Pubblichiamo la prima parte dell’articolo che il professor Alberto Quadrio Curzio ha scritto per il Blog di Huffingtonpost, in cui commenta l’intesa raggiunta a Bruxelles dopo quattro giorni di trattative. Secondo l’economista adesso bisogna camminare con abilità e velocità verso la sponda della sicurezza che significa sviluppo e occupazione, innovazione e convergenza. Inoltre dal suo punto di vista una emissione di 750 miliardi di recovery bond garantiti dal bilancio comunitario, collocati sul mercato e acquistabili anche dalla BCE, non solo apre la via di una politica economica e fiscale europea che sia uno strumento per la crescita e la convergenza di tutta la Ue ma rafforza anche il ruolo della Commissione Europea



di Alberto Quadrio Curzio *

Il Consiglio Europeo (CE) dei capi di Stato o di governo si è concluso dopo quasi quattro giorni di trattative. Ci vorrà del tempo per valutarne la portata. È chiaro adesso che il CE ha evitato alla Ue di cadere in un precipizio e lo ha fatto gettando, con notevole innovazione, un “ponte snodabile” e come tale oscillante tra le due sponde.

Adesso bisogna camminare con abilità e velocità verso la sponda della sicurezza ma anche per passare su un “ponte robusto” per approdare poi alla sponda sicura che significa sviluppo e occupazione, innovazione e convergenza. Ovvero per portare, come abbiamo detto spesso, l’Europa nel XXI secolo.

Il ponte per la sponda sicura è il programma di mandato della presidente von der Leyen, poi integrato con il programma Merkel-Macron di maggio e quindi con il “Next Generation EU”. Si va così dal Green Deal alla euro-sovranità digitale e sanitaria alle quali dovrà allinearsi il Recovery Fund sperando anche che si possano recuperare i ridimensionamenti posti in essere nel bilancio comunitario.

In ogni caso un passo verso una politica economica comunitaria è stato fatto, come Mario Draghi chiese anche nel suo congedo come presidente della BCE.

Recovery bond e recovery fund: una importante innovazione

Per chi come me da più di un decennio, spesso in collaborazione con Romano Prodi, ha argomentato la necessità e urgenza degli Eurobond, vede oggi un passo cruciale ma non conclusivo. Una emissione di 750 miliardi di recovery bond garantiti dal bilancio comunitario, collocati sul mercato e acquistabili anche dalla BCE, aprono non tanto la via di una parziale mutualizzazione di parte dei debiti pubblici nazionali (magari desiderata dai Paesi con alto debito pubblico) ma quella di una politica economica e fiscale europea che sia uno strumento per la crescita e la convergenza di tutta la Ue. E rafforzano il ruolo della Commissione Europea via via indebolita negli anni da quello del Consiglio Europeo. In altri termini c’è un movimento verso più federalismo.

Non siamo ancora a una innovazione come quella della politica monetaria fatta da Mario Draghi ma ci si avvia a un completamento della stessa dal lato dell’economia reale. Siamo solo agli inizi perché il progetto di integrare i fondi del recovery con il bilancio comunitario va definito, è soggetto ai rischi della politica con orizzonti brevi, trova già ora contraddizioni.

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* professore emerito di Economia politica all’Università Cattolica, fondatore e attualmente presidente del Consiglio scientifico del Cranec (Centro di ricerche in Analisi economica), presidente emerito dell’Accademia Nazionale dei Lincei