Una frase del suo ultimo film “Il villaggio di cartone” dice così: “Devo tenere tutto in mente, come in questo istante”. È la sensazione percepita al cinema Nuovo Eden durante l'intervento di Ermanno Olmi invitato mercoledì 23 novembre dalla Cooperativa Cattolico-democratica di Cultura con il patrocinio dell'Università Cattolica.
Nonostante gli ottant'anni il pensiero del regista è ancora giovane e proiettato verso il futuro. E proprio di giovani e futuro ha parlato durante la serata. Olmi ha invitato i presenti a non farsi impaurire dagli effetti della crisi ma a studiare un progetto per quando saremo guariti da questa malattia. Ha suggerito di «dare ai nostri tempi lo spazio che meritano», perché la ricetta per il futuro non sta nell'accelerare l’uscita da questo momento incerto, ma nel rallentare, nel rendersi conto di ciò che sta accadendo intorno a noi, nel chiedersi perché sta succedendo. La vera tragedia, sarà quindi se non riusciremo a trovare un modello di riscatto. Spetta ai giovani trovare le ragioni per continuare con un nuovo entusiasmo, per diventare i protagonisti di questo nuovo progetto.
Ancora alle nuove generazioni si è rivolto il regista che, con passione evidente e una sincerità disarmante e consapevole, ha spiegato come a ottant'anni si scopre che i motivi per innamorarsi sono tantissimi. «Non si pensa più alla durata delle cose, ma alla loro intensità. Non ci si innamora solo di una persona, ma anche di un istante felice, che ti ringiovanisce. La differenza mentale nelle diverse età della vita non esiste, esiste solo la differenza nell'oggetto dell'innamoramento». Un invito ad amare quindi, quello che Olmi ha rivolto alla platea, e a condividere e scoprire insieme le cose belle della vita.
Svariati gli argomenti trattati nel corso della serata, dai più astratti ai più concreti, tutti uniti da una positività che trasmette una limpidezza di pensiero e una onestà che solo i grandi personaggi riescono a trasmettere. Il suo ultimo film può essere letto anche come un invito ad amare e all'accoglienza verso il prossimo; un dovere verso quei popoli che per secoli sono stati sfruttati in modo “criminale”. Il linguaggio usato non è più però quello della realtà poiché, come ha spiegato il regista, la televisione e internet offrono ogni giorno una tale eccezionalità di immagini, da non essere più paragonabile alla finzione. Un nuovo linguaggio quindi per parlare a noi e di noi, un linguaggio che però non può essere più il nostro ovvero quello del realismo.
«Un artigiano del cinema come me, che vuole oggi rappresentare la realtà, deve usare un apologo, ovvero una storia volutamente non realistica ma che alluda alla vita di tutti i giorni e da cui trarre un insegnamento», ha affermato il regista. Lasciando poi un ultimo messaggio a conclusione del suo intervento: «Ogni uomo che viene al mondo è motivo di gioia per tutti: auguro una Brescia piena di bambini, di tutti i colori».