"Ricostruire sulle macerie. La rinascita di Brescia nel secondo dopoguerra (1945-1951)" è il titolo del convegno, che si svolge mercoledì 24 aprile nella Sala della Gloria dell'Università Cattolica per fare il punto su un periodo cruciale della nostra storia, sugli anni che seguirono immediatamente la fine della guerra e che prepararono la successiva espansione economica.

Le due date sono simboliche: la fine della guerra, vissuta con una forte e gioiosa fiducia in un futuro migliore da costruire, nonostante il gravissimo carico di distruzione e di problemi economici e sociali, e l'inaugurazione della galleria, che apriva la zona nord di Brescia all'espansione urbana, primo segno dello sviluppo futuro della città. Il periodo fu studiato ampiamente a livello nazionale, ma molto meno a quello locale, se si escludono due convegni, che riguardavano però soltanto il periodo immediatamente posteriore alla Liberazione fino alle elezioni del 1948, i cui Atti furono pubblicati nel 1981 e nel 2008.

Dai numerosi interventi, che vanno dalla ricostruzione edilizia alla ricostruzione dei monumenti, dalle attività del cattolicesimo sociale alle istituzioni democratiche locali, dalla ripresa dell'agricoltura e dell'industria all'attività delle banche, fino alla ricostruzione della viabilità emerge un elemento comune: quello della rinascita. Non è casuale l'uso di questo termine, in particolare a proposito delle istituzioni democratiche, in primo luogo le amministrazioni comunali, che avevano avuto prima del fascismo un ruolo di rilievo e che ora riprendono vita. Nonostante le novità che la fine del regime prima e l'avvio della Costituzione poi avevano portato con sé, gli elementi di continuità prevalgono su quelli di rottura o di novità sostanziale: anzi gli uomini più rappresentativi del periodo prefascista svolgono ancora, almeno per gli anni Cinquanta, un ruolo significativo.

La vita politica è spesso caotica, esuberante e ricca di contrasti. In un primo momento giunte e sindaci, nominati dai partiti del Comitato di liberazione nazionale, vengono molto spesso cambiati a causa delle numerose dimissioni, dovute a contrasti interni che rendono molto vivace, ma altrettanto confusa e disordinata la vita delle amministrazioni locali. La mancanza di una vera e propria "alfabetizzazione democratica" rende le Giunte particolarmente litigiose. D'altra parte i primi passi sulla difficile strada delle regole democratiche sono particolarmente incerti e faticosi.

Con le elezioni della primavera del 1946 inizia un lento e faticoso apprendimento delle pratiche democratiche. Dopo un ventennio di dittatura i nuovi amministratori devono imparare la sintassi della democrazia, che può essere solo frutto di un tirocinio che richiede grande volontà e capacità di mediazione, anche nella contrapposizione particolarmente aspra tra i partiti, in occasione delle elezioni dell'Assemblea Costituente nel 1946 e soprattutto le politiche del 1948.

Le elezioni amministrative del 1946 e del 1951, confermano in città e in provincia il rilievo politico della Dc, erede di quel cattolicesimo popolare e sociale che neppure il regime aveva saputo completamente eliminare, nonostante l'emergere di una presenza significativa dei partiti di sinistra, destinati comunque a restare in futuro costantemente minoritari.

Ad esempio, a Brescia su 50 consiglieri eletti, 22 furono della Dc, 13 del Psiup, 12 del Pci, due del Pli e uno della Concentrazione democratica (Pri e Pdl). I risultati delle amministrative del 1951 non si discostano dai risultati nazionali che vedono un'ulteriore crescita dei partiti di centro e dunque sono contrassegnate dalla continuità, anzi dall'aumento dei comuni amministrati dalla Dc (ben 145 su un totale di 164). Con il 1951 il clima di forte contrapposizione che aveva caratterizzato anche la vita amministrativa soprattutto dopo il 1948 tra Dc e le sinistre, pur non venendo meno (lo si vede dai numerosi interventi del "Cittadino", della "Voce del popolo" e della "Verità", ma anche del "Giornale di Brescia", decisamente schierato dalla parte della Dc e su posizioni totalmente anticomuniste), si evolve verso un lungo predominio politico della Democrazia Cristiana, gestito con sapiente mediazione dal sindaco Boni, confermato dopo questa e tante altre elezioni.

Purtroppo mancano per il Bresciano, a differenza di altre province, quelle ricerche di carattere sociologico che potrebbero dire molto sulle élites politiche locali. Si può portare un solo esempio. A Brescia, dopo le elezioni del 1951, nel Consiglio sono presenti su 50 eletti ben 18 professionisti (medici, avvocati, ingegneri), tre casalinghe, le uniche donne, e un solo operaio che, contrariamente a quanto ci si potrebbe attendere, fa parte della DC.