Nell'ambito della seconda edizione del World Anti-Bullying Forum, il congresso mondiale sul tema del bullismo tenutosi a Dublino all'inizio di giugno, Simona Caravita, docente della Facoltà di Psicologia, insieme alle altre autrici, Dagmar Strohmeier (Università di Linz, Austria) e Hildegunn Fandrem (Università di Stavanger, Norvegia), ha presentato il report voluto e finanziato su bando competitivo dall’UNESCO sul tema del bullismo che coinvolge bambini e ragazzi migranti. 

I dati non lasciano dubbi: dal report emerge infatti come, nei diversi Stati, giovani migranti o appartenenti a gruppi etnici minoritari abbiano una maggiore probabilità rispetto ai loro coetanei di subire bullismo. Questo accade nel 33% dei casi in Nord-America e Europa, dove il 26% dei nativi è vittima di bullismo tradizionale, mentre sul fronte cyberbullismo le stime parlano del 14% dei migranti, contro il 9% degli autoctoni. 

I risultati degli studi scientifici evidenziano inoltre come, nei casi di bullismo etnico, ad avere un ruolo cruciale sono meccanismi e processi psicologici diversi da quelli alla base del bullismo tradizionale.

In queste ultime, infatti, solitamente il giovane prepotente prevarica per ottenere l'approvazione dai coetanei e un ruolo di leader nel gruppo. Nel caso del bullismo etnico, invece, a generare le azioni sarebbe il pregiudizio verso chi appartiene a una diversa minoranza o è immigrato, e non le dinamiche di gruppo. In altre parole, si prende di mira il compagno immigrato o di differente appartenenza culturale perché percepito come il “diverso”.

I dati italiani raccolti dall’Università Cattolica a Milano e Brescia raccontano di come gli stessi adolescenti intervistati sulle cause del bullismo tradizionale ed etnico spiegano come, questo modo di agire e di giudicare l’altro come "diverso" da prendere di mira, dipenda in larga parte anche dagli adulti, i quali spesso, seppur in modo implicito, sono autori e diffusori di pregiudizio. 

Dal report risulta che i ragazzi immigrati o di gruppo etnico minoritario rischiano in misura maggiore di sviluppare problemi di comportamento quando sono vittime di bullismo, poiché questa condizione di sofferenza si associa allo stress conseguente alla necessità di adattarsi a un contesto culturale che non è quello della famiglia di origine. 

Per questo motivo i dati raccolti dal report scientifico saranno tradotti dall’UNESCO in documenti di indicazione di linee politiche da sviluppare in corretti interventi contro di questa allarmante forma di bullismo, il cui contrasto è considerato una priorità dalla stessa UNESCO.