La terza missione dell’Università Cattolica e le sue origini, passando dalla storia del suo fondatore Agostino Gemelli ai giorni nostri con le testimonianze dei laureati. È stato questo il tema protagonista della seconda sessione di lavoro del seminario di Teologia in corso in questi giorni a Matera, dove sono riuniti i cinquantatré docenti di Teologia e assistenti pastorali dell’Ateneo. Un dibattito, quello di martedì 10 settembre, che ha ripercorso i tratti salienti di “una storia che sa di futuro” per capire «come il patrimonio di quasi un secolo di vita costituisca oggi una straordinaria risorsa per uno sviluppo ancora più incisivo della terza missione», ha detto l’assistente ecclesiastico generale monsignor Claudio Giuliodori aprendo i lavori.
 
A moderare gli interventi è stato don Piero Davide Guenzi, docente di Teologia in Cattolica e presidente Teologi Moralisti, che, prima di introdurre i relatori, ha ribadito il contributo dell’insegnamento della teologia alla Terza missione in quanto «sapere dell’intero» e pertanto preziosa «risorsa per tutte le discipline».  

È toccato al professor Mario Taccolini, prorettore Università Cattolica, offrire un quadro storico della Terza missione dell’Ateneo utile per comprenderne le sue “ragioni remote”. «Nello Statuto del nostro Ateneo è possibile rintracciare in più articoli tale impegno che l’Università desidera assumersi. Già nell’articolo 1 si legge infatti: “L’Università Cattolica, secondo lo spirito dei suoi fondatori, fa proprio l’obiettivo di assicurare una presenza nel mondo universitario e culturale di persone impegnate ad affrontare e risolvere alla luce del messaggio cristiano e dei principi morali, i problemi della società e della cultura”». 

In conformità alla sua configurazione, ha spiegato il professor Taccolini, la Cattolica «partecipa attivamente alla vita culturale e sociale secondo un approccio geografico che può essere ricondotto a tre cerchi concentrici»: le numerose attività rivolte ai territori attraverso le sue cinque sedi; le molte attività di Terza missione che riguardano l’intero Paese, per esempio il contributo al dibattito nazionale su temi centrali quali la vita, la famiglia, il modello economico, la tutela dei beni culturali;  il cerchio più ampio dell’aspetto internazionale, con le molteplici iniziative riconducibili alla cooperazione.  

Questo perché il fine dell’Università Cattolica «è quello di porsi come fattore di trasformazione sociale e catalizzatore dell’innovazione», ha affermato il professor Taccolini, ispirandosi ad alcuni criteri-guida: il radicamento della propria identità, l’imprenditorialità diffusa, la valorizzazione dei risultati della ricerca scientifica, il rapporto con le imprese, gli enti del terzo settore e la pubblica amministrazione, l’incentivazione del life long learning, lo sviluppo della creatività, la promozione della sostenibilità, solo per citarne alcuni. 

Per questo ha suggerito il docente di Teologia Claudio Stercal - il cui intervento è stato letto da don Guenzi – bisogna tener presente che «esistono molte modalità con cui la Terza missione prende forma, non tutte ancora pienamente riconosciute o inserite in procedure standard da parte delle università». Di qui la necessità di parlare di una Quarta missione, che «costituisce il senso stesso dell’Università come bene comune per il bene comune e che struttura in modo dinamico il rapporto fra le differenti missioni. Il bene comune chiede un impegno politico delle istituzioni. La quarta missione è perciò la missione politica. In questa direzione ci si interroga sulla dimensione politica dell’Università e sul ruolo degli intellettuali come coscienza critica». 

Sulla funzione critica che le università possono svolgere nella società si è soffermato anche Ernesto Diaco, direttore dell’Ufficio Nazionale per l’educazione, la scuola e l’università della Cei, ponendo l’accento su due questioni centrali: il rischio delle Università di essere solo funzionali al sistema e l’idea di umanità cui s’ispira il modello che si sta disegnando per il futuro. La risposta a queste provocazioni, ha detto Diaco, arriva dalla Populorum Progressio di Paolo VI: se è vero che oggi il “mondo soffre per mancanza di pensiero”, il compito delle università cattoliche è ovviare a questa mancanza coltivando la mente e avendo uno sguardo più lungo che aiuti a leggere il presente. 

La parte conclusiva del dibattito è stata arricchita dalle testimonianze e dagli interventi di tre “alumni” dell’Università Cattolica – Elisa Messina, Silvio Grassi, Giovanna Quarto – introdotti da Giovanni Marseguerra, delegato del rettore per l’Offerta Formativa.