Il Día Negro, giunto ormai alla sua nona edizione, conferma, come ogni anno, il grande interesse del pubblico contemporaneo nei confronti di un genere da molti considerato di nicchia ma che, con il passare del tempo, ha cominciato a destare l’attenzione della critica e a confermare l’elevata qualità letteraria degli scrittori che lo rappresentano. Nella seconda delle tre giornate che hanno caratterizzato questa edizione, l’ospite d’onore è stata la scrittrice spagnola Alicia Giménez-Bartlett, nota al grande pubblico soprattutto per essere la creatrice del personaggio di Pedra Delicado, singolare donna detective che, grazie all’abilità narrativa della sua creatrice, si è ben presto guadagnata un ruolo di primo piano nel panorama del romanzo giallo spagnolo attuale.

L’incontro, coordinato da Dante Liano, docente di Lingue e letterature ispanoamericane all’Università Cattolica di Milano, e da Víctor Andresco, direttore dell’Instituto Cervantes di del capoluogo lombardo, ha portato Alicia Giménez-Bartlett a rispondere a domande volte ad approfondire soprattutto il suo rapporto con i libri e la scrittura. Domande “intime” e personali che hanno cercato di comprendere e spiegare il faticoso processo di creazione che si nasconde dietro a ogni grande romanzo giallo.

Riflettendo sulla sua posizione di donna autrice di romanzi gialli, in particolare, Alicia Giménez-Bartlett ha ammesso che la presenza femminile costituisce ancora una novità in un ambiente dalla forte impronta maschile. «Spesso mi dicevano che ero la più brava scrittrice di novela negra in Spagna. E non potevo che crederci, dato che ero l’unica», ha affermato, sottolineando la necessità e l’importanza del contributo femminile al genere.

Riflettendo sulle diverse fasi del processo creativo, Giménez-Bartlett ha aggiunto: «L’essenza della vita è stare bene, lo scrivere è secondario». Per questo ha ammesso che, quando si sente troppo sotto pressione, abbandona tutto. Forte di un rapporto tanto equilibrato con la scrittura, l’autrice ha inoltre confessato di coltivare, sin da bambina, la passione per lo scrivere, considerando l’attività che svolge un esercizio necessario al suo equilibrio personale piuttosto che una necessità imposta dalle circostanze della vita: «Cerco di scrivere tutte le mattine, di ritagliarmi un numero preciso di ore per farlo», senza compiere rituali particolari, solo in compagnia dei suoi animali, quando possibile, e delle tante sigarette. Dall’intervista traspare chiaramente il suo rapporto positivo e “vitale” con la scrittura, un rapporto speciale che, tuttavia, non interferisce con la creazione letteraria: «Non mi sono creata un personaggio, non sono più eccentrica di come sono e non voglio che la mia voce appaia nei miei testi. Credo che questo dipenda dal fatto che non devo essere io a comunicare con i miei lettori, lascio piuttosto che siano i protagonisti dei miei libri a parlare di sé».

Un processo, quello della scrittura, che per Giménez-Bartlett è stato un mezzo per mettere in mostra la parte più “seria” del proprio carattere: «Una parte di me stessa è pessimista e lotta con la parte ottimista: per questo scrivere novelas negras mi ha permesso di dare spazio alla parte più seria di me». Tutto ciò non le ha comunque impedito di inserire nei suoi romanzi un tocco di humor che equilibra le due dimensioni e rende la lettura più piacevole.

L’autrice ha inoltre presentato alcune riflessioni sul suo ultimo romanzo, Donde nadie te encuentre (pubblicato in Italia da Sellerio). Il testo, che si discosta per temi e struttura dalla tradizione poliziesca, ha per protagonista un personaggio ambiguo e affascinante, la Pastora, al quale Giménez-Bartlett ha ammesso di essere particolarmente affezionata.

Grazie poi alle domande del numeroso pubblico presente in sala, Giménez-Bartlett si è espressa in merito all’attualissima polemica fra libro stampato ed e-book, sottolineando come l’uso delle nuove tecnologie non possa che essere positivo per la letteratura: «Potrà poi essere che l’e-book uccida il libro stampato, ma non ucciderà mai la letteratura» e, anzi, la commistione di tecnologie è, per la scrittrice, un mezzo con il quale far entrare in contatto le diverse arti e aumentare, in questo modo, la diffusione delle stesse.