Non c’è dubbio che nel mondo del lavoro il cosiddetto “saper fare” serve ancora, ma oggi è sempre più richiesto il saper comunicare, lavorare in gruppo, tenere testa allo stress. insomma sono necessarie le “soft skill”, le competenze trasversali da inserire nel proprio curriculum. Ma cosa sono e perché sono così importanti? Di questo si è parlato martedì 7 luglio durante il secondo appuntamento promosso dal servizio Stage&Placement della sede di Brescia dal titolo “Your Skills, your Future”, coordinato da Mauro Balordi, direttore della funzione Stage&placement.
Le soft skill sono però molto più difficili da sviluppare rispetto alle “hard” perché sono il risultato del nostro background socio-culturale, frutto di comportamenti ed esperienze vissute, professionali e personali.

Prima di entrare nel vivo della questione, Luca Borsoni, presidente dei Giovani industriali bresciani e CEO dell’omonima Agenzia di Marketing, si sofferma sulla situazione delle aziende bresciane dopo l’emergenza Covid-19.
«Se guardiamo al primo trimestre di quest’anno si registra una battuta d’arresto di -11,5 % rispetto allo scorso anno, dopo diciassette trimestri di crescita positivi. L’impatto più forte è sull’industria manifatturiera e sull’automotive, ma ciò che è più grave è la mancanza di fiducia nel futuro, con un Governo che non sembra capire la reale situazione del Paese. E in autunno la crisi sarà davvero preoccupante, anche se la nostra provincia godrà i benefici di un’alta innovazione tecnologica, rispetto al resto dell’Italia. Gli industriali bresciani hanno anticipato la cassa integrazione ai loro dipendenti e si stanno già rimboccando le maniche come hanno fatto durante la pandemia».

Di fronte a un mercato del lavoro sempre più difficile da intercettare che cosa può fare la Cattolica per dare un vantaggio competitivo ai suoi studenti? A rispondere alla domanda è Alberto Albertini, docente nella facoltà di Scienze Linguistiche e letterature straniere della sede di Brescia e alle spalle una lunga esperienza in azienda. «Negli ultimi anni mi pare che uno sforzo in questo senso sia stato fatto, con l’esperto linguistico d’impresa, con la psicologia del lavoro, con la magistrale in Gestione del lavoro a Scienze politiche, e anche con le nuove magistrali proposte per il prossimo anno dalla facoltà di Scienze matematiche che guardano sempre di più al mondo dell’innovazione. Io ad esempio cerco di portare l’azienda in aula con i suoi protagonisti. Per quanto riguarda le famose soft skill richieste mi piace dire che rappresentano per l’80% il metalavoro ovvero quelle capacità di lavorare in gruppo, di rispondere a una catena gerarchica, di sopportare lo stress, i cambiamenti nell’organizzazione. All’estero c’è molta più osmosi fra università e azienda soprattutto nei corsi avanzati, ma le nostre università danno una formazione di base più solida».
 
Il direttore Balordi vorrebbe dare qualche messaggio positivo a chi segue online e lo chiede ad Alessandra Pace, sociologa in organizzazione e lavoro e da dieci anni in SINERGIE Italia come esperta nella selezione dei candidati. «Pur volendo essere ottimista, questa crisi sta impattando violentemente sull’Italia. I settori che stanno meno risentendo sono quello sanitario, dell’assistenza alle persone, quello chimico produttivo e farmaceutico, così come tutte quelle aziende impegnate nella sanificazione o quelle che hanno avuto la forza di riconvertirsi. È in sofferenza tutto ciò che è metalmeccanico e automotive».

Un messaggio di speranza arriva da Borsoni: «Dalle crisi nascono anche delle opportunità. Io ho vissuto la crisi del 2007 e del 2011 e questa è la terza sistemica. Ho notato che ogni volta è tutto più veloce, e così sarà anche la ripresa. Il Paese ha bisogno di una forte scolarizzazione, i laureati sono ancora troppo pochi rispetto alla media europea. La quarta rivoluzione industriale deve essere fatta con le competenze, con alti profili. Oggi più che le lingue, direi che abbiamo bisogno dell’internazionalizzazione delle persone; il mondo va visto, va interpretato, bisogna viaggiare, fare un’esperienza vera. Il vero asset competitivo è la cultura generale, quella capacità generale di conoscenze che va dal latino, alla storia, alla fisica e alla chimica e saper farle fruttare insieme. Insomma una competenza trasversale».

E quando queste ci sono, come farle emergere durante un percorso di selezione? «Le soft skill sono quelle che fanno la differenza», precisa Alessandra Pace. E per farle notare «i candidati devono imparare a parlare di se stessi poiché è quello che li rende diversi dagli altri. Devono pensare al tipo di lavoro che stanno cercando e mettere in evidenza le proprie soft skill». Per esempio durante un colloquio di lavoro «è necessario argomentare con riferimenti pratici, magari raccontando di aver giocato in squadra fin da piccolo». E poi è fondamentale «essere sinceri», che ci sia corrispondenza fra quanto dichiarato nel CV.  Ultimo suggerimento: «Continuare a coltivare sempre le proprie passioni».

Infine, per quanto riguarda la distanza fra mondo del lavoro e aziende, Borsoni invita a non rincorrere le esigenze del mercato togliendo parte dei contenuti del percorso accademico. «Non deve succedere di svuotare la formazione per andare incontro a una formazione troppo specifica. Fare gli esterofili significa tradire noi stessi. In Italia c’è tanto da riformare ma c’è anche tanto da valorizzare. Non dobbiamo snaturarci per essere come gli altri, ma valorizziamo quello che siamo» perché «nei nostri duemila anni di storia» troviamo il racconto della «nostra eccellenza».