di Roberto Brambilla
Il mondo sta cambiando in fretta, e con esso il lavoro. A pagare il prezzo dell’incertezza sono soprattutto i giovani, che ormai da anni faticano a trovare il primo impiego. Chi sta per affacciarsi al mercato del lavoro deve essere pronto non solo a cogliere le occasioni o – come dicono spesso i genitori – a “sapersi adattare”. Occorrono innanzitutto gli strumenti giusti, in primis una buona formazione, che sviluppi competenze e punti ad allenare le persone al cambiamento.
Se è vero che il 65% degli studenti attuali farà un mestiere che ancora non è stato inventato, è importante prepararsi oggi alle sfide di domani. Come? Non solo accrescendo la familiarità con tecnologia e digitale, e con le nuove dimensioni di una società in mutamento. Quello che deve cambiare, in particolare, è il modo di apprendere, di affrontare lo studio, di restituire agli altri quello che si impara, anche attraverso il lavoro di squadra e un approccio multidisciplinare.
I master universitari rappresentano da questo punto di vista una concreta possibilità per laureati e giovani professionisti. Ci sono almeno cinque vantaggi nel frequentare un percorso postlaurea.
1. Si è costretti a mettersi in gioco. Difficile stare in un master come si sta in gruppo al Giro d’Italia. I piccoli numeri della classe lo impediscono. Nei master si lavora attivamente, vengono affidati progetti, sono indicate scadenze. Viene richiesto a ognuno un contributo originale del quale, per forza di cose, beneficia tutto il gruppo dei partecipanti. Si crea un vero e proprio learning environment, di cui si diventa presto attori protagonisti, e non solo semplici comparse.
2. Nei master si è spronati a uno studio finalizzato. Mentre l’insegnamento disciplinare e metodologico sono l’oggetto dei corsi di laurea, che mirano a un’educazione integrale della persona, la formazione avanzata si pone un altro obiettivo: l’elaborazione e trasmissione di competenze trasferibili ai diversi ambiti professionali e ai vari ruoli organizzativi. Questo consente di approcciarsi in modo concreto e pragmatico alla realtà e alle dinamiche del lavoro.
3. Come avviene nelle aziende e nelle organizzazioni, nei master le persone sono chiamate a collaborare. L’impostazione delle attività formative è tale, da favorire sempre uno scambio di idee e di esperienze. Spesso i gruppi sono formati da persone di diversa provenienza geografica, cultura, età, background accademico. Nel lavoro di squadra si imparano il rispetto, la valorizzazione delle differenze, la negoziazione, la capacità di guidare e quella di seguire.
4. Diversi sono gli attori e ricchi gli incontri che si profilano all’interno di un master. Docenti, professionisti, testimonial, compagni di corso, alumni: ognuno di essi costituisce lo snodo di una fitta trama di rapporti, che può di fatto intensificare i contatti con il mondo del lavoro. Una rete da tessere e sviluppare, più che un paracadute con cui garantirsi.
5. Infine, lo scopo ultimo. Un lavoro da cercare. Inutile negarlo: si investe per un guadagno. Il master non risolve di per sé il problema del lavoro, ma mette i soggetti in grado di cercarlo diciamo… da un punto di partenza privilegiato. In alcuni casi, questa ricerca può essere favorita, stimolata, alimentata dall’ambiente che si crea nel corso. Resta comunque un lavoro personale da intraprendere, che nessuno può delegare o appaltare.
Questo è il master. Un investimento in capitale umano, in grado di portare benefici alle persone e alla società, garantendo una crescita sostenibile e occupazione. Le università, con il loro impegno educativo, partecipano a questa sfida e a questa missione.