«Un’iniziativa molto positiva. In passato si è parlato poco di bullismo. E solo ora c’è una legge sul cyberbullismo in discussione al Parlamento». Simona Caravita, docente di Psicologia dello Sviluppo e Psicologia dell'Educazione nella sede di Brescia dell’Ateneo, accoglie con favore l’idea del Miur di istituire per il 7 febbraio la Giornata nazionale contro il bullismo a scuola, che coincide con il Safer Internet Day (#SID2017) promosso dalla Commissione Europea. Autrice di varie pubblicazioni sull’argomento, la professoressa della facoltà di Psicologia fa il quadro del fenomeno in Italia.

«Secondo una ricerca di Doxa Kids del 2014 su 1500 alunni dagli 11 ai 19 anni, 35% hanno assistito a episodi di bullismo. Il 30% alunni delle scuole medie e il 38% di quelli delle scuole superiori sono stati prevaricati almeno qualche volta. Secondo un’altra ricerca del 2015, dal 2010 al 2014 tra bambini di 11 anni di 3317 classi di varie regioni italiane ci sarebbe stato un aumento generalizzato del bullismo. Tra i maschi dal 21 al 25%, tra le femmine dal 9 al 17%. Parliamo di percentuali rilevanti. Ed è un fenomeno trasversale». 

Siamo nella media europea? «Sì. Ѐ uscito anche un report dell’Onu dedicato al tema. Non è un’emergenza italiana ma mondiale».
 
Un’emergenza innanzi tutto educativa? «Il problema del bullismo riguarda bambini e ragazzi, ma in primo luogo gli adulti. Il cyberbullismo è dovuto anche all’incapacità di educare i giovani all’uso delle tecnologie con un’assunzione di responsabilità morale rispetto alle azioni che si compiono. Il web pone una distanza tra gli interlocutori, può portare a diluizione della responsabilità. Scattano dei meccanismi di disimpegno morale. Di autogiustificazione».
 
Quali provvedimenti dovrebbero essere adottati? Anche nella prospettiva di un’educazione all’affettività? «Il bullismo può diventare palestra di condotte aggressive e violente anche in età adulta. Esiste anche un bullismo di genere, che in realtà è più diffuso in altri Paesi, come la Spagna. Ci sono delle connessioni tra bullismo e la cosiddetta dating violence, diffusa tra le coppie di adolescenti. Portando il discorso al limite, non si può escludere una relazione tra bullismo e forme gravi di violenza, come il femminicidio. Perché un ragazzo che prevarica acquisisce questa modalità di gestione del potere anche all’interno della coppia. 

Come dobbiamo comportarci? «Si deve intervenire creando una comunità in cui valori di contrasto al bullismo siano condivisi, una concordanza educativa tra le diverse componenti. Bisogna parlare di questo problema e non lasciare che l’attenzione cali. La legge sul cyberbullismo è importante anche perché individuerà nelle scuole, specifiche figure addette a questo tema. Questa legge darà indicazioni chiare su un fenomeno di per sé assai polimorfo ed evanescente».
 
Quanto è importante isolare i bulli, spezzare la logica del gruppo? «Dobbiamo evitare che il gruppo di adolescenti offra sostegno implicito al prepotente. L’isolamento del ragazzo autore di prepotenze però non si deve tradurre in una messa alla gogna. Anche lui ha bisogno di avere un supporto. Isolarlo senza offrirgli un accompagnamento educativo può comportare il rischio che si ripieghi su se stesso».
 
Che idea hanno questi ragazzi su cosa è coraggio e cosa è vigliaccheria? «Chi si comporta in modo prevaricante lo fa perché la vittima è più debole. Il bullismo è caratterizzato dallo squilibrio tra le parti. Un’azione vigliacca. Dovremmo cercare di educare i nostri ragazzi a essere “coraggiosi” opponendosi alla prepotenza. Infondere loro la forza necessaria a spezzare il circolo di supporto al prepotente».