L’uso della mascherina ad oggi è fondamentale non trascurare l’importanza di questa misura di sicurezza per il contenimento della trasmissione del coronavirus, complementare e in nessun modo sostituibile tuttavia al distanziamento fisico, all’igiene delle mani e all’attenzione scrupolosa nel non toccare viso, naso, occhi e bocca
Da mesi – più precisamente dal 26 aprile scorso, data in cui un DPCM ha reso le mascherine obbligatorie negli spazi confinati o nei luoghi all’aperto in cui non è possibile mantenere la distanza di sicurezza (misura preventiva che è stata confermata e ampliata dal nuovo DPCM fresco di firma) – questo nuovo strumento di prevenzione è stato necessariamente integrato nella quotidianità di tutti. Indossata nella maniera corretta (su naso e bocca), fatta aderire perfettamente al volto e da lasciare il più intonsa possibile (se ne dovrebbero toccare esclusivamente gli elastici o i legacci), la mascherina è elemento fondamentale per la tutela personale e di chi ci sta attorno. È fondamentale per questo motivo essere a conoscenza delle differenze e delle eventuali restrizioni relative a questo strumento all’interno degli ambienti frequentati con regolarità, come per esempio la Fondazione per il Diritto allo Studio Universitario e la stessa Università Cattolica del Sacro Cuore.
All’interno delle Linee Guida di Comportamento presentate all’interno del Protocollo di emergenza epidemiologica da SARS-CoV-2 promulgato dall’Università si evidenzia come, durante l’accesso e la permanenza in Ateneo, sia fondamentale indossare un’idonea mascherina facciale, e che non sono autorizzate le cosiddette “mascherine di comunità”. Con questa definizione vengono indicate, all’interno del DPCM del 26 aprile, le «mascherine monouso o mascherine lavabili, anche auto-prodotte, in materiali multistrato idonei a fornire un’adeguata barriera e, al contempo, che garantiscano comfort e respirabilità, forma e aderenza adeguate che permettano di coprire dal mento al di sopra del naso»; queste si differenziano chiaramente dalle mascherine chirurgiche e dai facciali filtranti (noti anche come mascherine FFP2 e FFP3), sviluppate per essere utilizzate in ambiente sanitario e certificate in base alla loro capacità di filtraggio. A differenza di queste ultime, che funzionano impedendo la trasmissione del virus, le mascherine di comunità non possono e non devono essere considerate né dispositivi medici né dispositivi di protezione individuale, bensì una misura igienica utile a ridurre la diffusione del virus SARS-COV-2.
Anche EDUCatt, facendo tesoro dell’importante differenza tra gli strumenti di prevenzione, ha messo a disposizione della comunità universitaria uno strumento innovativo e adeguato alle necessità, senza dimenticare l’importante (e purtroppo al momento accantonato dai più) elemento dell’ecologia e del riciclo. La Fondazione, grazie al supporto dei suoi partner, si è premurata di concepire e mettere a disposizione una mascherina differente dalle altre, originale e di notevole impatto per la prevenzione personale e per l’ambiente. Si tratta della mascherina monouso in carta PaperSafe, riciclabile al 100 per cento.
Equivalente alle mascherine chirurgiche di classe II (dunque con un’efficacia di filtrazione batterica superiore al 98%), PaperSafe è realizzata in pura cellulosa e fibra di cotone, con l’aggiunta di additivi batterici; di fattura interamente italiana, questa mascherina atossica, anallergica e filtrante impedisce al virus di sopravvivere e nel contempo ne contrasta la diffusione, prevenendo inoltre irritazioni della cute. PaperSafe, prodotta in conformità alle direttive contenute nella normativa UNI 14683 per caratteristiche di filtrazione, traspirabilità e biocompatibilità, una volta rimosso l’elastico (che può essere recuperato e riutilizzato) è interamente riciclabile nella carta.
La mascherina è in distribuzione presso il Container.9 a Milano e a richiesta per la comunità universitaria ed è parte del kit – in fase di distribuzione – di raccomandazioni per i collegiali di tutte le sedi.