Nel prossimo decennio le persone di età compresa tra i 20 e i 39 anni saranno per la prima volta nella storia recente meno di quelle tra i 50 e 69 anni (13,5 milioni contro 16,9) e a invertire la proporzione non basteranno i quasi 2 milioni di giovani migranti arrivati sul nostro territorio. Cosa vuol dire essere giovani in quest’Italia di inizio millennio? La domanda se l’è posta il dipartimento di Statistica che ha organizzato lo scorso 29 aprile nella cripta dell’Aula magna di largo Gemelli il convegno “Generazione in crisi: essere giovani nell’Italia degli anni dieci”, con lo scopo di analizzare la situazione attuale e le prospettive future per i giovani nel Paese. Secondo Alessandro Rosina il pericolo maggiore non risiede solo nei numeri della demografia, ma soprattutto nelle politiche che danneggiano i giovani. Il rischio, afferma il demografo della Cattolica, «è quello di scivolare verso una società gerontocratica, nella quale i giovani diventino una sorta di minoranza sociale con minori diritti».
Un punto di vista confermato da Roberto Torrini, ricercatore della Banca d’Italia e autore del libro “Giovani in crisi nella crisi”. Torrini ha mostrato come la crisi economica stia colpendo maggiormente i giovani, con un aumento della disoccupazione nella fascia di età compresa tra i 15 e i 35 anni che ha raggiunto il 6,8%, contro l’1,6% degli over 35enni. Un esempio di come una classe dirigenziale vecchia sia portata a sottovalutare i problemi delle nuove generazioni è dato, secondo il relatore, dal modo in cui il governo ha affrontato la crisi. «Le poche risorse messe a disposizione (l’Italia spende lo 0,6% del Pil per gli ammortizzatori sociali contro una media Ue del 2,5%) sono state impiegate per rinforzare la cassa integrazione. Ma questa misura aiuta solo i lavoratori con un contratto a tempo indeterminato, mentre non è prevista alcuna forma di reddito di cittadinanza per disoccupati e lavoratori atipici, che sono in gran parte giovani».
Il problema maggiore è quello di dare voce a una generazione che non ha rappresentanza nella politica ma neppure nel lavoro. Come testimonia la storia di Eleonora Voltolina, che Cattolicanews ha intervistato a margine del convegno. Una ragazza che, dopo aver passato la trafila degli stage da un’azienda all’altra, ha deciso di dare vita alla “Repubblica degli stagisti”, un sito cliccatissimo da chi vuole districarsi in un mercato del lavoro sempre più avaro con le giovani generazioni. Un invito a cambiare che è venuto anche dal giovane giornalista di Gr24 Sergio Nava, laureato in Cattolica autore del blog “La fuga dei talenti”, che ha segnalato il paradosso di un Paese, come l’Italia, che esporta professionisti e importa disperati. Una fuga di cervelli che costa al sistema almeno 5 miliardi di Euro e genera una disillusione di massa soprattutto tra i neo-laureati. «Non serve un Obama, ne servono 10mila», ha concluso il giornalista invitando le nuove generazioni a non aspettare l’aiuto da quelle più vecchie e garantite, ma a muoversi contro una politica vergognosa che finge di non vedere il problema.