‘C’è qualcosa di nuovo oggi nell’aria, anzi di antico’. È la famiglia, un legame affettivo e non soltanto un vincolo, una relazione tra persone che dà un’ipotesi di senso per la vita. Così l’Università Cattolica ha deciso di affrontare una questione molto delicata per la nostra società, offrendo il suo contributo in vista del VII Incontro Mondiale delle Famiglie che si terrà a Milano dal 30 maggio al 3 giugno. L’avvicinamento all’arrivo del Papa è divenuto attesa operosa e ha dato vita ad una raccolta di saggi sulla qualità dei legami familiari, da sempre oggetto di studio principe in Cattolica. Nel mondo contemporaneo in difficoltà dal punto di vista umano ed economico è decisivo tornare a scommettere sulla famiglia come risorsa per tutta la società. Anche lo Stato può agevolarne la presenza attraverso politiche che la difendano e la valorizzino.

Familiarmente il volume uscito in questi giorni, intende essere un approccio interdisciplinare alla realtà della famiglia in Italia ed uno sguardo verso le prospettive future. Il nucleo familiare è infatti snodo critico delle trasformazioni sociali in corso, e rischia di essere travolto dal relativismo imperante.

Dopo il saluto del prorettore vicario Franco Anelli e l'introduzione di Giovanna Rossi, direttore Centro di Ateneo Studi e Ricerche sulla Famiglia ha preso la parola il ministro dei Beni Culturali Lorenzo Ornaghi che ha voluto ricordare che «se la famiglia prende coscienza della propria identità diventa soggetto del cambiamento sociale, dà un senso alle trasformazioni e collabora al raggiungimento del bene comune». Come comunità di persone realizza una convivenza stabile tra gli uomini, e così supera qualsiasi contrapposizione tra società civile e comunità privata. Fin dall’inizio è luogo in cui si trasmettono valori morali e quindi contributo fondamentale alla formazione di una identità personale e nazionale.

Di fronte alla disillusione verso la natalità ci si interroga su cosa significhi essere padri e madri oggi, su quanto sia necessario avere quel padre e quella madre per diventare maturi. Perché se la soggettività è data con la nascita, la persona viene generata nella relazione familiare: è la famiglia che insegna a crescere e ad invecchiare, perché fa accedere ad un senso con cui affrontare le sfide della vita. In questo modo contribuisce anche alla civilizzazione dello Stato, soprattutto in un momento in cui esso non può provvedere a tutto con le risorse economiche. La famiglia non va sfruttata o emarginata perché altrimenti la società si toglie la terra da sotto i piedi: se si assottiglia il tempo per i rapporti umani e ci si concentra soltanto sui diritti individuali si crea un futuro inospitale per l’umanità. Per questo il titolo dell’Incontro delle Famiglie ‘La famiglia: il lavoro e la festa’ è davvero calzante. Bisogna chiedersi se famiglia e lavoro siano conciliabili, se basti l’assistenzialismo per aiutare i genitori sempre più impegnati.

Nel momento in cui nuovi problemi e nuove sfide attraversano la nostra società, in pochi sembrano ricordare che la famiglia risponde a bisogni perenni e così è il luogo della vera novità. «È una comunità resa possibile dal lavoro ma innanzitutto è scuola di lavoro - ha precisato Eugenia Scabini, docente della facoltà di Psicologia - insegna a prendersi cura di tutta la realtà attraverso la fatica e la collaborazione».

«Per uscire dalla crisi l’Italia può ripartire dalla famiglia: non un diritto formale, ma ciò che anima il paese incidendo sulla demografia, sulla qualità del patrimonio umano e sulla capacità di risparmiare», ha concluso Luigi Campiglio, docente di Politica economica. Oggi più che mai quindi la famiglia non va lasciata sola, perché rispondendo al proprio compito rende più umani gli esseri umani.