Migliorare la qualità dell’aria negli ambienti arrivando anche a ridurre le poveri sottili. Grazie alle piante. È l’ambizione del progetto di ricerca avviato da Luigi Lucini, ricercatore dell’Istituto di Chimica agraria e ambientale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, sede di Piacenza, in collaborazione con l’Associazione Florovivaisti Bresciani.

«Il progetto vuole utilizzare alcune specie vegetali per migliorare la qualità dell’aria all’interno e intorno agli edifici e alle strutture» afferma Lucini. «In particolare, consiglia la costruzione di angoli o pareti verdi che hanno l’effetto miracoloso di ridurre del 30 per cento l’inquinamento urbano. I giardini verticali sono la risposta più efficace ai problemi che affliggono le città moderne, offrendo una protezione naturale dallo smog e permettendo risparmio energetico ai fini del riscaldamento e del raffrescamento degli ambienti».

Quali danni causano i composti organici volatili (Voc) quando raggiungono gli ambienti indoor attraverso fonti interne ed esterne? «Per inquinamento indoor si intende la presenza di composti chimici, fisici oppure biologici nell’aria di ambienti confinati, cioè in quei luoghi dove si svolgono attività di lavoro, svago e riposo. In condizioni drastiche può manifestarsi una patologia chiamata Sick building syndrome (SBS), a causa della quale gli occupanti di un edificio presentano reazioni allergiche legate al tempo passato in quel determinato ambiente. In genere, anche concentrazioni piuttosto basse di composti organici volatili causano problemi seri per l’organismo».

Le piante sono state proposte come un efficace ed economico mezzo di contenimento della concentrazione dei Voc. In che cosa consiste questo effetto benefico? «I meccanismi naturali messi in atto dalle piante per proteggere l’ambiente sono diversi. Il più diffuso è il cosiddetto “sequestro”, cioè il tentativo di intrappolare gli inquinanti aerodispersi nelle cere epicutilari che rivestono le superfici del vegetale. Altri procedimenti prevedono la metabolizzazione dei composti organici volatili oppure la loro degradazione mediante un consorzio tra i microorganismi e l’apparato radicale della pianta. Gli effetti benefici si manifestano dopo poche ore e consistono nella depurazione dell’aria dal fumo e nell’attenuazione degli effetti delle radiazioni emesse da televisioni oppure schermi dei pc».

Una strategia già adottata da uno studio pioniere della Nasa negli anni Novanta per stazioni spaziali. In che modo vi siete ispirati al progetto? «Gli scienziati dell’agenzia americana hanno risolto con un’applicazione semplice il problema della qualità dell’aria presente nelle stazioni spaziali. La Stazione Spaziale Internazionale dispone di un raffinato sistema che, oltre a fornire ossigeno, previene l’accumulo delle sostanze tossiche prodotte dall’equipaggio. Per trovare una soluzione efficace, gli studiosi hanno individuato alcune specie vegetali e tre molecole modello - benzene, tricloroetilene e formaldeide - capaci di rimuovere quasi completamente gli inquinanti».

Quali sono le applicazioni future del progetto? «Vorremmo trovare una soluzione adatta a contenere gli effetti dell’inquinamento termico. Questo tipo di inquinamento comporta, nei mesi invernali, un aumento delle spese di riscaldamento e un maggiore rilascio di anidride carbonica nell’atmosfera. Viceversa, nei mesi estivi, richiede un uso eccessivo dell’aria condizionata e produce un elevato impatto ambientale. Diversi esperimenti condotti in Norvegia e in Finlandia hanno mostrato come alcune specie arboree siano in grado di eliminare le polveri sottili».