Le api sono indicatori dello stato di salute di un ecosistema. Vere e proprie sentinelle dell’inquinamento ambientale. Durante l’attività di bottinamento, che si estende per diverse centinaia di metri attorno all’alveare, le operaie raccolgono, insieme a polline e nettare, anche le polveri atmosferiche, responsabili di importanti disturbi che interessano la salute umana.
 


Lo dimostra una ricerca condotta dalla facoltà di Scienze agrarie, ambientali e alimentari della sede di Piacenza dell’Ateneo. «Grazie al nostro studio abbiamo ottenuto informazioni fondamentali sul livello di tossicità di queste polveri per l’uomo, ma anche sulle principali fonti di emissione, grazie all’analisi e alla caratterizzazione delle polveri per morfologia, dimensioni e composizione chimica, ottenute utilizzando un microscopio elettronico a scansione dotato di sonda a raggi X (SEM/EDX)» spiega Ilaria Negri, ricercatrice in Entomologia della facoltà.

«Abbiamo scoperto che le api si comportano come degli “swiffer catturapolvere”, riempiendosi di PM10, ma anche di PM2.5 e di polveri ancora più minuscole, come i PM1 e i PM0.1, le temute polveri ultrasottili, oltre mille volte più piccole di un capello» aggiunge la ricercatrice. «Questi insetti agiscono come centraline mobili molto efficienti, con costi limitati e con vantaggi per l’ambiente, tra cui l’impollinazione».

Le rilevazioni sono state condotte in diverse realtà italiane, nei dintorni di inceneritori, vicino ad autostrade e cementifici. «Siamo stati in grado di analizzare le polveri emesse dalle attività umane e di capire quali sono gli step industriali responsabili delle emissioni di queste polveri».

I risultati dello studio suggeriscono anche specifiche azioni preventive e correttive che possono effettivamente minimizzare l’emissione e l’impatto delle polveri inquinanti sull’ambiente.

«Ci stiamo attrezzando per verificare anche il grado di tossicità di queste polveri per l’ape stessa» prosegue Ilaria Negri. Un insetto di forte interesse economico e da tutelare per mille ragioni. «Fortunatamente al momento non abbiamo rinvenuto tracce di presenza di PM nel miele o in altri prodotti dell’ape consumati dall’uomo».