«Ci mancherà il contatto con le persone che seguono lo sport. La gente ha bisogno di indentificarsi nei propri idoli sportivi e questa mancanza di contatto va sostenuta attraverso altri canali. Per un po’ saremo costretti a fare a meno di tutto questo». L’emergenza Covid costringe anche lo sport agonistico a fare i conti con forti limitazioni e Davide Mazzanti, allenatore della nazionale italiana di pallavolo, esprime i sentimenti di tutto il movimento del volley italiano.
Lo ha fatto nel corso dell’evento “A tutto sport” trasmesso sabato 23 maggio sui canali social dell’Università Cattolica nell’ambito dell’Open Week Unicatt. Intervistato dal professor Giorgio Simonelli, Mazzanti ha raccontato il suo modo di concepire il ruolo di allenatore.
«Abbiamo puntato molto sull’autonomia, cioè a lasciare spazio alla creatività delle ragazze dentro una visione di gioco. Questo modo di giocare la pallavolo ci ha permesso di colmare il gap con le altre nazionali ma ha tirato fuori anche il meglio delle persone, con tutti i vantaggi e gli spigoli annessi, nel senso che abbiamo dovuto anche gestire dei conflitti».
Secondo il coach, «la creatività è un elemento fortemente educativo. Noi stiamo studiando questo fenomeno con il supporto di neuroscienziati e siamo stati confermati nel fatto che la variabilità è l’elemento rispetto alla condizione normale e che è la situazione di emergenza che permette di essere creativi».
Sul tema dell’autonomia Davide Mazzanti ha specificato l’importanza di evitare di essere integralisti nella propria visione. «Come decidere se un atleta ha più bisogno di autonomia o di disciplina? Non c’è una regola. Io sono uno che dà fiducia, ma bisogna essere flessibili e non dimenticare che in alcuni momenti bisogna leggere le situazioni dinamiche e sapere lanciare sfide».
In particolare, sullo sport al femminile Mazzanti ha fatto notare che «le ragazze sono più conservatrici, legano più cose all’errore rispetto all’uomo. Il mio compito è liberarle e aiutarle a rischiare, generando responsabilità e facendole sentire meno in colpa grazie alla creatività»
Alla domanda su quale sia l’elemento più educativo dello sport a livello agonistico, il coach l’ha individuato nel «campione che si esalta nella gara e nella sfida contro se stesso». Pensando a grandi atleti che trovano motivazioni anche a 40 anni, Mazzanti ha detto che «se loro pensassero di fare quello che hanno sempre fatto non starebbero più a quel livello. Perché lo sport significa imparare sempre qualcosa di nuovo».
Sul rapporto con le atlete, spesso con radici culturali diverse, l’allenatore della nazionale ha detto che non ci sono mai stati problemi di integrazione: «Quando siamo in palestra non ci sono situazioni da gestire ma persone che tirano fuori il proprio vissuto». Facendo riferimento al suo scarso inglese, Mazzanti ha confidato che, consigliato dalle sue stesse atlete, preferisce arrabbiarsi in italiano e con i gesti. «Posso assicurare che mi capiscono tutte».
Il coach ha concluso con un elogio all’Università Cattolica e al suo Dual Career, con il quale accompagna nel tenere insieme percorso universitario e sportivo, per il secondo anno, 35 atleti agonistici di 19 diverse discipline di alto livello, tra cui proprio la capitana della nazionale italiana Cristina Chirichella, anch’essa presente al talk dell’Open Week. «È affascinante anche per me» ha detto l’allenatore. «L’anno scorso una nostra giocatrice si è laureata e stiamo lavorando sulla sua tesi di laurea». «Per l’Università Cattolica avere atleti di tante discipline è molto importante perché permette uno sguardo trasversale. Anche per me guardare la pallavolo con gli occhi di altri sport è molto arricchente».