Non ci sono due crisi separate, una ambientale e un’altra sociale, bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale. E la pandemia ha messo in evidenza ancora di più che ambiente, lavoro e salute sono strettamente collegati. Ne sono convinti i relatori che hanno animato l’evento “Il pianeta che speriamo” che ha presentato l'Instrumentum Laboris, in preparazione della 49esima Settimana Sociale dei Cattolici Italiani che si terrà a Taranto dal 21 al 24 ottobre 2021.

 

 

«L'eco sulla Laudato si’ e sugli stimoli che essa esprime non si è spenta» ha detto il rettore Franco Anelli nel saluto introduttivo. «L’Enciclica ci ha insegnato un approccio integrale ai temi di carattere ambientale e ci ha dato una soluzione che attiene al profondo ei rapporti umani, a un’origine antropologica, che deve riprendere la sua dimensione di solidarietà. Il lavoro delle Settimane Sociali è estremamente importante ed è simbolico che queste si tengano a Taranto, un simbolo della situazione problematica tra realtà industriale e ambientale. È necessaria una rivoluzione epistemica ovvero un nuovo approccio alla conoscenza, uno dei compiti da cui le Università non possono sottrarsi».

Secondo il vescovo monsignor Claudio Giuliodori, assistente ecclesiastico generale dell’Ateneo, la presentazione dell’instrumentum Laboris è un’occasione speciale per la Cattolica, nell’anno del suo centenario. «È un modo per sottolineare il radicamento dell’Ateneo nel mondo ecclesiastico e sociale e uno strumento utile per fermentare il dibattito, ma anche uno stimolo ad arricchire la nostra ricerca e la nostra didattica. Si apre oggi un laboratorio permanente su quanto stiamo vivendo e quanto la realtà irrompe nei processi culturali e sociali». 

Tocca al preside della facoltà di Scienze politiche e sociali Guido Merzoni, sollecitare il dibattito fra i relatori, ricordando l’importante ruolo di riflessione culturale dell’ateneo. Un compito globale per un cambiamento d’epoca. Per questo occorre trovare idee che sappiano parlare al mondo e allo stesso tempo un linguaggio superiore che lo guidi.

«Un legame stretto quello della Cattolica con le Settimane sociali che risale ai tempi di Giuseppe Lazzati» ha ribadito monsignor Filippo Santoro, arcivescovo di Taranto e presidente del Comitato per le Settimane Sociali. «Partiamo da qui perché è necessaria una rivoluzione culturale, poiché chi fa cultura deve metterci un impegno particolare. Sono vescovo di Taranto dal 2012, e so quanto sia difficile il rapporto fra la difesa della salute e dell’ambiente, con la difesa del lavoro e dello sviluppo economico. Con la pandemia questo equilibrio è diventato un problema globale e ci invita a realizzare un passaggio dall’individuo alla comunità». Secondo il vescovo pugliese ci vuole qualcosa che faccia accadere questo passaggio e per questo è necessario lo sforzo di tutte le istituzioni culturali. 

«Serve una conversione culturale e di atteggiamento, dove la persona è tale se si prende cura delle ferite del prossimo. Come può avvenire questa conversione? Nell’Instrumentum Laboris diamo degli spunti per fare questo e il tema della sostenibilità è ribadito in ogni aspetto ed è interconnesso a molti problemi. È necessaria una conversione epistemica che si concretizza in un’analisi multidisciplinare e integrata. La prospettiva è quella di dialogare con tutto, ma mettendo in evidenza la musica del vangelo e declinandola in un linguaggio per tutti».

Si sente il bisogno di dare risposte alla realtà che ci interroga, di andare incontro all’altro, alla conversione epistemica. Una proposta di lavoro arriva dal documento presentato oggi e riassunto dal professor Mauro Magatti, docente di Sociologia e segretario del Comitato delle Settimane Sociali. E spiega come la Laudato si’ abbia lo stesso significato paragonabile alla Rerum novarum per la questione industriale e della questione operaia.

«Essa parla di un mondo che ci interpella e di quello che deve ancora arrivare e ci invita a una rivoluzione epistemologica, a guardare in modo diverso la realtà. Dobbiamo adottare lo sguardo cattolico dell’insieme e avviare dei processi di cambiamento per immaginare un mondo diverso, sfidando dove è necessario i poteri costituiti. A patto che la transizione ecologica sia vera e senza scaricarla sui poveri. Inoltre questa urgenza deve essere di tutti, di popolo. Per questo è necessario coinvolgere le diverse istituzioni, collaborando con le imprese e con il mondo ecclesiale. A Taranto ci sarà valore se avremo camminato insieme». 

Rileggendo le buone pratiche proposte dal documento di lavoro il professor Roberto Zoboli sottolinea come sia poco marcato il rapporto con la politica e le istituzioni, mentre è evidente un processo che parte dal basso. C’è bisogno di una complementarità fra i due processi: le politiche hanno scarse idee su cosa vogliamo essere e dove vogliamo andare, per questo serve un’interazione e un dialogo fra le parti. Zoboli ne ricorda anche i rischi, quale per esempio le piccole e medie imprese che non riescono ad adattarsi al green deal come le grandi aziende che stanno già puntando a una riconversione ecologica. Bisognerà sorreggere le equità e i perdenti di queste transizioni; intravedo troppo opportunismo verde che danneggia le imprese veramente green. Su questo rischio la ricerca deve avere un ruolo perché ora non sta aiutando le persone a discernere».

Un altro aspetto evidenziato da Zoboli è quello del rapporto fra i giovani, definiti “nativi green”, e una società di anziani che non investe su processi di conversione ecologica. Per questo dobbiamo far sentire la voce della conversione ecologica sul grande pubblico.

«Qual è il pianeta che io spero? Che speriamo?» si chiede la professoressa Simona Beretta, direttrice del Centro di Ateneo per la Dottrina Sociale della Chiesa. «Una casa per ciascuno e per tutti. Una casa che rappresenta uno spazio materiale come il pianeta. Una casa è anche uno spazio di relazioni (spesso non facili), oltre che di cose. È la casa uno spazio con una dimensione simbolica: mi dà il senso di chi sono. La destinazione universale dei beni c’è sempre stata e riguarda proprio la casa. La Laudato si’ ci dice che abbiamo troppi mezzi per scarsi e rachitici fini. Il compito delle Settimane sociali è fare vivere nella concretezza delle esperienze sperimentate e comunicate queste concezioni della casa comune che va curata».