il collegio sono i collegiali e le relazioni che i collegiali intessono l’uno con l’altro, e che queste sono propulse in maniera essenziale dalla presenza delle persone in esse, sia pure senza strette di mano o completamente silenziose, come il grande esempio di Maria ai piedi della croce di Gesù.

*studente del quinto anno del corso di laurea in Medicina e Chirurgia