Di Luca Monti *

Sanremo 1969
È una sera di inizio febbraio e al Salone delle Feste del casinò sfilano cantanti, divi, operatori, pochissimi giornalisti, rinchiusi in una stanzetta dove hanno solo macchine da scrivere e un telefono a gettoni.

Conducono Nuccio Costa insieme alla Signorina Buonasera Gabriella Farinon, il direttore artistico Ezio Radaelli dietro le quinte.

Nell’anno della Luna e della strage di piazza Fontana la Rai segue l’evento della riviera sul secondo programma nazionale (oggi Rai due) per le prime due serate, giovedì 30 e venerdì 31 gennaio, il programma nazionale (Rai uno) trasmette la finale di sabato 1 febbraio.

Eco del ’68 le numerose manifestazioni, si registra uno sciopero della fame da parte di alcuni studenti che richiamano l’attenzione sui quartieri cittadini di Sanremo da riqualificare. Dario Fo e Franca Rame tengono un Controfestival a Villa Ormond. È la prima volta di Lucio Battisti come interprete che esegue in abbinamento con Wilson Pickett Un’avventura, vince la coppia Zanicchi-Bobby Solo con Zingara, gareggiano Rosanna Fratello, Massimo Ranieri, Milva, i New Trolls, Orietta Berti, Rita Pavone, Sergio Endrigo, Don Backy, 24 canzoni, come oggi, scelte tra circa 100, presentate nelle due serate 12 alla volta. I quotidiani stampano dei coupon per chi vuole fare il giurato. Alla prova delle radio il singolo vincente sarà Ma che freddo fa di Nada.

Per fare una lettura tra l’antropologia e la drammaturgia di quello che accade oggi questo affresco di 50 anni nomina inossidabili molti di quei nomi di cantanti che calcano ancora le nostre scene, perfino oggi Nada duetta con Motta, i New Trolls sono stati esclusi pur con la bellissima canzone Porte Aperte.

Sanremo 2019

È una sera di inizio febbraio e al teatro Ariston la scenografia è buia, viene creata una ampia area del palcoscenico per far risaltare i cantanti, eroi sulla scena e l’orchestra si defila sul fondo. A meravigliare le luci di Mario Catapano che disegnano paesaggi omerici, reticolati, immense profondità, liquidità marine e cieli stellati. 1.500 giornalisti si dividono in due sale stampa.

Conducono Claudio Bisio con Virginia Raffaele due guitti della commedia dell’arte che però devono attenersi almeno la prima sera a leggere molto, troppo il gobbo: sarebbe meglio se improvvisassero. Il direttore artistico Claudio Baglioni è sempre in scena.

La Rai vede tutto il palinsesto dipinto di Sanremo, da mattina a sera per cinque giorni, con piattaforme social che vedono dallo scorso anno incrementi stellari di oltre 300.000 interazioni, fenomeno più rilevante dell’anno. Infatti, mezzo secolo fa non esisteva internet. La visione in streaming su RaiPlay, 567 mila contatti, segna il 14% in più rispetto al 2018. Il boom è sui social con  quasi 3 milioni di interazioni su Facebook, Twitter e Instagram. Twitter segnala che il 5 febbraio, l’hashtag ufficiale #Sanremo2019 è stato utilizzato più di 400.000 volte.

Le canzoni parlano di cuore e amore, i cantanti parlano coi giornalisti a nastro senza soluzione di continuità, ma soltanto i più maturi e più avvezzi con diverse presenze al festival si avventurano a dire qualcosa di significativo sul presente. Come fare a mantenere una sorta di presenza di una buona resa dal punto di vista dell’udienza del pubblico?

La direzione artistica risponde al passato: una complessa operazione nostalgia. Tornano evocati il Quartetto cetra, Lucio Battisti, Pippo Baudo, Lelio Luttazzi, la Carmen di Bizet, Riccardo Cocciante, Fiorella Mannoia, Giorgia, gli omaggi indiretti al melodramma di Bocelli, il ricordo di Pino Daniele.

E il futuro? Tutto quello che ribolle sotto una superficie, apparentemente calma, viene consegnato ai cosiddetti giovani o indipendenti. I brani Argentovivo di Daniele Silvestri, Rolls Royce di Achille Lauro, oppure Dov’è l’Italia di Motta ruggiscono, brontolano, scorrono come un fiume carsico recante un disagio esistenziale intenso.
 
Non sappiamo chi vincerà, ma crediamo che come nel 1969 per un vincitore reale ve ne sarà uno alla prova delle vendite.

Un simbolo di questo festival è proprio quel trampolino che incombe sull’orchestra: nessuno si butta, nessuno osa, fa un tuffo verso il domani o l’ignoto eppure il cambiamento porta con sé inevitabilmente rischio, chiede intraprendenza, sfrontatezza e desiderio di andare, coraggiosamente consapevoli della memoria dobbiamo trovare il coraggio di aprirci al futuro.
 
* Tra i coordinatori del Master Mec - Ideazione e progettazione di eventi culturali. Tutti e tre passeranno al setaccio uno dei più attesi eventi mediatici della televisione pubblica, mostrandone criticità e punti di forza.