Un mondo di vecchi e di pensionati. Dove l’Italia spicca per presenza di anziani e aumento dell’aspettativa di vita. Basta guardare gli ultimi dati Ocse: nel 2050 nel nostro Paese ci saranno 74 persone al di sopra dei 65 anni per ogni 100 persone di età compresa tra 20 e 64 anni (rispetto al 38% di oggi), diventando uno degli stati più vecchi assieme a Giappone e Spagna.

Eppure gli anziani più che un problema, potrebbero rappresentare una risorsa strategica. Considerati da sempre l’anello debole della società e del welfare, potrebbero essere alla base di una svolta epocale proprio nel campo della salute e dell’assistenza sanitaria, con ricadute positive sia sulla produttività degli individui nel mercato del lavoro, sia dei singoli all’interno della famiglia. In questo contesto l’invecchiamento attivo assume un ruolo cruciale, ponendo nello stesso tempo in primo piano alcune questioni di non poco conto. Per esempio, quella della sostenibilità finanziaria dei sistemi sanitari e previdenziali, che devono saper combinare l’esigenza di ridurre i costi con politiche sanitarie e sociali in grado di rispondere alle esigenze di una popolazione che invecchia. Come pure non è da sottovalutare la riduzione delle prestazioni e l’estensione della vita lavorativa degli individui, in assenza di adeguata prevenzione e corretti stili di vita, incrementano l’esposizione dei soggetti al rischio di disabilità e cronicità compromettendo la qualità della vita per i più anziani.

Rischi e opportunità dell’aumento della longevità della popolazione saranno al centro delle tre giornate di studio, promosse dalla Fondazione Ferrero di Alba nell’ambito dell’accordo quadro stipulato con l’Università Cattolica, dal titolo “Invecchiamento di successo 2017: ageing opportunities” e in programma giovedì 9, venerdì 10 e sabato 11 novembre ad Alba. Alla tre giorni, cui interverrà anche il Rettore Franco Anelli, prenderanno parte i docenti dell’Ateneo Lorenzo Morelli, Roberto Zoboli, Walter Ricciardi (attualmente alla guida dell'Istituto superiore di Sanità), Roberto Bernabei, Claudio Lucifora. In particolare, sarà quest’ultimo a mettere in evidenza la relazione tra invecchiamento, pensionamento e domanda di servizi sanitari utilizzando le informazioni tratte dalla Survey of Health, Ageing and Retirement in Europe (SHARE) e confrontando l’esperienza in diversi paesi europei.

Secondo il professor Lucifora il pensionamento incide significativamente sulle decisioni di investimento in salute e prevenzione degli individui. Anche perché dopo la pensione i soggetti si recano di più dal medico e, indipendentemente dalle proprie condizioni di salute, “si curano di più”. In particolare l’aumento risulta più pronunciato per quei lavoratori che prima di ritirarsi dal mercato del lavoro avevano ritmi di lavoro molto intensi, orari di lavoro prolungati e, più in generale, “poco tempo” per curarsi.

Questo effetto è trainato principalmente dagli uomini, mentre le donne presentano una maggiore consuetudine e regolarità nel ricorso ai servizi sanitari sia prima, sia dopo il pensionamento. Emerge quindi, soprattutto per alcuni gruppi di lavoratori, la difficoltà a seguire un adeguato piano di cura e prevenzione dello stato di salute durante la vita lavorativa, mentre dopo il pensionamento la maggiore disponibilità di tempo libero innesca un meccanismo di “aggiustamento” al livello di salute desiderato attraverso un maggiore ricorso alle visite dal medico e ai servizi sanitari.