di Aleandro Laudadio

Trovarsi nel buio fa sorgere domande dentro chi si muove in questa dimensione alternativa e poco esperita. Ma il buio riguarda il nostro profondo e in esso possiamo metterci in gioco, scoprire un altro modo di rappresentare il mondo. Non un mondo sconosciuto, ma quello reale. Il buio provoca sbalzi mentali, ci induce a fare riflessioni per reinterpretare il mondo, questo mondo. Confrontarsi col buio, però, non significa emulare l’esperienza di un non vedente, ma provarne una di tipo sensoriale, in una dimensione diversa. 

Non restiamo immobili, inermi, in assenza di luce, perché mettiamo in moto altri meccanismi e la nostra sensorialità emerge nella sua completezza. Agire nel buio non corrisponde a un non vedere, bensì a un modo altro di vedere. E il vedere ha diversi significati: non è solo l’azione meccanica, ma è anche conoscere, sapere, far proprio, capire, comprendere, entrare concretamente nella realtà. Lo ricorda Giancarlo Abba, docente del laboratorio “Problematiche educative per persone non vedenti”. 

Incontrare il buio è una scoperta del nuovo e suscita in noi la domanda e il conseguente riconoscimento del vero valore della parola. Perché è la parola l’elemento che media la comprensione del mondo, quel mondo che nell’oscurità non cogliamo sensorialmente. È nell’assenza della vista, nello spaesamento dovuto a questa dimensione inedita, che la parola, che ci conduce fuori dal convenzionale e dal consueto, assume un’esaltazione totale. 

Sia in condizione di buio che di non buio, la parola rimane essenziale: quando manca, permane il gesto, altro strumento di relazione con il reale; nel fare qualsiasi esperienza al buio, si perde l’attinenza all’abitudinarietà dei gesti. Ma la parola è anche altro, soprattutto altro: è incontro, riconoscimento; è il buio, infatti, a postulare l’incontro con l’altro attraverso la parola. E a quel punto, allora, il dialogo con l’altro diviene fondamentale: si verifica un “parallelismo dei mondi sensoriali”. 

La dimensione del buio, dunque, valorizza l’ascolto, a cui si coniuga il silenzio con la sua incommensurabile potenza. Il silenzio è esso stesso un componente del buio. Abba lo definisce «un udito ulteriore che non è il nulla, ma un qualcosa di pieno», che ci consente di percepire anche il più lieve mormorio, e aggiunge: «È necessario il silenzio per dare sfogo al desiderio dell’ascolto e dell’essere ascoltati. Bisogna dunque educarsi al silenzio, educarsi a coglierlo nella vita quotidiana. Il buio ci porta a far domande che però non contengono già una risposta. La domanda che ci si pone al buio è sull’atteggiamento, sul comportamento che si deve tenere».

Un’altra conseguenza di un viaggio nel buio è la divergenza, ovvero un obbligo a ripensare, a riformulare in maniera diversa, dal momento che sparisce la sovrabbondanza di realtà derivante dalla vista. A questo proposito, secondo Abba bisogna porre attenzione sull’osservazione dell’arte: i non vedenti contemplano l’arte con le mani, perché l’arte si apre agli altri sensi, anzi «viene esaurita nella dimensione visiva». Il buio provoca quindi la formulazione di parole diverse, divergenza di pensiero, idee nuove; avviene una rigenerazione degli altri sensi, della nostra ricchissima sensorialità. «Le sensazioni sono portatrici, suscitatrici dei linguaggi, portandoci in dimensioni non consuete, in una diversa modalità di relazionarsi col mondo». 

Ma quando si sceglie di avventurarsi nel buio, nella sua recondita profondità, è importante anche la fiducia, in sé stessi e nell’altro, e lo scopo di questa esperienza, sottolinea Abba, è «l’uscita dal pregiudizio, l’uscita dal convenzionale, dai luoghi comuni, dal consueto, dal vecchio, dal consumato». Nel buio si compie la rivalutazione della creatività umana, intesa come capacità di escogitare soluzioni che, prima di questa esperienza, si riteneva non fossero esistenti. Un’esperienza da testare per chi non conosce il buio ma con una differenza sostanziale rispetto a chi la vista non ce l’ha: «Il buio lo vediamo noi che vediamo, è per noi un elemento visivo, mentre per i non vedenti il buio non c’è».