Una carriera costruita tra l’Italia e Londra, iniziata durante gli anni universitari cogliendo l’opportunità di partecipare a diversi progetti e soggiorni all’estero offerti dall’Ateneo, stimolato dall’interesse nei confronti dei contesti internazionali.
È la storia di Alberto Pagani, laureato in Scienze linguistiche per le relazioni internazionali, che oggi svolge la professione di Account Manager per l’italiana Atlas Concorde, azienda tra i leader mondiali nel settore degli arredi in ceramica e gres porcellanato. 

Alberto parlaci del tuo lavoro e di cosa ti occupi quotidianamente.
La mia giornata lavorativa è scandita dai diversi meeting con architetti e studi di design a cui propongo i prodotti del brand Atlas Plan: gres porcellanato la cui superficie simula le venature del marmo o look tinta unita, utilizzati per realizzare cucine, tavoli, bagni e rivestimenti sia a pavimento che a parete. Si tratta di progetti destinati sia all’ambito residenziale che ad ambienti del settore hospitality (bar, ristoranti, alberghi). Successivamente lo studio di progettazione mi trasmette le coordinate del progetto ed io fornisco loro l’eventuale quotazione/valore della realizzazione qualora scelgano di effettuarla con i nostri materiali. Per il 95% del mio tempo vivo e lavoro a Londra e nel sud dell’Inghilterra, in più capita di dovermi spostare in occasione delle fiere di settore che si svolgono nel mondo.

Quali sono gli step che ti hanno portato dove sei oggi?
L’inclinazione a viaggiare all’estero è nata durante i primi anni universitari. Ho iniziato aderendo al programma Overseas proposto dall’Università, grazie al quale ho vissuto e studiato 6 mesi a Porto Rico. L’Erasmus, sempre tramite la Cattolica, mi ha permesso di passare un intero semestre a Lisbona, la tesi di laurea l’ho scritta a Barcellona, mentre col progetto Internship Abroad proposto dall’università ho fatto il tirocinio presso la Camera di Commercio di Santo Domingo. Successivamente ho completato il mio percorso di studi con un master biennale in relazioni internazionali a Bruxelles, e un anno a Sidney col servizio civile all’estero, fornendo assistenza agli italiani giunti in Australia. Rientrato in Italia sono stato assunto nel ruolo di Commerciale estero per una azienda bergamasca nel settore marmo, ho così potuto viaggiare in Paesi come Iran, India, Algeria e muovere i primi passi nel mio settore merceologico. Poi si è presentata l’opportunità di effettuare un colloquio per il mio attuale posto, ed eccomi qua.

Cosa è cambiato nel tuo settore alla luce della questione Brexit?
A me personalmente non molto, ad esclusione dei disagi causati dalla maggiore burocrazia oggi necessaria. Certo, la combo Brexit-Covid sta facendo registrare ripercussioni sul tipo di figure professionali che si trasferiscono a Londra, con la diminuzione, ad esempio, dei molti lavoratori che arrivavano per operare nel settore hospitality. Tuttavia se si hanno competenze linguistiche certificate è molto più facile inserirsi o rimanere inseriti nel mondo del lavoro ed ottenere così i permessi di soggiorno necessari. Una professione qualificata, infatti, è un ottimo veicolo su cui puntare per trasferirsi stabilmente con successo in Inghilterra.

Quali delle competenze acquisite sui banchi dell'Università Cattolica ti porti appresso nella tua attuale professione e quali invece è necessario continuare ad aggiornare?
Indubbiamente si è rivelata utile l’ottima preparazione ricevuta a livello di competenze linguistiche e grammaticali, fondamentale se si aspira ad un lavoro di un certo tipo. Il vocabolario tecnico o di tipo business relativo a ciascun settore - nel mio caso legato al segmento ceramica e arredi – lo si aggiorna lavorando. È molto importante che apprendimento sui banchi e perfezionamento sul campo siamo visti come complementari.

Hai qualche consiglio per gli studenti che vorrebbero intraprendere un percorso similare al tuo?
Quello che consiglio, soprattutto nei primi anni del percorso di studi, è di lanciarsi, non essere timidi o titubanti. Le lingue non sono il fine ultimo, bensì un mezzo con cui lavorare. Per questo è molto importante cogliere il maggior numero di possibilità offerte per abbinare lo studio ad esperienze formative internazionali: queste ultime rappresentano un plus nel mondo di oggi. Occorre sfatare il mito del “se vai in Erasmus rischi di rimanere indietro con le sessioni d’esame”. Al di là del fatto che non è vero poiché io ho sostenuto molti esami all’estero portandomi dunque avanti sulla tabella di marcia, ma è importante considerare come le esperienze all’estero rendano più aperti, recettivi e predisposti a lavorare con interlocutori e controparti straniere. E questo fa la differenza nel curriculum.