di Giorgio Colombo *
Qualcosa rimarrà come prima? O tutto sarà stravolto. Fare congetture sul futuro in tempo di pandemia non è facile. Rispondere sul piano politico vuol dire cercare di capire quale destino avrà la democrazia e quale sistema economico istituzionale sarà predominante dopo l’emergenza sanitaria, sociale ed economica causata dal Covid-19.
Un dato da tenere a mente per provare a capire quali saranno i futuri scenari è che l’emergenza coronavirus è stata gestita meglio nei Paesi in cui c’è «un rapporto di fiducia tra governo, istituzioni, scienza, autorità sanitarie e opinione pubblica» spiega il giornalista Gianni Riotta, mentre dove c’è stato un tentativo di affrontare la pandemia politicizzandola in modo divisivo le conseguenze sono state spesso drammatiche. Dunque come la fiducia dei cittadini nelle istituzioni democratiche è stata fino a ora determinante per un’efficace gestione dell’emergenza Covid, così – sostiene ancora Riotta – nei mesi futuri sarà la fiducia nella stessa democrazia a dipendere dalla buona gestione della pandemia.
Dal punto di vista economico - è la tesi del professor Raul Caruso, coautore con il professor Damiano Palano, de Il mondo fragile. Scenari globali dopo la pandemia, Vita e Pensiero, 2020 - il coronavirus ha aumentato esponenzialmente la domanda e la percezione di necessità di beni pubblici, siano essi la sanità o l’istruzione: ne deriva una maggiore centralità dello Stato e dunque una sua maggiore esposizione all’opinione pubblica, che lo esalterà o lo condannerà a seconda di quanto gli effetti dell’inevitabile crisi economica saranno ammortizzati dai governi. Proprio i governi dovranno essere capaci di ripensare a un modello di sviluppo economico, cogliendo la tragica occasione di una pandemia globale per imprimere una sterzata in materia: centrale potrebbe essere una svolta verso un’economia più verde e sostenibile, suggerisce l’Europa, indicando il Green New Deal come «il vero modello del futuro».
A questo sistema con molte incognite, si aggiunge un altro evento che si presta a essere letto come un vero e proprio spartiacque per il destino del sistema politico internazionale e della globalizzazione. Le elezioni presidenziali che si terranno negli Stati Uniti il 3 novembre prossimo saranno, infatti, fondamentali per decidere l’assetto delle relazioni internazionali: per Riotta e Caruso un’eventuale vittoria di Donald Trump porterebbe a un ulteriore indebolimento del multilateralismo e delle organizzazioni internazionali come le Nazioni Unite; al contrario, la sconfitta del presidente uscente significherebbe una probabile ripresa degli sforzi politici per il multilateralismo, la cui fruttuosità dipenderà in buona parte dal ruolo che sarà in grado di ricoprire l’Europa.
Tutti questi temi – la tenuta delle istituzioni democratiche, il nuovo sistema economico e le relazioni internazionali future – evidenziano «quanto siano fragili le democrazie in questo momento», come dice Riotta. Tanto fragili da porre in discussione l’assetto politico mondiale post 1989 e mettere ancora di più in dubbio il concetto di fine della storia.
* studente del terzo anno corso di laurea triennale in Scienze politiche e delle relazioni internazionali, curriculum Istituzioni e relazioni internazionali, facoltà di Scienze politiche e sociali