Non tutti gli scrittori sono riusciti a farsi apprezzare sia dal pubblico che dalla critica. Jane Austen può vantare questo difficile traguardo. I suoi libri continuano a essere tra i più letti e trasposti di tutti i tempi, Pride and Prejudice in testa. Proprio di questo romanzo si è parlato nel primo incontro della rassegna “Officine della narrazione”, una serie di workshop organizzati dall’anglista della Cattolica Enrico Reggiani. «Il nome della rassegna – ha spiegato il professore – vuole richiamare il titolo del libro di Angelo Marchese Officina del racconto, in cui vengono proposte nozioni fondamentali di teoria della letteratura».

Per parlare di Orgoglio e Pregiudizio è intervenuta dall’Università della Valle d’Aosta la ricercatrice Roberta Grandi, che da anni studia l’autrice inglese tanto da aver anche scritto un libro intitolato Il corpo di Jane Austen. Dopo una breve introduzione con alcuni dati biografici sulla scrittrice e l’ambiente in cui ha vissuto, la studiosa è passata ad analizzare Pride and Prejudice secondo le categorie elaborate da alcuni teorici della letteratura.

Usando gli strumenti narratologici di Genette, Grandi ha messo a confronto la fabula, ossia l’ordine cronologico degli avvenimenti nella storia, con l’intreccio, ossia come questi avvenimenti vengono narrati nel romanzo. In particolare, quando questi due piani, il tempo della storia e il tempo del racconto, non concordano si parla di anacronia, che può manifestarsi come analessi, i salti all’indietro o flashback, e come prolessi, salti in avanti o flashforward.

Grandi, attraverso la sua analisi, ha messo in luce non solo che in Pride and Prejudice sono presenti molte analessi, ma che queste sono state inserite spesso e volentieri all’interno delle 44 lettere, vero e proprio motore dell’azione in tutto il romanzo. Questa predominanza dell’elemento epistolare potrebbe essere una traccia del fatto che in origine Orgoglio e Pregiudizio era stato pensato solo come una raccolta di lettere. È probabile che la sua prima versione, intitolata First impressions e ultimata nel 1797, fosse a tutti gli effetti un romanzo epistolare, anche se comunque gli studiosi non sono certi di questo come lo sono invece a proposito della prima versione di quello che sarebbe diventato Sense and Sensibility.

«Questo cambiamento di stile da parte di Jane Austen – ha rivelato Grandi – testimonia un’evoluzione tecnica, ma anche un mutamento nel gusto dei lettori: il romanzo epistolare stava già perdendo un po’ del suo fascino. Infatti, uno degli elementi più interessanti che troviamo nel romanzo sono i momenti di focalizzazione interna su Elizabeth Bennet non grazie alle lettere, ma grazie a quello che potremmo definire un misto tra discorso indiretto libero e monologo interiore».

La studiosa ha preso poi a riferimento per la sua analisi testuale la categoria di cronotopo, così come è stata teorizzata da Bachtin. Pride and Prejudice appare ambientato nella Georgian England di fine ’700 e inizio ’800, considerando che la prima versione del romanzo è stata ultimata nel 1797 e quella definitiva è uscita nel 1813. Sono molti i luoghi immaginari, i cui nomi vengono scelti dall’autrice per ragioni ben precise: Longbourn (“long”, lungo, e “bourn”, confine) dà l’idea di una proprietà delimitata da un ruscello; Netherfield (“nether”, inferiore, e “field”, campo) richiama topograficamente un luogo in una posizione più bassa; Meryton (“merry”, felice, e “town”, paese) fa pensare a un’allegra cittadina dove andare a divertirsi; Rosings Park evoca le rose, perché il Kent era uno dei giardini d’Inghilterra; Lambton (“lamb”, agnello, e “town”, paese) sembra alludere a una località rurale di allevatori, ma una studiosa ha scoperto che esisteva davvero una residenza chiamata così appartenuta a un’antica casata di nome D’arcy; Pemberley è un nome tipicamente anglosassone che fa venire in mente qualcosa di molto tradizionale, legato alla terra e di antico lignaggio.

Grandi sottolinea poi l’importanza della Militia per la corretta contestualizzazione del romanzo austeniano. Era in pratica una forza armata ausiliaria in attività tra il 1793 e il 1815: il suo compito era quello di fornire aiuto all’esercito ufficiale durante le guerre napoleoniche, perché era fortissimo il timore di un’invasione. La Militia era considerata un po’ di seconda classe: non poteva servire all’estero, era sottoposta a un tipo di addestramento più blando fatto di soli 28 giorni all’anno ed era costituita in larga parte da gentaglia come Wickham, che nel romanzo alla fine sposa Lydia anche perché Darcy gli promette un posto nell’esercito regolare. «La Militia – ha evidenziato Grandi – è un’indicazione precisissima del clima e del contesto dell’epoca».

La studiosa conclude il workshop sottolineando come i cronotopi oggi siano mutati, soprattutto per quanto concerne la condizione della donna nella società, per cui una trama come quella di Pride and Prejudice dovrebbe per forza subire delle modifiche nel venire riadattata ai tempi odierni. Tuttavia Grandi cita due trasposizioni cinematografiche in cui non sono stati necessari grandi cambiamenti: Pride and Prejudice. A Latter-Day Comedy, film americano del 2003, e Bride and Prejudice, film bollywoodiano del 2004. La ragione è semplice: sia nel primo film, ambientato tra i mormoni, sia nel secondo, ambientato in India, i personaggi si muovono in una società ancora fortemente legata ai valori tradizionali com’era quella in cui è vissuta Jane Austen. 

In ogni caso, anche volendo riadattare Pride and Prejudice in una società più moderna, vale quanto sottolineato da Enrico Reggiani: «I cronotopi sono mutati, ciò che resta simile sono le relazioni, quello che Greimas chiamerebbe i rapporti attanziali tra le persone». Questa è la ragione per cui Orgoglio e Pregiudizio continua ad appassionare ancora oggi infinite schiere di lettori senza smettere di rimanere attuale, perché come tutti i classici parla in maniera universale di quel grande mistero che è l’essere umano.