Ha 41 anni e si sta imponendo come uno dei più promettenti sceneggiatori italiani del momento. Luca Manzi, romano, una laurea in Letteratura italiana e un dottorato in Sociologia della comunicazione alla Cattolica di Milano, dove tutt’oggi tiene lezioni per il master in Scrittura e produzione per la fiction e il cinema, è senz’altro uno dei “volti noti” usciti dall’ateneo milanese. La sua carriera in piena ascesa può contare su diversi lavori importanti: dalla produzione creativa di Don Matteo 5 e il ruolo di autore in Don Matteo 6, fino all’ideazione di Boris, passando per varie produzioni Rai e Mediaset, fino a importanti collaborazioni internazionali, come quella che lo ha legato a David Seidler, sceneggiatore anglo-americano e premio Oscar 2011 per Il discorso del Re.

Proprio la collaborazione con Seidler, che Manzi ha introdotto durante la Lectio Magistralis organizzata per i ragazzi del master, ha portato a un nuovo ambizioso progetto. «È una sceneggiatura che prende ispirazione da una storia vera - racconta -. Nel 1940, un gruppo di prigionieri di diverse nazionalità rinchiusi in un campo di concentramento nazista, in Polonia, vogliono organizzare le Olimpiadi tra detenuti. Il kapò glielo vieta ma decidono comunque di mettere in piedi questa competizione, in segreto, arrangiandosi».

Da dove nasce l’idea?
«Da un articolo del Corriere della Sera che raccontava questa storia. Era il periodo precedente alle Olimpiadi di Pechino del 2008 e nel pezzo si ricordava questa vicenda: l’impresa di un gruppo di prigionieri che, per sconfiggere le sofferenze e le ingiustizie con le quali quotidianamente avevano a che fare all’interno del lager, si erano inventati questo “passatempo” che poi è diventato una vera e propria battaglia contro l’oppressione dei kapò tedeschi. Successivamente, quando andai in visita a Varsavia, ho avuto l’opportunità di visitare anche il Centro e museo dello sport nel quale sono custoditi reperti e testimonianze. Ne sono rimasto affascinato e ho pensato potesse essere un valido tema per sviluppare una sceneggiatura».

Sceneggiatura che, ancora una volta, la vedrà fianco a fianco con David Seidler. Cos’è che vi lega così tanto?
«Con David abbiamo collaborato, scrivendo insieme le sceneggiature di alcune serie e miniserie tv. Lo considero un vero e proprio maestro: mi ha insegnato molti trucchi del mestiere. È un talento puro, un vero e proprio inventore nel nostro settore, che sa trasmettere tutta la sua personalità ed energia, lavorando. Abbiamo due caratteri decisamente diversi e per questo, a volte, è difficile lavorare con lui, ma la stima che abbiamo l’uno per l’altro e la consapevolezza che, insieme, possiamo portare a termine ottimi lavori ci sprona ad andare avanti e ritrovarci sempre. Di recente realizzato anche un progetto come autore unico, un romanzo intitolato Il destino è un tassista abusivo».

Quanto il suo percorso di studi alla Cattolica si è rivelato utile nella professione?
«A differenza di quello che si possa pensare, la mia laurea in Letteratura italiana mi ha dato basi culturali e linguistiche che, se si aggiungono alle lezioni con docenti di primo livello, mi hanno dato una base di conoscenze importantissima. Le tecniche, poi, le ho imparate con l’esperienza, col mestiere».

Da questo punto di vista il master in Scrittura e produzione per la fiction e il cinema rappresenta un’ottima opportunità per tutti gli aspiranti sceneggiatori.
«È il fondamentale completamento di un precedente percorso teorico-culturale. I ragazzi diplomati al master hanno conoscenze tecniche che permettono loro di entrare nel mondo del lavoro già formati. Io ho dovuto impararle lavorando, loro dovranno solo migliorarle e personalizzarle».