di Clelia Furchì *

Durante l’anno accademico 2019/2020, grazie al progetto Erasmus+, ho avuto la possibilità di trascorrere nove mesi a Valladolid, una città situata al nord della Spagna, a sole due ore e mezza in pullman da Madrid. Si tratta del capoluogo della comunità autonoma di Castilla y León, è una città abbastanza grande, ma si può facilmente girare a piedi, e tutti i luoghi d’incontro più gettonati dagli studenti universitari sono facilmente raggiungibili nel centro storico.

Grazie a quest’esperienza ho avuto la possibilità di mettermi in gioco e di crescere, dal punto di vista didattico e umano. Ho migliorato la conoscenza dello spagnolo, lingua che già avevo studiato, così come della cultura della penisola. Gli esami sono impegnativi, e per questo è importante avere le idee chiare sugli obiettivi che si vogliano raggiungere, in modo da rendere ancora più stimolante il percorso. Ho avuto la possibilità di entrare in contatto più da vicino con la realtà spagnola, ma allo stesso tempo di conoscere tante culture diverse, in quanto si tratta di una città che raccoglie intorno agli 800 studenti stranieri ogni anno. È inevitabile creare legami forti che continueranno per la vita, con persone da letteralmente ogni parte del mondo.

Purtroppo, a causa della pandemia di Covid-19, l’esperienza ha subito un rallentamento. Ciononostante ho deciso di restare in Spagna per terminarla e cercare di viverla il più a pieno possibile, pur attraverso le lezioni online. È stata una decisione per nulla scontata, ma che ho preso per varie ragioni, quali l’intenzione di evitare un viaggio in qualche maniera “pericoloso” e per mettermi ancora una volta alla prova. A Valladolid, alloggiavo inizialmente in una residenza per studenti universitari che ha poi chiuso a causa dell’emergenza, e ho dovuto per questo traslocare, nei giorni appena precedenti allo stato d’emergenza, in un appartamento dove vivevano alcuni amici.

In Spagna come in Italia, si è cercato di organizzare le risorse che già erano disponibili (come la piattaforma virtuale dell’università) e altre applicazioni (Webex, Zoom) per quanto riguarda le lezioni e sostenere gli esami parziali durante il semestre, che hanno una particolare rilevanza, poiché prevale il metodo didattico denominato “valutazione continua” (evaluación continua). La situazione di quarantena ha in un certo senso aiutato lo studio, in quanto avendo molto tempo era possibile concentrarsi di più sul lavoro da svolgere, seppur non sempre le lezioni e gli esami fossero ben organizzati, e soprattutto è capitato che al momento degli esami le risorse universitarie non reggessero il carico e collassassero. In ogni caso, trattandosi di una situazione nuova non solo per gli alunni, bensì anche per i professori, questi ultimi si sono sempre mostrati disponibili.

In definitiva la situazione difficile che ci siamo trovati a vivere ha sicuramente inciso sul mio Erasmus, ma non completamente in maniera negativa, in quanto aver superato questa situazione penso potrà aiutarmi in futuro ad avere una marcia in più. È sicuramente valsa la pena restare per godersi le ultime settimane di quella che qui in Spagna chiamano “la nueva normalidad”.

È un’esperienza che ripeterei altre mille volte, perché mi ha davvero cambiata in meglio e fatto crescere, insegnandomi valori nuovi e dandomi consapevolezze importanti. La consiglio a chiunque abbia realmente voglia di mettersi in gioco per arricchire il proprio bagaglio di esperienze.

* 21 anni, di Como, studentessa del corso di laurea in Scienze politiche e delle relazioni internazionali, facoltà di Scienze politiche e sociali, campus di Milano